Monumenti storici ed artistici degli Abruzzi/Capitolo XVI

Capitolo XVI

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CAPITOLO XVI.

Aquila e i suoi Monumenti storici ed artistici.


Che l’arte venisse coltivata con onore nelle Provincie meridionali d’Italia dal IV al XIII secolo, non v’è oramai chi possa ragionevolmente dubitare dopo gli studi e le opere di Schulz 1, Perkins 2, de Luynes 3, Caravita 4, Serradifalco, Salazaro 5, P. Gravina 6, P. di Marzo 7, Crowe e Cavalcasene 8, e tanti altri.

La erronea opinione «che il primo risveglio dell’arte si dovesse alla Toscana, che prima di Giotto sovrano regnasse lo stile bizantino», trova la sua smentita nella prova irrefragabile de’ fatti, i quali mostrano che il movimento artistico iniziale non ebbe solo origine nella Toscana, ma esisteva già in ogni regione d’Italia; e monumenti di ogni sorta, pitture, sculture, miniature, intagli finissimi, bassorilievi in marmo, bronzo ed avorio, opere insigni di architettura rendono testimonianza che non solo, nel mezzogiorno d’Italia, l'arte cristiana si mantenne quasi sempre sotto l’influenza delle classiche forme, e splendida e romana si mostrò la pittura fino al VI secolo, ma altresi che noi siamo forse più ricchi di tutte le altre Provincie della Penisola in opere siffatte, le quali conservarono nella purezza dello stile, nella correzione del disegno, nella grazia ed eleganza delle movenze le tradizioni della scuola classica.

L’errore venne propagato, e forse in buona fede, dal Vasari. Egli, cosi tenero della sua patria, non seppe concepire un’arte al di fuori di Firenze. Venne a Napoli, ove visse per anni non pochi, amato e stimato da tutti, dipinse con larghi compensi chiese e palagi, e potè da vicino conoscere ed apprezzare le opere de’nostri [p. 772 modifica]grandi maestri. Ma lo scrittore Aretino, non solo non vide quanto di pregevole vi era in opere antiche, ma tacque dei nostri migliori; nè degna dei suoi scritti che Girolamo Santacroce, Marco Calabrese, Cola della Matrice e Giovanni Merliano da Nola, affermando che Giotto «FU IL PRIMO A FAR VEDERE NELLA NOSTRA CITTÀ COSE GRANDI ED ONOREVOLI; e nella vita di Marco SI RALLEGA DI AVERE FINALMENTE TROVATO UN BUON PITTORE IN UN PAESE, DOVE NON NASCONO UOMINI DI SIMILE PROFESSIONE. Minuto, diligente, pazientissimo nel raccogliere le notizie dei maestri Toscani, le opere dei quali ricorda, giudica ed illustra, mostra d’ignorare del tutto le cose che ci appartengono, e spesso cade in grossolani errori, che egli avrebbe potuto in buona parte evitare.

Gli scrittori che tennero dietro al Vasari, seguirono le orme di lui; e gli artisti Napoletani, dimenticati, disprezzati e peggio, non ebbero diritto alla venerazione ed alla riconoscenza dei posteri: non si volle riconoscere resistenza di una scuola e di una arte Napoletana, già fiorente fin dai tempi Ducali, tempi gloriosissimi per Napoli, Benevento, Amalfi, Salerno, Ravello, Capua; arte, la quale progredendo sempre nei secoli posteriori, splendida apparve durante il glorioso regno dei Normanni e degli Svevi; nè tener presente la differenza ed il fare diverso che distingue Francesco e Fabrizio Santafede, Bernardo Lama, Cavallino, Falcone, del Po, Micco Spadaro, Salvator Rosa, Luca Giordano, Giacinto Diana, il Solimena, e gli artisti dell’altre scuole italiane. Ad onor del vero, vanno ricordati il Malvasia di Bologna, il Ridolfi di Venezia, il Maffei di Verona, il Dedominicis di Napoli, e l'abate Lanzi, che in epoche diverse non seppero acconciarsi alla rude sentenza, e dubitarono delle ardite affermazioni dello scrittore delle Vite dei più eccellenti artefici della Toscana. Il Lanzi, uomo di acerrimo ed imparziale giudizio e di gusto finissimo, PRESTA FEDE alla esistenza di una scuola Napoletana, dalle sue origini fino ai tempi suoi, da lui posta per bene tra le scuole Romana, Bolognese, Fiorentina, Veneta e Lombarda: il Dedominicis volle mettere in luce il merito ed il valore dei nostri maestri, illustrandoli col suo libro — Le Vite dei pittori, scultori ed architetti Napoletani. Ma per male inteso amor di patria, egli in questa opera non dubitò di falsificare documenti, nomi di artisti, opere, date, accumulando inesattezze ed errori, e traendo dalla sua fantasia le memorie del Cavaliere Massimo, di [p. 773 modifica]P. de Matteis e del Notar Crisconio 9. Cosi troviamo ricordato fra i maestri Napoletani Simone, che fu di Siena, come rilevasi dalla iscrizione che il Catalano pel primo lesse nell’alto del quadro di S. Ludovico 10: e dai nuovi documenti, non è molto scoperti e pubblicati, in luogo dei nomi di Stefano e di Masuccio II, CHE MAI FORSE ESISTETTERO, vengono fuori quelli di Attanasio, in più documenti chiamato PROTOMAGISTER IN ARTE FABRICE, ingegnere ed architetto stimato di Re Roberto, di Riccardo, Gagliardo ed Attanasio Primario, ingegnere di Santa Chiara, ove venne sepolto nel 1343, come dalla epigrafe che si leggeva sulla sua tomba 11; di Montano di Arezzo, Pietro Cavallino, Cicco de Siena, Francesco de Vita; e si conosce che il famoso sepolcro di Re Roberto attribuito a Masuccio, del quale artista non v’ha nessun documento che ne ricordi, non dico le opere, ma il nome, devesi in luogo A'Maestri Giacomo Pace O Giovanni di Firenze, come da un documento del Registro Angioino 12. Cosi pure sappiamo che il sepolcro di Carlo [p. 774 modifica]Duca di Calabria non venne eseguito dal ricordato Masuccio, come piacque di affermare al Vasari ed a’suoi seguaci, ma da Cicco da Siena, secondo lo prova un importante documento pubblicato la prima volta dal compianto e benemerito mio amico, Camillo Mi[p. 775 modifica]nicri-Riccio; Magistro Cicco de Senis prò costruenda quadam sepoltura in Ecclesia S. Corporis Christi prò sepeliendo corpore Ducis Caìabriae et prò quodam alio sepulchro parvo ubi nunc requiescit corpus dicti Ducis nnc. 53 tar. 3 concordatis.

E quanti altri nomi e quante altre opere egregie vengono fuori, se per poco si spinga lo sguardo anche nelle Province, che formavano l'antico reame di Napoli, fino a pochi anni addietro del tutto inesplorate; quale materiale nuovo e ricchissimo è apparecchiato a chi, con animo scevro da passione, voglia scrivere la storia dell’arte nostra, raggruppando e classificando con giudizio nomi, fatti, epoche e monumenti! Allora ci accorgeremo quanto sia giusta la opinione del Perckins, il quale nella sua Storia della scultura in Italia non dubitò di affermare, che le interessanti opere di scultura e di architettura nelle Province del Mezzogiorno, appartenendo ad un’epoca ben determinata fra l’arte antica e la moderna, lo impressionarono diversamente che i monumenti del resto d’Italia; e dopo di aver viste la famose porte di bronzo a Trani, Ravello, Monreale, stimò i bassorilievi che le adornano superiori a quelli degli artisti contemporanei, quale il Wilgelmus e l’Anselmus che si ammirano a Modena ed a Milano; allora con animo tranquillo ben volentieri accetteremo quanto scrisse Demetrio Salazaro, che nella pittura soprattutto il movimento progressivo si accentuò nelle Province del mezzogiorno più che altrove, e che dapprima semplice nel concetto, arida nella forma, ma inarrivabile nella espressione, decadde sotto il vano ingombro bizantino per riapparire poi nella sua forma primitiva nel secolo XI; o quanto lasciò notato l'illustre Cavalcaselle, che il prosperare cioè delle arti nel Mezzodi d’Italia a preferenza che nelle altre provincie, dipese in gran parte dagli elementi arabo e bizantino in unione dell’elemento pagano, il quale, per le tradizioni ivi durate del classico, in certa guisa potrebbe dirsi l’elemento locale.

E giova qui brevemente avvertire, per non ripetere quanto da noi lungamente si è detto nella nostra monografia intorno alla «Cultura artistica delle Province del Mezzogiorno d’Italia dal IV al XVIII secolo» che, pur propensi a riconoscere l’influenza dello stile greco bizantino e dell’elemento arabo moresco in alcuni de’ nostri monumenti architettonici, e principalmente in quelli della Puglia e della Sicilia, negli ornati e nelle decorazioni de’ medesimi; la scultura, e [p. 776 modifica]soprattutto la pittura, si mantennero quasi sempre immuni da qualunque influenza straniera, serbando un carattere proprio, formato dappresso lo studio de’ classici modelli.

La storia artistica delle nostre meridionali province potrebbe incominciare con sicuri documenti e con non interrotte tradizioni fin dal IV secolo; ed opere e nomi senza fine, dimenticati, o, peggio, non debitamente curati, forniscono una messe ricchissima allo studioso. E senza fermarsi solo alle opere di scultura e di architettura, come fecero lo Schulz, il Perkins e l’Huillard Bréholles, abbracciare in questa storia anche la pittura, la miniatura, il musaico, la oreficeria, la ceramica, e perfino l’arte decorativa, di cui i nostri dettero splendidi saggi. E cosi potrebbesi notare fin dal IV secolo gli affreschi, non disprezzevoli per semplicità di disegno e per una certa innocenza, propria de’primi vagiti dell’arte, che adornano le catacombe di S. Gennaro, quelle di S. Sebastiano e di S. Gaudioso di Napoli; il mosaico, di squisita fattura, lavorato nel V secolo, che si ammira in S. Maria Capua Vetere; la Cassetta di avorio con la bellissima scoltura^ appartenente alla Badia della Trinità della Cava, dello stesso secolo; la Vergine orante, affresco del VII secolo nel Cimitero di Badia presso Majuri, e molte altre opere importanti per la storia.

Dal VII all’XI secolo l’arte rimase quasi stazionaria fra noi: il colorito è meno vivace, la composizione meno dotta, il disegno meno corretto; ed è naturale, essendo questa l’epoca in cui gli stranieri si contesero con maggiore accanimento il dominio delle nostre contrade: le arti furono travolte ne’ turbini delle guerre, in guisa che man mano che esse si allontanarono dalle classiche tradizioni greco-romane, le quali certamente dovevano parlare più vivo linguaggio alla coscienza ed alla fantasia de’popoli ne’secoli precedenti, ed avere sugl’ingegni altra irresistibile potenza, perdettero molta della loro dignità, della loro correzione ed eleganza. Ed a questo proposito ben nota il Ròllor, che in mezzo a noi si conservarono sempre le tradizioni di un’arte classica indigena; bella ancora nelle teste del IV e VI secolo; senza disegno ne’ secoli VIII e IX; rozza e bestiale nel X; naturale, più disinvolta, più libera ed armoniosa ne’ secoli susseguenti.

Ma nell’XI e XII secolo, quando per l’audacia, per la forza e per il coraggio della eroica stirpe Normanna si costituì nelle [p. 777 modifica]Provincie del mezzogiorno una Monarchia, resa illustre per valore di principi, e per virtù di popoli; l’arte segui gloriosamente la sua via nel progresso; nè si arrestò mai più nel suo cammino. E ricorderemo il Giudizio Universale di S. Angelo in Formis, monumento immortale del secolo XI, dovuto all’opera civilizzatrice de’ Benedettini; il palliotto di avorio della Cattedrale di Salerno dello stesso secolo; gli affreschi della cripta di S. Maria del Piano; l’antico Chiostro della Trinità della Cava; il loggiato nel palazzo Bufolo di Ravello con le svelte colonne ed i magnifici ornati... Il 28 ottobre del 1035 venne consacrata la cattedrale di Bari, nella quale si ammirava il magnifico Ciborio di Alfano da Termoli, che ora più non esiste; nel 1080 lo scultore Romualdo innalzò la famosa Cattedra nel Duomo di Canosa; il Conte Teatino Tresidio fondò nel 1034 la Chiesa di Santa Maria di Bucchianico, rendendola pregevole per opere di arte; Rotario nel 1020 quella di Monteplanizio; Trasmondo restaurò in questa stessa epoca l’insigne Cenobio di S. Giovanni in Venere; Ruggieri d’Amalfi gittò le porte di bronzo della Cappella di Boemondo; Troja nel 1093 ebbe decorata la facciata della sua Cattedrale con sculture policrome, che ricordano il gusto e lo stile arabo. Ne’ secoli seguenti le provincie del mezzogiorno si resero illustri per opere insigni: S. Nicola di Trani, che compendiò in se, secondo lo Schulz ed il Perkins, tutta la influenza che l’arte subi in Puglia; il Duomo di Monreale, i musaici nella Cappella Reale di Palermo, la Cappella Palatina, il Duomo di Palermo; S. Clemente a Casauria, resa splendida nel 1176 dallo Abate Leonate, illustre Cenobio per il quale l’abate Joele fece fondere le belle porte di bronzo, conservate anche oggi all'ammirazione degl’intelligenti.... Barisano gittò le famose porte delle Cattedrali di Monreale e di Trani; la Chiesa del S. Sepolcro in Barletta si rese pregevole per i belli affreschi, illustrati da D. Salazaro; S. Margherita di Bisceglie per l’importante dipinto ad olio, dallo stesso ch. scrittore riprodotto ne’ suoi Studi sui Monumenti dell’Italia meridionale; S. Maria d’Arabona venne decorata del candelabro superbo per intagli squisiti: la cattedrale di Benevento, quelle di Ravello, di Monte Santangelo e di Troja delle celebrate porte di bronzo. Ed altre opere, ed altri artisti si seguono senza interruzione: i bellissimi amboni di Moscufo e di Pianella, opera l’uno dello scultore Nicodemo e l’altro di maestro Acuto, ignoti ambedue nella storia [p. 778 modifica]delle belle arti; l’altro ambone di S. Vittorino, scolpito nel 1197 da Pietro Amabile; gli affreschi di S. Giovanni in Venere, quelli di S. Maria in piano, di S. Clemente al Vomano, di S. Maria ad Cryptas; e continua nel XIII e XIV secolo questo progresso artistico con la elegante porta di Castel del Monte, con l’Arco di trionfo di Federico II Imperatore a Capua, col pulpito di Ravello e la meravigliosa testa della Sigelgaita, insigne opera di Bartolomeo da Foggia; con i musaici della Cattedrale di Salerno; col dipinto su tavola rappresentante la Vergine con Santi nella chiesa di S. Stefano in Monopoli, i bassorilievi del pulpito della cattedrale di Altamura....

E vengono fuori, tolti dall’oblio, in cui indecorosamente giacevano, nomi di artisti italiani ed anche stranieri, che qui lavorarono, lasciando di sè onorato nome: Riccardo da Foggia, Pietro Anchieur protomaestro delle fortificazioni di Frani, Pietro de Challes, Errico d’Assenna, preposti all’edificio della chiesa di Santa Maria della Vittoria; e via via ne’secoli seguenti: Francesco de Vico maestro e provveditore delle opere regie, Pietro Cavallino, Giovanni di Taranto, pittori valentissimi; Giacomo Gottifredo, Guglielmo de Vardeley e Miletto d’Auxerres, cesellatori; Riccardo, Gallardo ed Anastasio primarii architetti; Gallando de Summa, scoperto dal Faraglia, che lavorò insieme con Cino da Siena nel sepolcro della Regina Maria; Mazzeo de Molacto; Bartolomeo dell’Aquila a’tempi di Alfonso I; Antonello de Perrino e Leonardo Bisuccia, che dipinsero e dorarono il soffitto nella gran sala di Castel nuovo, e il secondo lasciò il proprio nome nella cappella di Sergianni Caracciolo in S. Giovanni a Carbonara; Francesco Alopo, Agnello Abate, Minichello Battipaglia di Napoli, che dipinsero bellamente ed egregiamente stendardi e bandiere; Perinetto di Benevento, che eseguì lodati affreschi nella chiesa della Annunziata, ricordati dal compianto Camillo Minieri Riccio. Ed artisti valorosi lavorarono nell’Arco di trionfo di Alfonso di Aragona, dallo stesso illustre Minieri-Riccio rivendicati alla storia dell’arte; e tra questi Andrea dell’Aquila, Antonio di Pisa, Domenico Lombardi, Marchitello Gallo, Angelillo Artusio, Stefano Caracciolo, Antonello di Capua...... E si succedono altri nomi di artisti ed altri ancora, pittori, scultori, architetti, miniatori, orafi, argentieri: Nicola di Puglia, autore in Bo[p. 779 modifica]legna del coverchio dell’arca di S. Domenico, opera insigne per i fregi, festoni, frutta, fiori, statue, puttini di squisita fattura con dotti con somma diligenza; Giovanni dell’Aquila, Matteo di Gaeta, Giovanni di Napoli, ricordati dal Muntz; Giovacchino di Giovanni, Vincenzo Storiale, Nicola e Filippo Rabicano, Giovanni di Gigante, Andrea di Castellammare, Cristofaro Majorani, Mazzeo Felice, Mariano Volpe, rivendicati alla storia dell’arte ed altri, tra cui molti insigni nostri Abruzzesi, de’quali facemmo cenno e che qui sarebbe lungo ed inutile ripetere. Quale opera di arte ricorda degnamente questi valorosi? Quale largo campo è apparecchiato per chi voglia scrivere una completa e coscienziosa storia artistica delle Provincie del Mezzogiorno!...

Oggi, scriveva Camillo-Minieri-Riccio, la storia si scrive in modo ben diverso da qello che si praticò per lo addietro: la critica ed i documenti hanno cambiato gli avvenimenti ed hanno dato ad essi un aspetto affatto nuovo. Perciò ben pochi scrittori possono acconciarsi a siffatto sistema, perchè con esso non si può formare un volume in qualche mese o in qualche anno: ma vi è necessario lo studio indefesso degli Archivii per anni molti e non interrotti» 13.

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La storia politica e civile della città di Aquila potrebbe da sè sola fornire all’ingegno abruzzese largo campo di utili studii; giacché tra tutte le città dell’antico Reame delle due Sicilie, per il suo glorioso passato, per la sua cultura letteraria ed artistica, per la parte principalissima che prese in tutti gli avvenimenti, lieti o tristi, che dal XIII secolo, epoca della sua fondazione, fino a’giorni nostri sconvolsero le provincie del mezzogiorno, occupa senza dubbio uno de’ primi posti.

Narrare questi avvenimenti, non è nostro compito, e, a dire il vero, tale compito noi non ci arrogheremmo, sia per non ripetere cose a tutti notissime, sia perchè sarebbe estraneo all’indole del libro che scriviamo. É certo però che la cospicua Città [p. 780 modifica]di Aquila 14 aspetta ancora il suo storico, il quale ispirandosi alla nobiltà del soggetto, e traendo suo prò dalle fatiche de’ più egregi, dal Massonio al Cirillo, dal Pico Fonticulano all’Antinori, possa, con l'ajuto di documenti e col lume della critica, tanto oggi progredita, mostrarsis passionato, sincero, esatto e compiuto narratore de’ fatti, che la illustrarono per lungo volgere di anni.

Più compiuta, e scritta certo con più giusti e sicuri criterii, è, a parer nostro, la storia artistica della Città di Aquila. I suoi monumenti medioevali e del rinascimento sono di tale importanza, da richiamare ben presto l’attenzione, non solo degl’italiani, ma degli stranieri, i quali vollero pagare anche essi un tributo di ammirazione verso opere insigni, che restano tuttodì a testimoniare la splendidezza, l’ingegno e la somma perizia de’nostri maggiori. E ricorderemo, a titolo di sommo onore, il Cicognara, lo Schulz, il Perkins, Odoardo Seen, Crowe e Cavalcasene, Demetrio Salazaro, Micheletti, Angelo Leosini, Angelo Signorini, Ferdinando Dragonetti de Torres, Teodoro Bonanni, Errico Casti, per tacere di tanti altri benemeriti e valorosi, i quali ci lasciarono una descrizione accurata, e completamente illustrarono i monumenti storici ed artistici di questa Firenze degli Abruzzi.

Noi staremo perciò contenti nel dirne, in questo libro, quel tanto che basti, brevemente notando le opere di maggiore importanza, e correggendo, ove sia il caso, le inesattezze degli storici, che ci hanno preceduto: inesattezze dovute in gran parte più a’ tempi che agli uomini 15. [p. 781 modifica]

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Collemaggio. La Chiesa di S. Maria di Collemaggio è splendido e fastoso Monumento delle arti nostre, ed appartiene a quell’architettura detta neo-latina, di cui tanti nobili esempli si vedono nelle opere architettoniche dei patri Abruzzi e principalmente nella Città di Aquila. Errano perciò quegli scrittori che la credettero di stile romando-gotico (stile tedesco), il quale fu portato tra noi dagli Angioini, ed i nostri artisti l’adottarono, arricchendolo con nuove forme, solo verso i principi! del XIV secolo.

Fu essa innalzata per opera dell’eremita Pietro del Morrone. 16 tra il 1270 ed il 1280 in un luogo ove si venerava l’immagine della Vergine, operatrice d’insigni miracoli. S’ignora chi [p. 782 modifica]ne fosse stato l'architetto; ma, al dire di Lelio Marini nella Vita che scrisse di S. Celestino, è di capacità grandissima quanto altra d’Italia, e d’architettura perfetta. La sua facciata, rivestita di pietre a due colori, bianche e rosse, di bellissimo effetto, è tra le più insigni ed originali opere di arte, che l’Abruzzo possegga. La porta di mezzo, una delle più belle e magnifiche d’Italia, è formata di cinque archi concentrici a tutto sesto, divisi da vaghi ornati, da festoni di fiori, da svelte colonnine a spirale e bellissimi angioletti, che l’artista volle effigiare con le mani conserte sul petto e con le ali raccolte in casto e soave atteggiamento di preghiera. Sostengono l’arco due larghi pilastri, tramezzati da colonnette adorne di capitelli a vago e squisitissimo lavorio di fogliame: nei pilastri si ammirano, disposte in bell’ordine, delle nicchie, a guisa di tempietti tricuspidali, con Santi e Sante a tutto rilievo, con non comune arte scolpiti: ma, sventuratamente, delle ventiquattro statuette, oggi non restano che sei, distrutte le altre dal vandalismo degli uomini più che dall’ingiuria de’ tempi. Anche le due porte laterali, con belle colonne a spirale, adorne di fregi, di festoni, di grappoli, di rosoni a fogliame c di fiori, con eleganti capitelli finamente eseguiti, sono altresì degne di un artista eccellente. Tre rosoni, a guisa di finestre rotonde, con ordine e bella simmetria disposti sopra le descritte porte, sono altresì eccellente opera per i bellissimi arabeschi di cui vengono adorni, e concorrono a rendere questo edificio, che all’aspetto imponente e severo ed alla solidità congiunge la sveltezza e l’eleganza, in tutte le sue parti sommamente armonico ed artistico. Per cura del Governo e della Commissione di Antichità e Belle Arti, questa stupenda facciata della Chiesa di Collemaggio venne restaurata e ripulita con molta intelligenza e gusto artistico dall’egregio scultore abruzzese Tommaso Gentile.

L’interno a tre maestose navi, all’infuori del pavimento, anch’esso a due colori con bella simetria disposti, è tutto rimodernato. Vi si ammirano belli lavori di stucco nelle pareti, rappresentanti festoni, fogliami, conchiglie e figure a rilievo; egregi affreschi nel coro e nella volta della cupola, capolavoro di Lorenzo Berrettini; pregiati quadri di scuola fiamminga; altri di C. Ruther, del Cav. Malinconico, di Giuseppe Martinez Aquilano, del Cav. Calabrese, del Passeri, del Cav. Farelli; pregiatissimi [p. 783 modifica]dipinti di Francesco da Montereale, e di altri, rappresentanti sacri argomenti, e i fatti principali della vita di Celestino V; i sepolcri degli Abati Celestini e di alcuni uomini insigni Aquilani, fra cui del celebre letterato e maestro di musica Pasquale Tristabocca 17; e finalmente, per tacere di altre opere, il Mausoleo di Papa Celestino V, eseguito a spese dell’arte della lana, mirabile per figure grottesche, capricciosi intagli, finissimi lavori di scalpello, che gareggiano col più finito ricamo, condotti con grande e squisito magistero. Vi si legge la seguente iscrizione, che qui riproduciamo, perchè riportata non completa dal Leosini e dagli alti istorici Aquilani.

CONDITUR HOC TUMULO PARIO DE MARMORE PETRUS

QUI COELESTINO FUERAT COGNOMEN IN ANTRIS.

INQUE HEREMO VIXIT, VITAM SINE LABE PEREGIT,

QUIQUE TULIT TRIPLICI OUAESITUM EX HOSTE TRIUMPHUM.

VIRTUTE HIC SOLA AD SUMMOS ELECTUS HONORES.

PONTIFICI DECUS TITULOS QUOS SPREVIT ET INDE

DEPOSUIT VARIOS RERUM ASPERNATUS HONORES.

HINC NEXUS VINCLIS, HINC SAEVO CARCERE CLAUSUS

OCCUMBIT SAEVAE MORTI, MOX SPIRITUS ASTRIS

REDDITUS, HIC POPULO CORPUS VENERATUR AB OMNI.

ANNO 1517, DIE 27 AUG. TEMP. FRATR. MATURINI PRIORIS.

E più sotto si legge il nome dell'egregio artista che lo eseguiva:

OPUS MAGISTRI HYERONIMI VICENTINI SCULPTORIS.

La famosa cassa di argento, adorna di sorprendenti sculture ed opere di cesello, che racchiudeva le reliquie del Santo Pontefice, descritta dall’Alteri, dal Leosini e dagli altri istorici Aquilani, fu portata via, insieme ad altre preziose reliquie, da Filiberto di Chàlons.

In questa Chiesa il giorno 29 agosto del 1294 l’eremita Pietro del Morrone fu incoronato Pontefice alla presenza di duecento mila persone, accorse a venerarlo, del Re di Napoli Carlo d’Angiò, e del figliuolo di lui Carlo Martello, di molti Vescovi, Prelati, [p. 784 modifica]Principi e Baroni, e di quel Conte Guido da Montefeltro, il quale teneramente commosso a quella sacra e solenne funzione, da uom d’arme divenne cordigliere, credendosi sì cinto fare ammenda 18. Vecchio, come lasciò scritto il Cardinale di S. Giorgio, di alta statura ed ottuagenario, attonito e tutto pensieroso per novità sì grande; con barba irsuta e negletta; mesto, malanconico e macilento nel volto, ed estenuato in tutte le membra del corpo pel continuo digiuno ed astinenza. Tutto lagrimevole con gli occhi neri, e le palpebre gonfie e turgide pel lungo ed amaro pianto 19.

Egli fece il solenne ingresso nella Città di Aquila sul suo asinelio, scortato da’ due riferiti Sovrani di Napoli e di Ungheria, che a piedi tenevano le redini dell’asino, mentre ragguardevoli personaggi col Cardinale Colonna, come si è detto, su i loro cavalli riccamente guarniti di gualdrappe, ed immenso popolo, secondo lasciò scritto Tolomeo da Lucca 20, testimone oculare, lo seguivano. Pochi giorni dopo la consacrazione, promosse alla sacra porpora 12 cardinali, tra cui fra Tommaso di Ocra Aquilano, e Pietro dell’Aquila; ed emanò una famosa bolla, che firmò di sua mano, concedendo ampia indulgenza di colpa e pena; omnes vero poenitentes et confessos, qui a vespero ejusdem festivitatis vigiliae usque ad vesperos festivitatem ipsam immediate sequentes ad praemissam Eccle[p. 785 modifica]siani accesserint, annuatim de Omnipotentis Dei misericordia, et BB. P. et P. Ap. auctoritate confisi a Baptismo absolvimus a culpa et poena, quam prò suis merentur commissis omnibus et delictis. Dat. Aquilae III Kal. Sept. Pontifn N. anno primo 21.

S. MARIA DI PAGANICA. Le sculture, che adornano la sua porta principale, rappresentano leoni, cani, pardi, animali simbolici, festoni di fiori e foglie eseguiti con mirabile magistero e con somma perfezione e finezza di scalpello. L’arco è a tutto sesto, formato di più archi concentrici che poggiano su svelte ed eleganti colonnette, adorne di capitelli lavorati a fogliame, a figure ed arabeschi vaghissimi. Nel campo della lunetta è rappresentata a rilievo la Vergine sedente su faldistorio, con in braccio il Bambino Gesù; e nel massiccio architrave varie mezze figure di santi e sante, opere forse di artisti Aquilani, i quali, secondo le memorie che ci restano, composero in questo tempo a dovizia egregi lavori di scalpello. La iscrizione, che si legge sotto queste immagini, ci fa sapere che la porta, e con essa probabilmente il frontespizio della Chiesa, venne costruita nel 1308:

S. Bartholomeus. S. Marcus. S. Petrus, A. D. MCCCVIII. S. Jobes.

S. Paulus. S. Jacobus 22

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  1. Op. c. passim.
  2. Perkins. Gli scultori italiani, testo francese.
  3. De Luynes. Recherches sur les inonuments et l’histoire des Normands et de la maison de Souabe dans l'Italie meridionale.
  4. I Codici e le arti a Montecassino, 1869.
  5. Salazaro. Studi su i Monumenti dell’Italia meridionale.
  6. Il Duomo di Monreale illustrato, 18S9.
  7. P. DE Marzo, Delle belle arti in Sicilia ecc. 1862. ecc.
  8. Storia della pittura in Italia dal sec. II al sec. XVI, Firenze 1875.
  9. Vedi il bellissimo Studio del Faraglia intorno al Dedominicis, pubblicato nell'Archivio Storico Napoletano.
  10. Symon de Senis me pinsit. V. Catalani, Discorsi su. i monumenti patrii, Napoli 1842, pag. 8. La scoperta venne attribuita allo Schultz, Archivio Storico Italiano, tom. I. 1878. Art. Napoli ne’suoi rapporti con l’arte del risorgimento, del Frisoni.
  11. HIC JACET

    CORPUS MAGISTRI PRlMARll

    DE NEAP. PROTOMAGISTRI

    REGINALIS MONASTERIl SACRI CORPOR. C.

    DE NEAP.

  12. Minieri Riccio — Notizie storiche tratte da 62 Registri Angioini; pag. 42, 46, 1346 A. N. 351, f. Il, t. Riportiamo dal registro Angioino le notizie riguardanti questi ignoti, ma valorosi artisti. Mandatum Thesaurariis quod solvant pecuniam notario Raynaldo Squallato de Neapoli prò constructione unius fontis, quem in loco juxta cappellam secreiam, et aqueductus unius fontis, facti jam in Curti, ac diversorum aliorum operuin et reparationis Castri Novi Neapolis. Reg. 1328 D. fol. 130. Mandatum Thesaurariis quod solvant pecuniam notario Squallato Raynaldo de Neapoli statuto noviter super opere seu finali complemento constructionis Tarsianatuum nostroruni Suppalatii et alterius juxta Logiam Massilie et constructionis unius sale super primam domum Tarsianatus Suppalatii supradicti positam prope Molum cum conscientia MAGISTRI ATHENASII PRIMARII DE NEAPOLI protomagistri in arte fabrice sub die 3 Julii V. Indici. 1337, Reg. 1328, D. fol. 129. DE PACTIS GIACOMO fu costruttore del sepolcro di Re Roberto, come dal seguente importante documento; Pecunia saluta magistro IACOBO DE PACTIS prò constructione Sepolture clare memorie Illustris Domini Regis Roberti Hierusalem et Sicilie. Regina Ioanna mandat sub die 20 Februarii XI Indict. eu. 1343 quatenus IACOBO DE PACTIS FAMILIARI statuto per eam super sepoltur - marmorea prò corpore dare memorie Domini Regis Reberti Jerusalem et Sicilie Reverendi Domini Avi Sui solemniter recondenda juxta ordinationem et provisionem Guillelmi de S. Petro et Randacio militis Cambellani fumiliaris in Monasterio S. C. C. fieri facienda et etiam construenda unc. auri 100. Reg. 1343 A, fol. 61. Deinde cum allo mandato dieta Reg. Ioanna sub die 25 Iulii XI Indict. an. 1343 ordinai solvi alias unc. 100 predicto IACOBO DE PACTIS statuto super fieri facienda dieta sepoltura marmorea prò corpore dicti Regis Roberti recondenda juxta ordinationem Guillelmi de S. Petro. Ivi, fol. 62. Re Roberto addi 7 marzo della 12 Indizione ordina costruirsi il Castello di Belforte in summitate S. Erasmi prope Neapolim prò habitatione persone regie et aliarum personarum Curiam Regiam sequentium; e di tale edifìzio gli venne mostrata una pianta particolareggiata. Ne furono costruttori gli architetti Francesco de Vita e maestro Gino da Siena; e per la morte di costui, la fabbrica dell’edificio venne continuata da maestro Attanasio Primario di Napoli. Reg. 1338-39. D. n. 318 fol. 136 e fol. 137. Carlo II, nell’agosto del 1304 paga a maestro Stefano Gottifredo, Guglielmo de Verdelay e Miletto de Anserris suoi orefici, 28 once ed 11 tari per le spese necessarie ad argentare la testa di S. Gennaro. Reg. 1302. G. fol. 223 t. — Nel 20 agosto del 1305 lo stesso Re Carlo fa pagare a maestro Montano d’Arezzo, pittore, once 5 per la dipintura di due Cappelle in Castel Nuovo di Napoli: ivi fol. 226 t. — Lo stesso Carlo II provvide perchè venisse resa giustizia a Giovanni di Taranto, pittore, asserenti quod eo veniente pridem ad Ecclesiam Beati Nicolai de Baro ad obsequendo et pingendo in illa, et cum esset in Casali S. Erasmi fuit disrobatus. Reg. 1304. F. n. 138, fol. 361. Il maestro Riccardo Primario fu l’architetto direttore della costruzione del porto, che Carlo II fece edificare nella Città di Napoli. Reg. 1301-1302. A. n. 119, fol, 286, 340. ANDREA DE GISMUNDO de Neapoli commissio officii prepositi super opere sen edificio sepolture quondam Regis Roberti, que construitur in certo loco Ecclesie S. Corp. C. de Neapoli juxta conventiones et pacta inbita inter nostrani Curiam et Magistrum Pacium et Joannem de Florentia marmorarios fratres, et prò causa predicta solvuntur eis unc. 100 etc. Reg. 1346 A. n. fol. 11. Jacobo de Pactis commisio offìcii Prepositi super opere constructionis sepolture marmoree fiende in ecclesìa S. Corporis C. de Neap. ill. Reg. Roberti etc, Reg. 1343 F. n. 333 fol. 8 etc. etc. A proposito di maestro Primario di Napoli v. p. il Reg Ang. 1345-1346 A fol, 162 t.
  13. De’ Grandi Ufficiali dei Regno di Sicilia dal 1265 al 1285.
  14. L. DE PADOVA. Memoria intorno all’origine e progresso di Pescocostanzo: Montecassino 1865.
  15. V. ANGELO LEOSINI,. Monumenti storici ed artistici della Città di Aquila e de’ suoi contorni etc. Aquila 1848. ANGELO SIGNORINI. L’Archeologo nell’Abruzzo Ulteriore II etc. Aquila Tipografia Grossi 1848. Idem — La Diocesi di Aquila descritta ed illustrata, Aquila 1868. TEODORO BONANNI. La Guida storica della Città dell’Aquila e dei suoi, contorni, Aquila 1814. Sulla Città di Pitino ne’ Sabini, Osservazioni storico-archeologiche di A. LEOSINI, senza luogo ed anno. Idem — Le vere e le false origini della Città dell’Aquila, Aquila, 1876. BONANNI — Relazione pe’ lavori eseguiti nell’Archivio Provinciale del 2° Abruzzo Ulteriore etc. Aquila 1879. Aquila, Chiesa Vescovile, Enciclopedia dell’Ecclesiastico, nom. IV pagine 379. 387. BONANNI (Teodoro) La Provincia del II Abruzzo Ulteriore con la sua descrizione fisico-topografica etc. 1872. LAZZARI, Zecche e monete degli Abruzzi ne’ bassi tempi, Venezia 1858. CIRILLO BERNARDINO, Annali della Città di Aquila, con l’istoria del suo tempo, Roma, Accolto 1570. ORLANDI delle Città d’Italia, Perugia 1772. VoL. Ii. pag. 149-159. MURATORI, Antiquitates italicae medii aevi, Milano 1742, Vol. VI, p. 405-1032 Aquila. Due articoli, Poliorama Pittoresco, Anno III, pag. 142; e Giornale Abruzzese, N. 34 pag. 3-14. MASSONIO SALVATORE, Dialogo dell’Origine della Città di Aquila, con l’aggiunta nel fine di alcuni huomini illustri della stessa Città — Aquila presso Isidoro e Lepido Facij fratelli M. D. XCIIII. Vita di S. Bernardino da Siena. FRANCHI CARLO, Difesa per la fedelissima Città dell’Aquila etc., Nap. 1752. JOANNIS ANTONII CAMPANI, Opera, pubblicata da Michele Perno, Roma 1495 in fol. Splendidissima edizione da me posseduta, come le altre opere di sopra ricordale. DOMENICA DI S. EUSANIO — L’aquila Santa etc. Aquila 1846. MARTELLI FELICE — Le Antichità de’ Siculi. Vol. II Aquila 1830 etc. etc. etc. Per le fonti della Storia politica, civile, letteraria ed artistica di Aquila e Provincia, consulta: MINIERI-RICCIO, Biblioteca Storico Topografica degli Abruzzi; PASCANDOLO, supplemento a Minieri Riccio; BINDI V. Supplemento a Minieri-Riccio e Parascandolo. Finalmente materiale ricchissimo per la Storia Aquilana ce lo fornisce l'Antinori, che lasciò, come altra volta si è detto, 40 vol. mss. donati dal munifico Marchese Dragonetti alla Biblioteca Tommasi.
  16. Lib. 3, Cap. XI.
  17. Visse nel sec. XVI e fu eccellentissimo maestro di musica: di lui si ha una muta di messe a cinque voci stampata a Venezia il 1590.
  18. Dante, Inferno, 27.
  19. Abbiamo dal de Lellis (Notamemti mss. presso il Comm. Broccoli, alla p. 781, che cita il fol. 125 at. del fase. 37) questo documento: Sancte Marie de Collemadio prope Aquilam ann. provisionem unc. 40 in quo fuit consecratus sanctissimus Dominus Celestinus Summus Pontifex. E quest’altro: Monasterio S. Marie de Collemadio prope Civitatem Aquile provisio prò solutione an. provisionis unc. 40 olim dicto Monasterio concessarum per Regem Carolum, secundum quia in dieta Ecclesia Sanctissimus Dominus Celestinus summus Pontifex munus consecrationis ademptus est. Reg. 1345, 1346 D. fol. 160.
  20. V. Muratori. Rev. Ital. Script, tom. 3 pag. 1. Raynal. Annali Ecclesiastici, An. 1284 § 8, tom. 14. Giacconio in Vita Coelestini V; Platina etc. Marini, Vita di Celestino V; etc. Molti fatti allusivi alla vita del Santo Eremita e rapresentanti l’apoteosi della Regola de’ Celestini, bellamente dipinti a fresco nella Chiesa di S. Pietro a Majella, nascosti da denso intonaco di calce, furono teste scoperti dall’egregio e benemerito Principe di Satriano G. Filangieri, che si occupa alacremente della illustrazione delle opere di arte di questa vetusta Chiesa. Egli ne scrisse accurata ed erudita relazione. Napoli 1881.
  21. Il Re Carlo si trattenne in Aquila quasi tutto il mese di settembre, e spedì concessioni a Maestro Dino di Firenze; datum Aquile per Bartholomeum de Capua militem protonotarium; e ad Enrico de Herville secretario e portolano di Puglia (datum Aquile die XI sept. VIII Indic. regnor, nostr. anno X). Nel di 9 ottobre Celestino consacrò di sua mano l’altare maggiore della Chiesa di S. Spirito di Solmona. V. DI PIETRO, op. c. pag, 193.
  22. Nella medesima Chiesa si trova la seguente iscrizione, non pubblicata da nessuno degli scrittori patrii:
    ANNO DOMINI M.C.XC.V INDICT. XIII

    VIII IDUS OCTOBRIS HEC ECCLESIA BEATE MARIE

    SEMPER VIRGINIS DEDICATA EST AB ODORISIO

    VENERABILI EPISCOPO FURCONENSI

    CUM ADINOLPHO REATINO ET

    MARSORUM EPISCOPO TEMPORE PAPE CELESTINI

    ET RAYNALDI ARCHIPRESBYTERI EJUSDEM ECCLESIE.

    .