Minuto del doge Antoniotto Adorno
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XIV.
MINUTO DEL DOGE ANTONIOTTO ADORNO.
Nell’elenco dei minuti all’Annot. X, avendo io dichiarato di averne uno che poteva appartenere a quest’ultimo Doge, devo ora rettificare tale supposizione. Dopo che ebbi trovato quelli del Governatore Agostino Adorno, verificando meglio quel primo, constatai che se la prima lettera era un a senza alcun dubbio, altrettanto non avveniva per la seconda, la quale presentava invece traccie visibili di un v; onde da quattro che erano i minuti del Governatore diventarono cinque ed in oggi sono già sei.
Dell’Antoniotto non rimaneva adunque altro denarino che quello del Reichel, descritto al N. 21271. Volli accertarmi anche di questo ultimo, dubitando di qualche sbaglio, ed infatti bastò la lettura della descrizione per riconoscere che il dubbio era fondato.
D/ — A • A • DV — X • IANVE •
Castello.
Croce intersecante la leggenda.
Peso Gr. 0,530. Le lettere sono quelle antiche.
Per poco che si considerino le modificazioni successive avvenute nel tipo del minuto, ognuno potrà convincersi che questo del Reichel è incompatibile coll’epoca dell’ultimo Doge a vita. Infatti, abbiamo lettere antiche le quali non convengono all’Antoniotto; leggenda completa al rovescio, mentre il Cardinale l’avea di già ridotta alle semplici iniziali nei suoi ultimi minuti; zecchiere e, che non troviamo neppure una sola volta nelle numerose monete dell’Adorno; mancanza della crocetta e delle rosette al dritto, e presenza d’una rosetta al rovescio; peso di 0,530 che non è raggiunto da alcuno dei sei denarini dell’Agostino nè dai tre del Cardinale che si conoscono. Finalmente l’ianve invece di genve, che dovrebbe essere la foggia caratteristica delle monete dell’ultimo Doge. Tutti questi dati ci rendono avvertiti, che quel minuto, invece d’un Antoniotto Adorno, è un Raffaele dello stesso casato, erroneamente letto, al quale si è fatta l’aggiunta di due lettere al dritto, perchè non ne abbiamo alcuno che abbia quattro lettere alla destra e sei alla sinistra, e tutti terminano in ian.
Al nostro Doge non riconosceremmo ancora il suo minuto, se non avessi potuto esaminare quelli della Società Ligure, fra i quali trovai questo disegnato in capo alla presente annotazione. È mancante nel lato che dovea contenere il nome, ma l’attribuzione non può essere dubbia in grazia della seconda metà della leggenda, la quale basterebbe da sola, anche se non lo confermassero così bene gli altri caratteri, ad indicare il Doge cui appartiene questa monetina.
Confesso che questo è ben poco, poichè la convinzione morale in queste cose non basta, e si ha bisogno della prova materiale del fatto, che manca ora a noi, mancandoci il nome del Doge, ma è già qualche cosa in attesa del meglio.
D/ — ......-: Dux • Genuensium
Castello solito.
R/ — • C • — • R • — .... — • N •
Croce che taglia la leggenda.
Lega — C.2 — Peso gr. 0,160.
Il Doge Antoniotto fu il primo a cambiar l’ianva in genva, uso che fu poi continuato sulle monete colla leggenda libertas e su quelle dei Dogi biennali. Il tipo, il peso e lo zecchiere n del presente minuto, convengono pienamente a questo Doge.
Per togliere financo l’unica obbiezione che mi si potrebbe muovere, quella cioè che le due lettere potessero significare il Dux Gubernatores dei minuti coniati dopo il 1528, farò due sole osservazioni.
1.° Anche nei minuti dei Dogi biennali la leggenda comincia in alto a destra della crocetta. Del resto, in questa monetina i due punti prima del d e la rosetta dopo il g, indicherebbero abbastanza chiaramente che si tratta della seconda metà della leggenda, anche senza le traccie della crocetta che rimangono in alto.
2.° In tutto il tempo che durarono ancora i minuti dopo il 1528, non conosco moneta alcuna che abbia lo zecchiere n.
Ho detto più sopra, che la nuova maniera di designare il nome della città, Genua, fu continuata senza interruzione sulle monete della Libertà. Mi si potrebbe osservare che l’asserzione non è esatta, avendosi il disegno d’un testone nel Promis, unito a quelli delle altre monete, e che formerebbero fra tutti una sola serie coniata nel breve tempo decorso tra la riacquistata libertà e la elezione del Doge e dei Governatori; e mentre queste ultime monete presentano la leggenda libertas genvensivm, il solo testone ne avrebbe una diversa, libertas popvli ianve. Se il testone facesse parte veramente della stessa serie, avremmo infatti una eccezione, ma così non è. Basterà considerare, che durando i soprastanti in carica per un anno, è cosa ben difficile che una serie di monete coniate in brevissimo tempo abbia differenti sigle di zecca; e che la leggenda del testone è troppo diversa dalle altre, anche a parte il nome della città scritto all’antica, per non indicare epoca più antica. Ora, tutti i testoni di questa specie che si conoscono hanno le iniziali i . c, le altre monete portano quelle f . a.
L’elenco dei soprastanti già citato avendo gravi lacune, non può darci i nomi corrispondenti a queste iniziali; ma intanto dalle altre monete Genovesi che hanno iniziali identiche, possiamo ricavar qualche lume per il confronto.
Le i . c trovansi solamente in Ludovico XII, molto ripetute su monete col castello al dritto, cioè coniate prima della rivolta, quanto in altre posteriori alla stessa, collo scudo di Francia. Le f . a invece, si trovano col t in nesso oppur senza, nelle sole monete di Francesco I. Questi fatti ci autorizzano alle seguenti induzioni.
1.° Le due categorie di monete della Libertà, devono assegnarsi ad epoche diverse.
2.° Quelle che hanno le sigle i . c, ossia colla leggenda libertas popvli ianve, convengono bene all’Aprile del 1507 durante la rivolta al Re. E gli Autori delle nostre Tavole sono anch’essi di questo parere.
3.° Le altre, fino a prova in contrario possono lasciarsi al 1528.
Prima di finire devo far rilevare, che se non esiste interruzione nell’uso della nuova foggia del nome di Genova sulle monete della libertà del 1528, non si è in grado di asserire altrettanto per le monete di Francesco I. Questa incertezza, deriva dal non possedere sicuri criteri per distinguere, quali fra le monete sue appartengano agli anni prima di Antoniotto, cioè dal 1516 al 1522, e quali a quelli dal 1527 al 1528. Le monete del Francesco I hanno bensì due leggende differenti, quella col Dominus Ianue e quella col solo Rex Francorum senz’altro, ma da questa sola variante non può trarsene conseguenza per la precedenza delle une sulle altre. Neanche possiamo ricorrere per analogia ai tempi di Ludovico XII, perchè si cambiano le impronte e la leggenda al rovescio secondo che si tratta di monete coniate prima o dopo del 1507, tuttavia tanto quelle anteriori che quelle posteriori hanno tutte il Dominus Ianue. In queste condizioni, l’unica supposizione che potrebbe farsi sarebbe basata sul succedersi delle iniziali di zecca. In tal modo dopo il minuto dell’Ottaviano colla iniziale m (V. Annot. I) starebbero bene nel primo periodo della dominazione di Francesco I, le monete col Dominus ianve le quali hanno m, a . m, ed o . m. Verrebbero poi quelle dell’Antoniotto dal 1522 al 27, avendo le iniziali o . m, n, n . c, n . o, b . c. In seguito, quelle di Francesco I senza il Dominus le quali portano le sigle m . b, t. f . a ed f . a, e finalmente quelle con libertas genvensivm, f. a. E forse questo, o questi soprastanti son gli stessi che troviamo su qualche moneta dei Dogi biennali senz’anno colla sola trasposizione delle iniziali, a . f.
Se veramente così stanno le cose, il re di Francia non avrebbe fatto eccezione alla nuova foggia del nome della città, non avendone più fatto menzione sulle monete dopo dell’Antoniotto.
Note
- ↑ Die Reichelsche Münzsammlung in St. Petersburg. Ivi, 1843, pag. 513.