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A Procchio andammo dal fabbro Musonero, che acconsentí ad aiutarmi nella delicata operazione. Però aveva paura anche lui; avanti di sistemare il cilindro metallico nella morsa, si fece il segno della croce, e aggrottando le ciglia mi sbirciò per bene; poi mi disse:
— E ora? Scoppierà?
Per respingere una certa inquietudine che adesso mi saliva su su fino alla gola, finsi di ridere, e risposi, risolutamente:
— No.
Il fabbro, agguantato quel misterioso oggetto tra le manacce tutte calli e grinze, si sforzò di girarlo intorno alla sua base. Gli si gonfiarono le vene delle braccia e del collo, la fronte gli si imperlò di sudore.
— È duro — brontolò da ultimo, afferrando una gigantesca tenaglia a denti. — Vediamo se in questo modo....
Sardella, fuori dell’uscio della bottega, ci gridò:
— Attenti! Ora scoppia di certo!
Ma non scoppiò nulla. Il cilindro invece cominciò a girare pian piano su una grossa impanatura e finí, dolcemente, col separarsi dal fondo. Allora il fabbro mi pòrse, con aria sodisfatta , quella specie di serbatoio metallico: io lo rove-