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cora una edizione italiana redatta con vera intelligenza di critica storica e scientifica, la quale collochi il De Dominis a quell’alto posto che gli compete nello svolgimento del pensiero moderno.

Ho già nominato Isacco Newton. Fu egli il primo che trasse quest’opera dall’obblio in cui era caduta; fu il primo e forse il solo finora veramente atto a giudicarla.

Ecco in qual modo si esprime a proposito della teoria dell’arcobaleno il sommo fisico inglese:

«. . . . . ciò fu capito da qualcuno degli antichi: e di recente il famoso1 Antonio De Dominis, Arcivescovo di Spalatro, in questo libro De Radiis visus et lucis, pubblicato dal suo amico Bartoli in Venezia, nell’anno 1644, e scritto circa venti anni prima, insegna come l’arco interiore è fatto in rotonde goccie di pioggia da due rifrazioni della luce del sole ed una riflessione frammezzo a queste, mentre l’arco esteriore è fatto da due rifrazioni estreme e due riflessioni intermedie in ogni goccia d’acqua. L’autore prova queste spiegazioni per mezzo di esperimenti fatti con una fiala piena d’acqua e con globi di vetro riempiti pure di acqua, disposti al sole in modo da produrre i colori dei due archi che appaiono in natura. La stessa spiegazione ha seguitato Cartesio nei suoi scritti sulle meteore, accomodando quella dell’arco esteriore2.

Si volle pretendere da alcuni che Newton abbia inteso di innalzare De Dominis per abbassare il filosofo

  1. Era celebre a quei tempi per un libro di cui faremo cenno più sotto.
  2. newton’s Optics. London, 1704 in 4º, pag. 126-127 e 132, lib. 1, part. 2 prop. 9.