Meteore Luminose/Proemio/III. Periodo scientifico
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III.
Periodo scientifico.
Fu senza dubbio nella dimora relativamente tranquilla di Spalatro, e nei primi anni del suo pontificato, che Marco Antonio De Dominis si diede con nuovo ardore al compimento di quei lavori scientifici che, intrapresi venti anni innanzi, non avrebbe mai dovuto abbandonare.
Il De radiis visus et lucis in vitris perspectivis et iride tractatus, uscì difatti alla luce in Venezia nel 16111.
È questo un libro raro e prezioso di cui venne fatta soltanto una 2a edizione nel 16252, e che attende ancora una edizione italiana redatta con vera intelligenza di critica storica e scientifica, la quale collochi il De Dominis a quell’alto posto che gli compete nello svolgimento del pensiero moderno.
Ho già nominato Isacco Newton. Fu egli il primo che trasse quest’opera dall’obblio in cui era caduta; fu il primo e forse il solo finora veramente atto a giudicarla.
Ecco in qual modo si esprime a proposito della teoria dell’arcobaleno il sommo fisico inglese:
«. . . . . ciò fu capito da qualcuno degli antichi: e di recente il famoso3 Antonio De Dominis, Arcivescovo di Spalatro, in questo libro De Radiis visus et lucis, pubblicato dal suo amico Bartoli in Venezia, nell’anno 1644, e scritto circa venti anni prima, insegna come l’arco interiore è fatto in rotonde goccie di pioggia da due rifrazioni della luce del sole ed una riflessione frammezzo a queste, mentre l’arco esteriore è fatto da due rifrazioni estreme e due riflessioni intermedie in ogni goccia d’acqua. L’autore prova queste spiegazioni per mezzo di esperimenti fatti con una fiala piena d’acqua e con globi di vetro riempiti pure di acqua, disposti al sole in modo da produrre i colori dei due archi che appaiono in natura. La stessa spiegazione ha seguitato Cartesio nei suoi scritti sulle meteore, accomodando quella dell’arco esteriore4.
Si volle pretendere da alcuni che Newton abbia inteso di innalzare De Dominis per abbassare il filosofo Pagina:Bertacchi - Meteore Luminose, 1883.djvu/14 Pagina:Bertacchi - Meteore Luminose, 1883.djvu/15 Pagina:Bertacchi - Meteore Luminose, 1883.djvu/16 Pagina:Bertacchi - Meteore Luminose, 1883.djvu/17 Pagina:Bertacchi - Meteore Luminose, 1883.djvu/18 XXI — - mento avrebbe scritto verso il 1606 in un carteggio privato, probabilmente ancora inedito e sconosciuto. Sen/.a dire che il lavoro del fisico italiano è senza dubbio precedente a questa data, quale c infine la scoperta o l’invenzione di cui non si trovi già qualche indizio o qualche elemento nei lavori o nelle idee che la precedettero? E questa è l’origine vera delle interminabili contese che sorgono pur sempre sulla priorità di ogni scoperta. Eppure la gloria di un’invenzione non ò già di chi ha saputo darne senz’altro e di passaggio una vaga idea, ma di chi invece ha saputo trattarne con sicurezza i primi particolari di fatto, o, se vi ha d’uopo di osservazione e di esperienza, ha saputo eseguire l’una e l’altra. Nel nostro caso, poi, mancano persino gli clementi di siffatta discussione, onde nello stalo attuale della critica storica la priorità di cui parliamo non può esser contesa in nessun modo all’arcivescovo di Spalatro.... almeno fino al giorno in cui, dopo accurate e serie indagini, non si sia scoperto che in China... Dunque Marco Antonio De Dominis può e deve esser ritenuto finora come il vero autore della teoria dell’arcobaleno.