Malasorte/Introduzione
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INTRODUZIONE
Queste poche parole non hanno altro scopo che quello di dare ai lettori italiani un’idea generale del drammaturgo Jon Luca Caragiale, una delle figure più spiccate della letteratura romena della seconda metà dell’Ottocento.
Nato nel 1853 da una famiglia di attori, egli conobbe il teatro fin dalla più tenera infanzia, e per aver dovuto condividere la sorte di compagnie randage non riusci ad ottenere altro titolo di studii che la licenza ginnasiale, ma non cessò mai di essere un autodidatta. La sua vita è stata piena di avventure e di contrasti: ora povero e in lotta con la miseria, ora ricco per eredità, ora suggeritore di compagnie drammatiche, ora direttore del Teatro Nazionale di Bucarest, ora impiegatuccio amministrativo, ora proprietario del ristorante della stazione di Buzău, ora direttore di riviste letterarie, ora proprietario di una birreria a Bucarest. Solo il tramonto della sua vita fu più tranquillo; perché, per cercare un conforto al suo animo scettico, si stabili nella città di Arad in Transilvania, dove pubblicò sul giornale “Românul” una serie di articoli in difesa dei connazionali oppressi dal giogo straniero. Negli ultimi anni si stabili a Berlino, dove morí nel 1912. Consapevole e fiero del suo talento, egli odiava le convenzioni sociali e disprezzava gli onori e gli elogi.
La sua originale produzione letteraria, — drammi e novelle — rispecchia la forte anomalia tra il livello intellettuale delle moltitudini e le nuove istituzioni politiche e amministrative create dallo Statuto importato dall’Occidente. Calpestato per più di un secolo dalla tirannia dei principi fanarioti, cioè greci istruiti ed educati nel corrotto quartiere Fanar di Costantinopoli, come pure dalla tirannide russa, il popolo romeno dei principati danubiani era risorto a vita politica novella, di fronte alla quale esso si trovò impreparato. La smania di assimilare la cultura occidentale aveva creato un conflitto molto accentuato tra le forme occidentali e il fondo ancora orientale delle masse delle città, perché, mentre la classe più elevata della società aveva subito il processo di adattamento ai nuovi elementi culturali, i villaggi erano rimasti lontani da quel conflitto. Non tutti gli uomini politici erano preparati al passaggio violento dall’assolutismo al liberalismo e perciò diventarono demagoghi; le istituzioni aventi un nome occidentale erano di fatto come inesistenti e tutta la vita sociale risenti di questo conflitto che creò il ridicolo.
Il Caragiale descrisse con tutta la forza del suo genio creatore questa crisi sociale e psicologica, questa fase di transizione del popolo romeno. Nelle sue diverse qualità di impiegato, di giornalista ecc. ma specialmente come albergatore ebbe la possibilità di osservare, di ascoltare e di studiare gli avventori che discutevano la situazione politica, interpetravano le nuove correnti di idee, liberali e repubblicane, adoperando un ricco dizionario di vocaboli mal compresi. Nelle commedie: Una notte tempestosa; Il signor Leonida di fronte alla reazione; Una lettera smarrita e Dal Carnevale, come pure nei molti schizzi umoristici raccolti nel volume Momente egli ci descrive con una rara potenza di osservazione e con un brio insuperabile i più svariati aspetti del sobborgo romeno. Gente rozza, che essendosi arricchita desidera imitare la vita dell’aristocrazia, mariti privi di dignità e mogli svergognate, politicanti furbi o ignoranti, impiegati corrotti, studenti di legge che fanno discorsi demagogici, giornalisti e cronisti che non fanno che imbrogli, madri che non sanno educare i loro figli, mercanti che discutono di politica, vecchi pensionati che spiegano alle comari i risultati del governo repubblicano portando come esempio tipico dei suoi effetti Galibardi al quale il Papa chiederebbe per guadagnarsene l’amicizia niente di meno che di far da padrino al battesimo del figlio, lotte elettorali, vita pubblica e privata, attitudini, sentimenti ridicoli, tutto ciò è descritto dal Caragiale con uno stile plastico sconosciuto nella letteratura romena fino a lui. Egli pone in ridicolo tutte le classi sociali fuorché i contadini, i quali soli sono, secondo lui, degni di servire come materiale da tragedia, grazie ai loro sentimenti forti e serii, come vediamo nel potente dramma psicologico: Mala sorte; egli considera i contadini i soli uomini del mondo romeno.
A lui si debbono anche le novelle: Cero di Pasqua, Peccato e All’osteria di Mânjoala tradotte in italiano da C. Petrescu.1 Queste novelle sono studii profondi di intuizione, ricchi di descrizioni incisive e fiorite. Tutto ciò che ha scritto Caragiale è fresco come un fiore umido di rugiada raccolto in primavera. Parole, frasi intere come: „nulla sia cambiato tranne le parti essenziali;“ „se la lettera è anonima, la firmo anch’io“ dovute all’abbondanza dello spirito umoristico caragialiano, rimarranno per sempre nella storia dell’umorismo romeno. Malgrado l’immenso progresso che si sta realizzando in Romania in tutti i campi, i personaggi caragialiani vivranno sempre e ovunque; l’osservazione geniale della realtà, con la finezza dello stile, con la scelta di un lessico incisivo e accompagnata da uno spirito sano e insuperabile, è il pregio dei suoi scritti, i quali hanno dato, nella storia letteraria universale, un nome alla giovane letteratura romena. Il valore artistico dell’opera di Caragiale come di quella di Eminescu era rimasto estraneo all’arte universale per mancanza di traduzioni nelle principali lingue occidentali. Siamo infinitamente grati alla signora Silvestri per questa buona traduzione, che, speriamo, sarà seguita da molte altre, affinché il popolo latino danubiano sia meglio conosciuto ed apprezzato in Italia.
Roma, maggio 1928.
Claudio Isopescu
- ↑ Lanciano, Carabba, 1914.