Memorie autobiografiche/Primo Periodo/XXIV
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Capitolo XXIV.
Soggiorno in Lages. — Discesa della Serra, e combattimento.
Il paese di Lages, che ci aveva festeggiati al nostro arrivo quando vittoriosi, aveva alla notizia dei nostro rovescio ai Coritibani voltato bandiera, ed alcuni più risoluti avevano ristabilito il sistema imperiale. Questi ultimi fuggirono all’apparizione nostra, e siccome erano mercanti la maggior parte, ed i più ricchi, essi ci lasciarono i loro magazzini provvisti d’ogni ben di Dio. Ciò valse a provvederci del bisognevole e migliorare la condizione nostra.
Intanto Teixeira scrisse ad Arañha, ordinandogli di riconcentrarsi, ed ebbesi circa in quei giorni notizia della venuta del tenente colonnello Portiñho che colla sua colonna era stato inviato dal generale Bento Manuel,1 inseguimento della forza stessa di Mello, incontrata da noi infelicemente ai Coritibani.
Ho servito in America la causa dei popoli, e l’ho sinceramente servita, come dovunque ho combattuto il despotismo. Amante del sistema repubblicano, idoneo alle mie condizioni, io fui contrario per le stesse al sistema opposto. Gli uomini li ho piuttosto compianti che odiati, rimontando alle canse del male, cioè all’egoismo della sciagurata nostra natura. Lontano poi oggi (1850) dal teatro ove compironsi i fatti ch’io sono a descrivere, posso narrarli con pacatezza ed esser creduto imparziale. Voglio dunque asserire che arditissimi eran codesti prodi figli del Continente,2 ed audacissima fu l’occupazione nostra di Lages, occupazione che tenemmo per vari giorni, disposti a difenderci contro. un nemico dieci volte superiore, vittorioso, e divisi da lui dal solo fiume Canoas che non potevamo difendere, con gli ausiliari nostri ben lontani.
Molti giorni passarono pria dell’arrivo di Arañha e Portiñho, ed in tutto quel periodo fu tenuto a bada il nemico con un pugno d’uomini. Appena giunti i rinforzi suddetti, si marciò risolutamente al nemico, che non accettò di combattere, ma ritiravasi quando incalzato, appoggiandosi sulla provincia di San Paolo, da dove dovevano giungergli considerevoli aiuti di fanteria e cavalleria.
Qui sentimmo il difetto che sentiva generalmente l’esercito repubblicano, cioè il non voler permanere i militi sotto la bandiera, quando non si trattava di combattimenti immediati: vizio sentito anche nell’esercito di Wasbington, ed in qualunque esercito in cui la vera disciplina del milite della libertà non è apprezzata; disciplina che deve nascere nel milite dal convincimento del dovere, e molto diversa dalla disciplina forzata del soldato del despotismo. In questo caso il soldato, è tolto per forza dai suoi focolari, ed obbligato di ubbidire ad un padrone in qualunque atto malvagio gli sia comandato, oppure è un soldato mercenario, venduto corpo e anima a chi lo paga, e disposto per indole a commetter atti di cui si vergognerebbe un lupo. Il milite cittadino, appartenente a nazione libera, va sotto le bandiere quando chiamato, perchè la patria è minacciata da prepotenti. Egli dà volenteroso la sua vita in difesa del suo paese e de’ suoi cari, e non abbandona l’esercito nazionale senonchè quando il pericolo è passato e quando congedato da’ suoi capi.
L’esercito repubblicano del Rio Grande era composto per la maggior parte di militi cittadini valorosi, che però non intendevano rimaner sotto le bandiere, quando nel loro criterio pensavano non esser tempo di combattere ed esser il pericolo della patria passato; allora si allontanavano dalle fila, senza aspettare l’ordine dei capi. Tale vizio fu quasi rovina nostra in tale circostanza, ove un pilli intraprendente nemico avrebbe potuto schiacciarci, profittando di quel disordine e della nostra debolezza.
Principiarono i Serrani, gente delle montagne circonvicine, ad abbandonare le fila e condurre seco non solo i propri cavalli, ma pure quelli appartenenti alla divisione. Quei di Portiñho, gente della provincia di Missiones, seguirono l’esempio; e presto si diradò la forza nostra in tal modo, che fummo obbligati di abbandonare Lagos e ripiegarci sulla provincia del Rio Grande, temendo l’avvicinamento del nemico, contro cui non avremmo potuto sostenerci. Il resto della forza così menomata, mancante del necessario, particolarmente di vestimenta, in un paese di montagna ove il freddo cominciava a divenir insopportabile, stava demoralizzandosi, e ad alta voce si chiedeva di tornare ai focolari, cioè nella parte bassa ed aprica della provincia.
La provincia del Rio Grande è divisa in due regioni: la bassa, limitata a levante dall’Atlantico, ed a ponente e maestro dalla Serra do Espinasso, è regione quasi tropicale, per mite temperatura: il caffè, lo zucchero, gli aranci ec, beano quella felice contrada, che ha di più il vantaggio d’immensa quantità di bestiame, ed una bellissima popolazione, forte a cavallo quanto i figli delle Provincie del Plata; l’alta regione della Sena, con una temperatura assai più fredda, possiede le frutta tutte che appartengono a clima più rigido, cioè pomi, pere, pesche ec., ed è coronata dall’estremità meridionale dell’immensa foresta di cui accennai antecedentemente, i cui pini giganteschi vi fanno l’effetto di colonne di templi.
Il colonnello Teixeira fu dunque obbligato di cedere a tali esigenze, e mi ordinò di scendere la Serra cogli avanzi della fanteria e della marina, e di riunirmi all’esercito, preparandosi esso pure a seguirci colla cavalleria.
Quella discesa fu ardua, per le difficoltà della strada e le ostilità accanite degli abitanti della contrada, nemici acerrimi dei Repubblicani. Cosa strana eppur verissima, la classe dei contadini, che più d’ogni altra dovrebbe amare un reggimento libero, lo detesta e lo combatte.
Noi scendemmo per la piccada (sentiero nella foresta) di Peluffo: eravamo in sessanta circa, ed avemmo ad affrontare terribili imboscate, oltrepassate con incredibile fortuna, grazie alla risolutezza degli uomini ch’io comandavo ed alla poca pratica di combattimenti ne’ nostri nemici.
Siccome il sentiero che sì percorreva era strettissimo e tagliato in foltissima selva, il nemico, indigeno e perciò peritissimo dei luoghi, sceglieva i siti più scabrosi per imboscarsi; irrompeva con furia e grida tremende su di noi, mentre dalle parti più folte ci fulminava a fucilate. Eppure tanta paura incutè in quei montanari l’intrepido contegno nostro, che un solo cavallo morto noi avemmo e varie ma leggere ferite agli individui. Giungemmo al quartier generale in Malacara, distante dodici miglia da Porto Alegre, ove si trovava il presidente Bento Gonçales, allora generale in capo.
Note
- ↑ Quel generale Bento Manuel tradì poi la Repubblica e passò agli Imperiali.
- ↑ Continente, nome probabilmente dato dagli scopritori alla vasta e bella provincia del Rio Grande del Sud, essendovi un’altra provincia dello stesso nome al Nord del Brasile.