Madonna Lionessa
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IX
MADONNA LIONESSA
Io truovo d’una donna da Milano,
ch’ebbe nome madonna Leonessa,
che madre fue d’Azolino Romano,
che fue tanto ardito in ogni pressa.
Il suo marito ha nome Capitano:
di Lombardia cH’era principessa;
tutta la Lombardia signoreggiava,
e Toscana di lei forte tremava.
2
Ell’era sopr’ogn’altra savia e bella,
e sempre avea semiiia cavalieri,
con i quali prendea cittá e castella
o per battaglia o per falsi mestieri;
e non montava cavaliere in sella,
che non temesse de’suo’colpi fieri:
e, se d’amor d’alcuno era richiesta,
di botto gli facea tagliar la testa.
3
Cosi reggendo, venne che ’l marito,
ch’era d’Italia la piú franca lancia,
vennegli in cuore e grande apitito
di voler visitare il re di Francia;
onde si mosse, molto ben fornito,
con semiiia tedeschi, a non dir ciancia.
Tanto cavalca, clic giunge a Parigi;
laonde fe’di grandi e be’servigi.
4
Il re di Francia era fuori ad oste;
mandò a sua donna ch’ella ’l soccorresse.
Il Capitano, udendo le proposte,
le si proferse, in quanto le piacesse,
con semilia tedeschi alle sue coste.
La reina gli disse: — Dio ’l volesse! —
Onde da la reina si partie:
dov’era il re di Francia se ne gie.
5
E grande festa gli fé’ il re di Francia,
chéd amendue eran perfetti amici.
De’ saracin v’era la gran possanza,
e tutte piene n’eran le pendici ;
molti cristiani v’eran per certanza,
e molti cavalier v’ha da Parigi:
da l’una parte e l’altra acampati,
cristiani e saracin sono ischierati.
6
Vedendo il Capitan tanta puntaglia
di cavalieri da ciascuna parte,
di grazia chiese la prima battaglia:
il re gliel concedette, onde si parte.
Disse a sua gente: — Se Cristo vi vaglia,
siate ben franchi, ché sapete l’arte! —
Onde tosto percossono a’ nimici:
la prima ischiera mise alle pendici.
7
Non era in ’Tália uom tanto possente,
com’era questo gentil Capitano:
e’ con sua forza e con sua buona gente
diede isconfitta al populo pagano;
e il re di Francia ancor similemente,
colla suo gente del popul cristiano,
a’ saracini dieron tal trafitta,
che per forza gli mise in isconfitta.
8
Color fuggendo e costoro incalciando,
durò la caccia piú di dieci miglia.
E lo re poi, a Parigi tornando,
menò molti pregion con suo famiglia:
e la reina ch’aspettava, quando
rivide il Capitan, per mano il piglia.
E’, vedendosi far tante carezze,
subito inamorò di sue bellezze.
9
Cavalcando con lei a coscia a coscia,
non si iscopria né in fatto né in detto.
Giunti in Parigi, la reina poscia
il convitava co’ molto diletto,
ed e’ sentiva l’amorosa angoscia;
e, trovandosi un di con lei soletto,
richiesela d’amore: a tal cagione
il fe’ pigliare e mettere in prigione.
10
E po’ col re tutto il fatto ragiona,
laonde il re ne fue molto dolente;
ma, guardando l’onor della corona,
co’savi suoi si consigliò al presente.
Ciascun dice di perder la persona:
rispuose il re: — Non ne farò niente;
ma io condanno quel vembro in due once,
che le parole disse tanto isconce.
11
Po’ fece il Capitano a sé venire,
ed e’ si venne tutto isbigottito.
11 re gli disse: — Come avesti ardire
di farmi oltraggio, avendomi servito?
Ma tu se’ degno in tutto di morire,
bench’io non aggi’tuo fallo seguito;
a ciò che la tua vita non s’istingua,
sieti tagliato due once di lingua. —
12
E1 Capitano disse: — I’ vi ringrazio,
ch’io veggio ben ch’io son degno di morte;
ma cento giorni i’ v’adimando ispazio
prima ch’io venga a si malvagia sorte. —
Il re lo fece di quel voler sazio;
fecel rimetter nella pregion forte.
Egli poi iscrisse a la sua donna ardita,
com’egli era a perieoi della vita.
13
Quando la donna intese le novelle
del Capitan, che piú che sé ramava,
delle mani si die’ nelle mascelle;
subitamente in zambra se n’andava,
e, non potendo immaginar cavelle
dello suo iscampo, ella s’inginocchiava
divotamente innanzi al Creatore,
e piangendo dicea con gran dolore:
14
— O Signor mio, ch’a Maria Madalena
tu perdonasti, non mi abandonare,
eh’i’veggio ben che la fortuna mena
il mio marito a mala morte fare:
ma, se mi doni grazia e tanta lena,
ch’io di pericolo il possa iscampare,
i’ti prometto, ch’i’ho fatte assai
disconce cose, ch’i’ non farò mai. —
15
Cosi adorando, si fue addormentata,
e dal cielo le venne in visione
un angiol, che le die’ questa ambasciata:
— Se vuoi cavar tuo sposo di prigione,
com’uom ti vesti, bene accompagnata,
va’ dimostrando d’esser Salamone
venuto al mondo a rinovar le leggi :
contrasto non truovi: i tristi correggi. —
16
Quando la donna si fue risentita,
volendo il sogno mettere in elletto,
di porpore reai si fue vestita,
e dice ch’era Salamon perfetto;
e la voce d’intorno ne fu ita
per Lombardia e per tutto il distretto,
si come Salamone era venuto:
e per piacer di Dio era creduto.
17
Apresso, tolse di tutte le chiese
di libri raunò some trecento,
e mille preti vecchi del paese
vesti a nero a suo comandamento,
e cento savi colle menti accese
pieni d’ogni iscienza e ’ntendimento,
e mille cavalier, sergenti e fanti,
che gramatica sapien tutti quanti.
18
A’ preti comandò che per camino
cantasson sempre l’uficio de’ morti
per rimembranza del regno divino;
al qual uficio istanno molti accorti,
mostrando avere il mondo a suo dimino.
E perché in creder ciascun si conforti,
una gran palla d’òr portava in mano
in sur un bianco palafren sovrano.
19
Le croci inanzi a sé mandava ritte
con istendardi di zendado nero,
con lettere e parole d’oro iscritte,
si com’egli era Salamon di vero,
figliuol del santo padre re Davitte,
da Dio mandato per cotal inestiero,
per rinovar la legge al mondo guasta.
E questo a credere alla gente basta.
20
Come !a gente si maravigliava,
non è mestieri eli’io vel dichi quid;
ché tutto l’universo ne parlava,
come tra loro iscriveano gli amici ;
e tutto il chericato ne tremava
pensando perder tutti i benefici.
Giunto presso a Parigi una mattina,
gli si fa incontro il re e la reina;
21
e ’l vescovo con tutto il chericato
si cavalcava col re sanza fallo.
Quando si furon a lui appresentato,
tutta la gente ismontò da cavallo;
piangendo di letizia, inginocchiato,
cominciáro il re e gli altri a salutallo:
— Ben possiate venir, Santa Corona! —
Ed e’ saluto non rende a persona.
22
Cui Salamon mirava punto fiso,
accetto sei tenea piú ch’uom vivente,
e di letizia si segnava il viso
e si diceva umile e riverente:
— Egli è venuto ben dal paradiso,
tanto ha l’aspetto angelico e piacente! —
Giunto in Parigi, come gli fue a grado,
col vescovo ismontò al vescovado.
21
E ’n sulla mastra sala fece fare
una gran sedia con sette iscaglioni :
su vi sedea, e a’ piè fece istare
i gran maestri, i preti ed i baroni;
e fece intorno a sé ingraticolare,
empier la sala di libri e’ veroni.
Po’ venne un prenze: com’egli ha ordinato,
venne dinanzi a lui inginocchiato.
— Mercé, per Dio! Il re tiene in pregione,
benché questo dovete voi sapello,
nostro signor ch’elli ha ’n condennagione:
a tal condennagion facciamo apello. —
Vedendo ciò, comandò Salamone
che comparisse il re di Francia ed elio.
Temendo, il re compari a mano a mano:
apresso menò seco il Capitano.
25
Vedendo Salamone in suo presenza
il Capitan con la catena in gola,
dinanzi a sé fe’ legger la sentenza:
«Due once — dice — sia tagliata sola».
Salamon parla e disse: — In mia presenza
faglici tagliare, pari’io tal parola,
due once, come tu condennato hai;
ma, se fie piú o men, la romperai. —
26
Ed e’ rispuose: — Corona beata,
vo’ conoscete piú che non fo io;
o vaglia o no la sentenzia eh’è data,
vo’ ch’ella si cancelli, o signor mio. —
Salamon la parola ha incorporata;
fégli trar carta e assolver ogni rio,
e poi aprcsso gli comandò, e disse
che inanzi a lui ogni di comparisse.
27
E vo’ che voi sappiate, o buona gente,,
ched egli il fece suo procuratore;
ed egli e gli altri credean certamente
ched e’ fusse mandato dal Signore
qua giú in terra da Dio ’nipotente,
per liberar del mondo alcun errore.
E, poi che alquanto e’ si fue riposato,
Salamone dal re prese connato,
23
dicendo: — E’ mi conviene andare a Roma
a correggere il papa e’ cardinali,
ch’a’cherici porrò si fatta soma,
che in loro vita e’ no l’ebber mai tali
si ch’ogni chericato si si noma,
per me’ fuggir, vorrebbon mettere ali. —
Onde si parte: il re l’accompagnava
quel che gli parve, e poi indreto tornava.
29
Come partissi, i preti parigini,
a l’uscir fuori, si com’io intendo,
gli presentar trentamila fiorini
e trenta palafren, s’i’ben comprendo.
Gli ambasciador parlargli in ta’ latini,
e ’nginocchiársi e’, cosi dicendo:
— Vi manda di Parigi il chericato,
perché voi non guardiate in lor peccato.
30
E Salamon, sorridendo, gli tolse
e disse: — I’ non avea mestier di questi! —
E ’nverso lor Salamoile si volse
e disse: — Fate che viviate onesti; —
e per quella fiata gli prosciolse.
E’ tostamente se n’andaron presti
con allegrcza c festa a casa loro:
e Salamon ne va sanza dimoro.
31
Quando arrivava a castello o a cittade,
i preti contro a lor non sono iscarsi:
de* preti erano pien tutte le strade
a presentarlo ed a raccomandarsi.
E ’l Capitan con molta umilitade
ogni di andava a lui a rappresentarsi,
e a sua donna iscriveva molto ispesso,
ma’ non pensando come l’avie presso.
32
G’ugnendo Salamoile in un gran piano,
el Capitan correa un suo destriere,
e Salamon domandò a mano a mano,
benched e’ conoscesse il cavaliere.
Fugli risposto ch’era il Capitano.
Chiamolio a sé e gli disse: — Fa mestiere,
perché cavalchi tu, eli’i’non cavalco,
da oggi inanzi sic mio maliscalco. —
33
E, cavalcando a lato a Salamone,
il Capitan, siniscalco novello,
egli il dimanda di sua condizione,
s’egli ha donna o sposa per anello.
— Monsignor si — risposegli il barone —
cosi potess’io diventare uccello!
Che’nanzi ch’io mangiassi, i’la vedrei
con i tre bei figliuoli ch’i’ I10 di lei;
34
però ch’io l’amo piú che criatura,
ed ella cosi me, se Dio mi vaglia. —
Salamon disse: — Com’è tanto dura,
ch’a te non viene, essendo in tal travaglia?
Ma questo è segno ch’ella non si cura
della tua morte o vita un fil di paglia! —
Ed e’ rispose: — Caro signor fino,
la testa metterei ch’eli’è in camino! —
35
Salamon disse: — Po’ t’ha abandonato
e te non cura di tue grave doglie,
tal matrimonio rompere ho pensato,
ché posso far di ciò tutte mie voglie;
ed una ricca donna d’alto istato,
savia e gentile, i’ ti darò per moglie.
Ed e’ rispuose: — 1 non credo che sia
piú sufficiente donna che la mia. —
IX - MADONNA LIONESSA
36
E cosi cavalcavan ragionando
che presso a Roma a tre miglia arriváro:
e ’l papa e’ cardinali e gli altri, quando
l’ebbon sentito, incontro si gli andáro;
e, ’n sulla strada insieme riscontrando,
il papa e Salamon si salutaro.
Dicea il papa: — Ben venga il signor mio!
Ed e’: — Ben venga il vicario di Dio! —
37
E, poi ch’alquanto in Roma fue posato,
il papa fece con lor concestoro,
e fe’ che ’l chericato ivi adunato
gli diede centomillia fiorili d’oro.
Parlamentando il papa gli ha parlato:
— 1’ non so quanto farete dimoro;
ma io intendo che per ogni verso
legge mutiate in tutto l’universo;
38
e tórre al chericato e’ benefici,
e darci poi asprissima sentenza.
Se riparare si può ta’ giudici,
provveggia in ciò la vostra sapienza. —
Salamon disse: — In Dio e veri ufici
vivete casti c fate penitenza,
e lussuria lasciate e’ buon bocconi :
i’ pregherò Iddio che vi perdoni. —
39
Da Roma si parti colla secura,
e tanto cavalcò che giunse in Siena;
lá onde il chericato per paura
partire il fece colla borsa piena.
E ’l chericato fiorentin procura,
di sua venuta, gran gioia ne mena;
incontro gli si fe’ con grandi onori.
In Firenze smontò a’ Frati minori.
40
E riposati alquanti giorni poi,
i cherci fiorentini il dimandáro:
— Dicci se lo giudicio tocca a noi,
o se per nostro inciampo ci è riparo. —
Salamon disse allor: — Si come voi
siete principio al dolore e all’amaro,
sarete i primi che il Signor superno
vi manderá nello prefondo eterno. —
41
A’ prior disse: — Questa vostra terra,
chiamata «fior», farò che fará frutto;
ma, prima che sia, se ’l mio dir non erra,
dovizia avrete di pianto e di lutto. —
Ed il consiglio co’ prior si serra:
alcun dicea che volea ch’ai postutto
e’ fusse presentato riccamente:
chi n’era lieto, e chi n’era dolente.
42
In ringhiera levossi un calzolaio
e disse: — Io dico ch’ai signor reale
non si die tanto che vagli un danaio,
po’ch’egli il manda il re celestiale;
ma, se ognun vuole istare allegro e gaio,
pigliamo il bene e lasciamo ogni male,
e ’l Signor ci dará stato perfetto. —
Ciascun rispose e disse: — Egli ha ben detto. —
43
Partissi Salamone e andò a Gagliano,
la sera se n’andò sanza menzogna:
e riguardando intorno il Capitano
conobbe ch’era il camin di Bologna.
E parlò e disse: — Signor mio sovrano,
licenzia v’adimando con vergogna,
ch’io possa ritornar in mio paese,
ché mio nimico è il popul bolognese. —
44
E Salamon allora prese a dire:
— Di questo fatto il miglior prenderemo:
quando tutta la gente fie a dormire
verrai a me, e ciò consiglieremo. —
Quand’e’ fu tempo, ed e’ per ubbidire
andò a lui nella cambera; allo stremo
d’andare a letto, trovò Salamone
ignuda, e disse: — Ben vegna il barone. —
45
E poi la man sulla spalla gli ha messa,
e disse: — Come ha nome la tua sposa? —
Ed e’ rispose: — Ha nome Lionessa,
ch’i’ bramo di veder sopr’ogni cosa. —
E’ disse: — Guarda s’io somiglio ad essa; —
ed e’ guardò con faccia vergognosa,
po’ disse: — Signor mio, santa Corona,
veder mi par la mia donna in persona. —
46
Disse ’l barone: — A mente non mi reco
se non che siete della santa fede,
ché corpo uman non potrebb’aver seco
tanta bilta quanto Iddio vi concede. —
Diceva Salamon: — Or, coni’è cieco
chi non conosce il suo, quand’egli ’l vede;
eh’ i’ son tua donna e tu se’ mio marito. —
Ed e’ per gioia cadde tramortito.
47
Come fu risentito di presente,
subitamente s’andáro nel letto,
ed abbracciar l’un l’altro istrettamente
e tutta notte stettero in diletto.
Al mattili Salamon tutta sua gente
accomiatò, dicendo: — I’ son costretto
d’andare al paradiso luziano,
dove non può venir niun corp’umano.
48
Contento di bon’ar’ciascun si parte,
e Salamon, ch’avie mutata gonna,
secondamente che dicon le carte,
tornò a Melan vestito come donna.
Come fu giunto, scrisse in ogni parte,
insino al papa, del mondo colonna:
«Nel paradiso luzian mi ritruovo,
si come piace a Dio, per cui mi muovo».
49
Ad ogni chiesa suo’ libri rendette,
e conobbe da Dio grazia infinita.
Enfin ch’ai mondo col marito stette,
si fèro insieme santa e buona vita,
e chiese e monester fér diciaselte;
ed ebbon paradiso alla partita,
alla qual ci conduca il Salvatore. —
Antonio Pucci il feci, al vostro onore.