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346 parte terza


potuto assistere alle sue nozze; ma ero troppo vecchio per intraprendere un viaggio di trecento leghe. Grazie a Dio, presentemente sto bene, ma ho bisogno di precauzione per sostenere le mie forze e la mia salute. Leggo tutti i giorni, e consulto attentamente il trattato della Vecchiaia del signor Robert, dottore reggente della Facoltà di Parigi. I nostri medici ordinari hanno solamente cura di noi quando siamo malati, procurando allora di guarirci; ma per altro non si danno la menoma briga del nostro metodo di vita, allorchè stiamo bene. Questo libro m’istruisce, mi serve di guida, mi corregge e mi fa nel tempo istesso conoscere i gradi di vigore che possono ancora restarmi, e la necessità di averne cura. Quest’opera è composta in forma di lettere; di modo che, quando io leggo, a me sembra che mi parli l’autore istesso; e ad ogni pagina io m’incontro in me stesso, e mi riconosco. I suoi avvertimenti sono tutti quanti salutari senza essere noiosi. Non ha punto la severità della scuola di Salerno; nè consiglia il regime di vita di Luigi Cornaro, che visse cent’anni malato per morire in buona salute. In una parola, il signor Robert è uomo savissimo e sommamente istruito. Egli può veramente dirsi uno di quelli, che hanno più studiato la natura, e ne conoscono gli effetti. Io ne feci la conoscenza in casa del signor Fagnan, primo commesso del Tesoro reale. Ci incontravamo spessissimo; per ciò anche adesso la vedova signora Fagnan sua consorte, donna piena d’ingegno, di grazie e di buon senso, continua sempre a riguardare con la medesima cordialità gli amici intimi del defunto marito.

CAPITOLO XXXI.

Il Palazzo Reale. — Sua nuova forma, e suoi divertimenti.

Nell’anno medesimo 1781 di cui ho parlato, furono conosciute dal pubblico le mutazioni proposte sulla fabbrica del Palazzo Reale, e di fatto il 15 d’ottobre si cominciò ad atterrare gli alberi nel gran viale. Quante lagnanze per questa perdita in tutta Parigi! Tutti trovavano piacevole questa passeggiata, come era infatti: essa formava la delizia di tutti, e nessuno sapeva persuadersi che potesse rendersi più dilettevole, o più comoda; temevasi anzi che per una speculazione non si sacrificasse all’interesse del padrone il divertimento de’ particolari. I proprietari poi delle case che circondavano il giardino erano molto più in agitazione degli altri, per essere minacciati da una nuova fabbrica, la quale andava a privarli dell’amenissima vista e dell’ingresso di quel luogo di delizia. Tutti quanti però si unirono in corpo, e fecero i tentativi possibili, per conservare i pretesi loro diritti; ma i principali giureconsulti li persuasero a desistere, per essere già stato ceduto dal re il terreno alla casa d’Orléans, in conseguenza della qual cessione il signor duca di Chàrtres, oggi duca d’Orléans, e primo principe del sangue, ne godeva il possesso. Le finestre e le porte d’ingresso in questo giardino erano soltanto tollerate, e tranne la perdita che per questa parte ne risentivano i querelanti, altro non avevasi in mira, se non lavorare per la maggior soddisfazione del pubblico. Ma questo pubblico non si fidava. Troppo dispiaceva la distruzione di quel magnifico viale, ove nelle belle giornate adunavansi infinite persone, ove le primarie bellezze di Parigi facevano pompa delle seducenti loro attrattive, ove la gioventù correva pericoli, ed incontrava fortune, ove finalmente gli uomini sensati si divertivano a spese tal-