VII

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VI VIII

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VII.

Un quaderno colla copertina di velluto oltremare; in alto: Remembred; sotto: Lydia, in argento, sormontato da una piccola corona.

Nella prima pagina un mazzetto di erbe montanine tenute insieme con un filo di seta rossa; più in giù alcuni versi cancellati, dei quali non si arriva a decifrare che i due primi:

Oui, je suis coquette,
Vous le saviez pourtant...

Poi una lunga fila di promemorie scritte con una calligrafia alta, quadrata, tutta ad angoli, [p. 110 modifica] calligrafia brutta e di gran moda, che era costata a Lydia una fatica grandissima.

1° Andare dalla sarta per vedere se tiene ancora di quella péluche celeste rigata in color muschio — una sottana.

2° Domandare ad Eva se, a Londra, è più accreditata la casa di profumeria Atkison o Rimmel — provvedere due boccette di estratto peau d’Espagne e mezza dozzina di sachets per cucire negli abiti.

3° Mandare Sapho al giovane Leonzio... — un Gaussin, quello!

Paris: Parfumiere Ninon, rue 4 septembre.

5° Sabato, conferenza sull’ultima spedizione d’Africa. Andarci sì o no? Se ricevo il cappello che deve spedirmi madame Colombin, sì. Diversamente, a quoi bon?

6° Ricordarmi di fare un complimento all’antipatica signora Moriani sui suoi ricevimenti del martedì. Une tuile.

7° Deve essere proprio impossibile andare [p. 111 modifica] alla rappresentazione di Niniche? Persuadere mamma: lo zio verrà poi.

26 dicembre.

Sono le due di notte. Giustina (finalmente) si è ricordata di lasciare aperto il calorifero, così la mia camera è calda come un piccolo nido, e profumata in causa dell’ylang-ylang che rovesciai nel fare toeletta; al di sopra di questo profumo delicato la peau d’Espagne, cucita tra la fodera della mia pelliccia, fa sentire la sua nota impertinente... Dei cinque sensi, l’odorato è quello che mi sembra il più idealmente carnale. È certo che il naso non potrebbe suggerirci un pensiero, tuttavia mi pare che non avrei difficoltà a scrivere un bozzetto, una novellina, un romanzo... Positivamente, non ho voglia di andare a letto: l’argomento lo troverei subito pensando allo spettacolo di questa sera.

Che bozzetto verista uno studio sulla Capitelli, per esempio. Dal mio posto la si [p. 112 modifica] vedeva tutta (accettando la frase nel suo ampio significato); che cosa sarà stato poi in piccionaja! È vero che aveva sulle spalle, per sostenere in qualche modo la nube rosea che le serviva d’abito, una rete di perle larga tre dita... Rambaldi le era sempre al fianco, imbecille!

Che effetto avrà ottenuto il mio corsage? Dubito che sia una po’ troppo alto di dietro; cogli scolli che usano quest’anno, le male lingue potrebbero sospettare che ho il dorso mal fatto; ma, à bonne revanche!

Quello che proprio non arriverò mai a capire sono le smanie del tenore e i sospiri della prima donna. Che gente sono, da che mondo vengono, dove le hanno pescate tutte quelle frasi d’amore, quegli strazi, quelle lacrime? C’è qualcuno che finge di comprendere; per parte mia confesso che mi sembrano matti. Non deve sembrar matta, anche alla Capitelli, una donna che si reca, di notte, sotto alle [p. 113 modifica] forche, cercando un’erba che la guarisca dal mal d’amore? Eppure la Capitelli agitava il suo ventaglio, approvando, tutta attenta alle furie del baritono, ai singhiozzi del contralto, ai fremiti del tenore, mostrando una commozione intelligente per tutti e tre.

La situazione del palcoscenico non era molto differente da quella del pubblico; un palco sì e l’altro no chiudevano Riccardo Renato ed Amelia; ma a nessuna di quelle Amelie sarebbe venuta in mente la funebre passeggiata e, per verità, a ben pochi Renati quel funesto ballo in maschera. Gli amanti poi! Chi mi dà un amante come Riccardo? Gherardi forse? il gentlemen jokey che dichiara di preferire le stalle ai boudoirs? Calmi, che vedrebbe una donna morir d’amore a’ suoi piedi senza smettere l’eterno sorriso di scettico? Benelli, che adora sè stesso condensato ne’ suoi articoli? C’era Giavazzi molto intento allo spettacolo, ma perchè una delle coriste [p. 114 modifica] è la sua amica del quarto d’ora. E i due marchesini Strutti, senza pelo al mento, che parlano in esse, con quella carnagione a bitorzoletti, col nodo dell’ugola grosso come una noce, le unghie lunghe e un cerchietto d’oro ai polsi? Ah! nessuno mi farà credere che possano in nessun momento della vita delirar d’amore. E nemmeno deve essere un appassionato amante Carlino Beolchi; tutto compreso dei suoi milioni, della sua villa, della sua pariglia e de’ suoi capelli che cadono.

Per quanto io guardi intorno a me gli uomini sono tutti, più o meno, così; e le donne anche. Ma dove dunque vanno a pescarli questi drammi d’amore? E se esistettero veramente in qualche plaga del mondo, dov’è la loro tomba? Dov’è la tomba dell’amore? Certamente essa giace, insieme al manto di Ernani e alla scala di Romeo, nei vecchi attrezzi da teatro. Comincio ad aver sonno.

Chi sarà stato quel giovane bruno, perduto in fondo al palco di Eva? [p. 115 modifica]

2 gennaio.

Molti balli in vista; conviene tenerne nota. Per il 15 sauterie in casa Strutti; al 18 ballo di bimbi dalla marchesa Orombelli; 1.° febbraio gran ballo dai Castel Gabbiano; 14 altro ballo dalla signora Mondragon. E poi alle viste un paio di bals masqués senza contare i thé dansants.

Tre toelette nuove ci vogliono subito; ai costumi c’è tempo da pensarci. Per la festa dei Castel Gabbiano vorrei proprio essere splendida. Devo decidermi per un crêpe vieux rose tutto sparso di perline iridate, o per un surah celeste fondant, a fascio color d’argento?

3 gennaio.

Sono contenta di me stessa; è certo che ho compito una bella azione. Ho dato al marchese Gherardi cinquanta lire per le cucine economiche. Non l’ho ascoltato, quando mi spiegava lo scopo, non so dunque bene di che cosa si tratti; ma infine è una beneficenza. Gherardi dice che pubblicheranno il mio nome sul [p. 116 modifica] giornale; è giusto. Sono persuasa che mammà rimborserà subito il deficit del mio borsellino.

5 gennaio.

Ho saputo chi è il giovane bruno visto per la prima volta nel palco di Eva. Si chiama Mario Avella, è siciliano, povero; è ingegnere o studia per ingegnere; non so bene. Dicono che abbia molto talento. È bello, ma troppo serio.

8 gennaio.

Vi sono delle giornate uggiose, veramente insopportabili. Incominciò Giustina a pettinarmi male, mi rovesciai un’unghia nell’aprire un tiretto, lo zio mi fece dello osservazioni, ho perduto un zaffiro al mio anellino e nevicò tutto il giorno. Si può essere più disgraziati?

10 gennaio.

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La storia naturale c’insegna che l’uomo è il re degli animali... Oh sì!

11 gennaio.

Busti di madama Leoty in raso duchesse d’ogni colore: crème, rosa thè, fleur de lys, [p. 117 modifica] hèliotrope, ecc., a lire 40; laccetto assortito al colore.

Domani mattina alle ore dieci funerale del conte Colombo; che idea di seppellirlo così per tempo! Ma sarà un funerale interessante.

16 gennaio.

Graziosa la sauterie di ieri sera. Se quei due fratelli Strutti non fossero così stupidi... il fiore della nostra aristocrazia!

Si parla tanto di educare la donna, di istruire la donna, di elevare la donna. Trovo che questo è un disinteresse grandissimo da parte degli uomini.

Chi oserà dire ancora che sono egoisti?

19 gennaio.

Carina ieri sera la piccola Lilì Capitelli vestita da bergère Vatteau.

— Divertiti — io le dissi — intanto che sei piccina.

— Oh! — rispose, agitando il braccino nudo in atto di sfida — mi divertirò ancor più quando sarò grande come mammà. [p. 118 modifica]

— Carina, carina!

Le dovevo questo complimento per equilibrare la perfidia che lanciai contro sua madre. Calmi, in presenza di molti altri, mi domandò se conoscevo il costume indossato dalla signora Capitelli: Certamente, risposi, non vede che rappresenta la Carità? — a furia di vestire gli altri, lei è rimasta senza.

20 gennaio.

Thèa baronessa von Stern è venuta in Italia per la morte del padre. È in stato interessante e mi parve molto brutta; veramente, quale donna è bella in quello stato? È una mostruosità. Se mi marito voglio mettere nel contratto: «a patto di non aver figli.»

25 gennaio.

Cinque giorni coll’infreddatura; se non sono morta di noia è un miracolo. L’infreddatura deve essere certamente uno dei mali peggiori, creati apposta per far dispetto; perchè non è da credere che una signora possa rassegnarsi [p. 119 modifica] facilmente ad avere il naso rosso, gli occhi gonfi, la voce gutturale, la perdita del gusto e dell’olfatto, tante miserie in una volta sola. Non manco la festa per un cappello, ma se la mancavo era proprio il caso di disperarmi.

29 gennaio.

Nè abito vieux-rose, nè abito celeste. Una nube, un vapore, un sospiro, un fiocco di neve, un poema di tulle bianco infine; per ornamento cinquanta franchi di violette fresche.... una trovata!

30 gennaio.

Ancora due giorni.

31 gennaio.

La duchessina di Castel Gabbiano avrà un abito preciso al mio, colle rose invece delle viole. Spero che starà male, perchè la rosa è triviale in confronto alla violetta, ma intanto la mia idea è sfruttata... perchè non ho una bacchetta magica in mio potere?

1 febbraio.

Finalmente!... [p. 120 modifica]

3 febbraio.

Come è insulsa la vita! Come sono tutti sciocchi, vani, presuntuosi, noiosi! So volessi dire che gli uomini valgono uno zero, mi metterei in un grave imbarazzo, perchè dove trovare una cifra più in giù per le donne?

4 febbraio.

Ho ancora un avanzo di mal di testa. Stupida, stupida la vita.

15 febbraio.

Che bel sole! Splendida giornata. Il mio cappellino bolero sul fondo color avorio della calèche ha ottenuto un successo grandissimo.

Quel petit crevè di Giulio Lante mi ha rubato il mio guanto; sono contenta che era profumato.

16 febbraio.

Che cosa fa quel personaggio misterioso di Mario Avella? Lo vedo un po’ qui, un po’ là, sempre in mezzo alla gente e sempre solo, coll’aria di guardare le nuvole. Ecco un [p. 121 modifica] giovane, per esempio, che forma eccezione; è bello e non è sciocco, ha ingegno e non è vano: sta nel mondo e non è blasé; è elegante senza essere leggero; è serio senza pesare. Siamo, su per giù, una quarantina di ragazze della buona società... ce lo giuocheremo a sorte.

19 febbraio.

Il parait qu’il y a des femmes... impossible à écrire. Ma sarà vero?

19 febbraio (sera).

Vorrei per ventiquattro ore essere un uomo. Solamente ventiquattro ore, per sapere; a patto di ritornare donna... Non potrei rinunciare alle mie mani ed a’ miei piedi.

3 marzo.

Stavo preparandomi per andare al corso delle maschere. Castel Gabbiano, i due Strutti, Carlino Beolchi, Giulio Lante, perfino quel grosso rusticone di un marchese Gherardi, mi avevano promesso dolci e fiori a valanghe. (Credo che Castel Gabbiano si ostini ad [p. 122 modifica] essere innamorato di me, perchè ha una gelosia orribile di Giulio Lante; mi divertono tutti e due). Infilavo i guanti, quando mi capitò Costanza. Bisogna dire ch’io le voglia bene davvero perchè la sua comparsa, anche in quel momento, mi fece piacere; e siccome le dovevo una specie di dédommagement per la mia brusca fuga di quest’autunno, le gettai le braccia al collo. Sotto le pieghe del suo rigido mantello all’inglese, di una ruvidezza da frate zoccolante, mi colpì la gracilità del suo corpo, la guardai in faccia e mi parve ancor più pallida e sottile. I suoi occhi azzurri avevano la solita espressione serafica, gettata come un velo sul lampo di una volontà indomabile. Si fermò poco; mi disse che era venuta in città per vedere un nipotino ammalato, ma che tornava subito alla sua valle, nella casa triste e severa, dove ha passato l’inverno sola con sua madre. Non ebbi il coraggio di trattenerla. [p. 123 modifica] Ella partì, e mi parve che avesse lasciato nella mia camera un soffio gelato, più immaginario che reale, come si devono sentire nelle ampie chiese gotiche, all’alba...

M’era quasi passata la voglia del Corso. Per fortuna avevano attaccato il coupé; dico per fortuna, perchè non ho mai riso tanto. Quei giovinotti sono amenissimi quando ci si mettono; sicuro che bisogna lasciarli parlare...

4 marzo.

All right! Stanotte, domani, dopodomani ancora. Sono mezzo morta dalla stanchezza, quantunque stia a letto buona parte del giorno. Purchè non mi vengano le pesche agli occhi, all right!

7 marzo (quaresima).

1.° Mandare dalla sarta.

2.° Due sachets di peau d’Espagne. È possibile che vi sieno ancora donne capaci di portare mezzelune di gomma elastica sotto le ascelle? [p. 124 modifica]

3.° Mandare a prendere Les Caresses di Jean Richepin; mi hanno assicurata che è molto interessante e un po’ scabroso, ma non occorre dirlo allo zio, nè ad altri. Il pudore dei libri è come il pudore personale: non si arrossisce di essere nudi quando non c’è nessuno che ci vede.

10 marzo.

Sale, sale, sale!

11 marzo.

In visita dai Lante c’era la Capitelli. Invecchia, se Dio vuole; vedevo alcune rughe sotto la velettina bianca ben tesa e l’abito nero non riusciva a rendere snella la sua vita che diventa ogni giorno più massiccia. È strana quella specie di densità, quella pasta opaca che inviluppa una donna quando non è più giovane; si direbbe un velario che scende a commedia finita...

14 marzo.

In un crocchio di signore maritate parlavano degli uomini, male, s’intende. Mi [p. 125 modifica] avevano dimenticata, ed io stava zitta. La buona marchesa Orombelli colla sua calma inalterabile di donna grassa e di madre prolifica tentò di difenderli. — Per carità! — esclamò una signora togliendo tutte e due le mani dal manicotto e levandole al cielo — gli uomini sono un po’ come i coltelli usati; bisogna sempre rimetterci o la lama o l’impugnatura. Mi piace questa definizione.

18 marzo.

La Visita di nozze l’ho gustata immensamente. La Duse è stata inarrivabile; ma mio zio era comico addirittura. Egli credeva che io non credessi... infine, il poveruomo mi ha divertita più ancora della commedia di Dumas.

19 marzo.

È deciso. Gran festa in costume per la chiusura della quaresima.

Quanto ridere ieri con Lante! Si sfogliava un album di fotografie artistiche per trovare [p. 126 modifica] l’ispirazione del mio costume. C’era la Tuffolina del Tabacchi, e Lante pretendeva che io le assomigliassi tutta, quando mi vide a Livorno a prendere i bagni. Par exemple! I miei calzoni non erano così corti.