PROLOGO: Come ritrovai il manoscritto caduto dal cielo

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PROLOGO: Come ritrovai il manoscritto caduto dal cielo
Luna paese incomodo Come fu iniziata la grande impresa. Nascita del razzo lunare
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PROLOGO


Come ritrovai il manoscritto
caduto dal cielo.


Un giorno, mentre andavamo a vela, io e l’amico Geraldo detto Sardella, lungo la costa elbana dalla parte di Procchio, ci accadde di trovare, adagiato sul pelo dell’acqua, un curioso oggetto, tra la bottiglia del termos e la palla di cannone da 75; un fuso metallico insomma, che, contro tutte l e regole della gravità, galleggiava. Dopo averlo tirato a bordo, capimmo il perché di quell’apparente stranezza: l’oggetto era metallico, è vero, ma era vuoto, e, nonostante le sue rispettabili dimensioni, doveva pesare molto meno dell’acqua spostata dal suo volume. ·

Sardella, che aveva perduto un hraccio e un occhio nel lanciar bombe ai pesci, disse che quello era, di sicuro, un apparecchio esplosivo per la pesca clandestina e mi consigliò di ri[p. 6 modifica]buttarlo in mare. Io però, con l’ostinazione degli ignoranti, non seguii il consiglio dell’amico pescatore e anzi seguitai a palleggiarmi tra le mani quel coso, liscio e lucido proprio come un proiettile. Ora, nel guardarlo, mi accorsi di una fenditura sottilissima che girava torno torno al cilindro, poco prima del fondo: e, come sarebbe successo a chiunque, credetti di aver fatto una grande scoperta.

— Torniamo a terra, Sardella; andiamo da Musonero, mettiamo questa scatola nella morsa, e cerchiamo di aprirla....

Il mio amico pescatore scrollava il capo.

— Ve lo dico io: se voi cercate di svitare il tappo di codesto aggeggio, salta in aria ogni cosa....

— Faremo per benino, girando con garbo.... Ma perché, poi, ti ostini a scambiarlo per una bomba?

— O che volete che sia? Una scatola per le caramelle?

— Insomma, vedremo.

— Sentite, non ve l’abbiate a male, ma quando voi cercherete di aprire questa macchina, io me ne starò lontano. Di guai, per la mia stupida smania di maneggiar le bombe, ne ho avuti anche troppi.... [p. 7 modifica]L’oggetto era metallico, è vero.... [p. 9 modifica]

A Procchio andammo dal fabbro Musonero, che acconsentí ad aiutarmi nella delicata operazione. Però aveva paura anche lui; avanti di sistemare il cilindro metallico nella morsa, si fece il segno della croce, e aggrottando le ciglia mi sbirciò per bene; poi mi disse:

— E ora? Scoppierà?

Per respingere una certa inquietudine che adesso mi saliva su su fino alla gola, finsi di ridere, e risposi, risolutamente:

— No.

Il fabbro, agguantato quel misterioso oggetto tra le manacce tutte calli e grinze, si sforzò di girarlo intorno alla sua base. Gli si gonfiarono le vene delle braccia e del collo, la fronte gli si imperlò di sudore.

— È duro — brontolò da ultimo, afferrando una gigantesca tenaglia a denti. — Vediamo se in questo modo....

Sardella, fuori dell’uscio della bottega, ci gridò:

— Attenti! Ora scoppia di certo!

Ma non scoppiò nulla. Il cilindro invece cominciò a girare pian piano su una grossa impanatura e finí, dolcemente, col separarsi dal fondo. Allora il fabbro mi pòrse, con aria soddisfatta , quella specie di serbatoio metallico: io lo [p. 10 modifica] rovesciai, lo scossi e.... indovinate! ne uscirono un rotolo di carte e un sacchetto che conteneva pianticelle, strani insetti disseccati, e qualche sassolino.

— Vedi? — dissi a Sardella, — questo non è un apparecchio esplosivo: è un astuccio.

Sardella, sicuro dello scongiurato pericolo, entrò in bottega e si mise a osservare le cose contenute nel cilindro; ma l’esame non lo convinse, e dopo un gran riflettere, borbottò:

— Non sarà una bomba per la pesca: ma io non mi fiderei ugualmente.

Che cosa potevo ribattere a quel cocciutaccio? Svolsi il rotolo delle carte pian piano, e le stesi sul banco del fabbro, il quale frattanto rimuginava una sua ipotesi molto più logica di quella di Geraldo.

— Secondo me — mugolò, finalmente — queste sono le carte di un qualche viaggiatore che avanti di far naufragio, le ha buttate in acqua. Cose che succedono, perché le ho lette in un vecchio libro di viaggi. Ma allora, a quei tempi, si usavan piuttosto le bottiglie.

Approvai col capo, mentre scorrevo rapidamente, con l’occhio ansioso, la prima riga di un manoscritto in lingua latina:

«Narratio itineris ad Lunam»

[p. 11 modifica]Ne uscirono un rotolo di carte.... [p. 13 modifica]

— Che vuol dire? — domandò Sardella.

— Vuol dire racconto di un viaggio alla Luna.

— Allora è uno scherzo.

— Non lo so.... Qui, in fondo al manoscritto, leggo tre firme: professor Nicola Piccardi (Ancona); dott. Max Boering (Hannover); dottor James Hebert (San Francisco)....

— Allora, che si fa?

— Non c'è da fare molto. Basterà leggere il manoscritto.

— Per me, dev'essere un pesce d'aprile.

— Chissà. In ogni modo mi permetterai, spero, di leggere questa roba.

— Per me? Padrone! Ma la pesca?

— Sicuro. Ora si torna in barca. Tu peschi e io leggo.

— Allora si va?

— Certamente si va.

Di lí a poco, mentre la barca di Geraldo filava nel canale di Piombino, io scorrevo il manoscritto che oggi pubblico integralmente, nella fiducia che i lettori vi possano ritrovare quei motivi di interesse e di commozione, che vi seppi trovare io. Si è parlato tanto, in questi ultimi tempi, di razzi da lanciare nella Luna e [p. 14 modifica]di tentativi per attuare la navigazione nello spazio siderale, che il resoconto di un riuscito viaggio nel nostro satellite non potrà non provocare curiosità e maraviglia nella vasta massa di coloro che seguono attentamente e appassionatamente i progressi della scienza e le straordinarie audacie degli inventori e di pionieri. Che questo resoconto di un viaggio oltre i confini del nostro mondo sia proprio autentico, non posso: naturalmente, assicurare. Ma, riflettendoci sopra, anche oggi, dopo aver riletto il manoscritto piovuto dalla Luna, io mi domando: «Perché si dovrebbe pensare a una finzione o ad uno scherzo? Quale scopo avrebbero avuto gli autori di queste piacevoli cronache nel fingere fatti, cose e persone, inscenando la commedia di un proiettile postale piombato da 400.000 chilometri di altezza nel Tirreno?».

Comunque, io lascio liberi i lettori di credere quel che vogliono; per me, dichiaro che se la storia di questo viaggio non fosse vera, meriterebbe di esser tale. E comincio la fedele traduzione del manoscritto, dettato, come ho già accennato più sopra, in lingua latina. [p. 15 modifica] P.S. Mi viene un’idea: se andassi a Recanati a ritrovare i nipoti del prof. Piccardi? Avrei in tal modo la certezza che questa storia non è inventata. Sicuro. Le idee semplici arrivano sempre in ritardo. Terminata la traduzione, andrò a Recanati.