Lezioni sulla Divina Commedia/Primo Corso tenuto a Torino nel 1854/X. Carattere di Dante

Primo Corso tenuto a Torino nel 1854 - X. Carattere di Dante

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Lezione X

[CARATTERE DI DANTE]


Dante si è sentito vecchio, quando la penna gli si è illanguidita nella mano. L’entusiasmo è un fuoco sacro, che mai non si smorza nella sua anima.

Nella sua vita vi sono tre tempi. Nell’etá giovanile tutto suona di Beatrice. Appresso, entrato nelle pubbliche faccende, Firenze diviene il centro ove convergono tutt’i suoi pensieri. Da ultimo, datosi con piú acceso studio alla teologia ed alla filosofia, il suo orizzonte si allarga. Esce dalla piccola Firenze, e s’innalza ad una unitá non solo italiana, ma umana; diviene cosmopolita. Mette da canto i contemporanei, e pensa alla posteritá; non gli basta la fama, vuole la gloria. L’amore di Beatrice diviene l’amore del divino, e si purifica di ogni personalitá.

Certo, quando noi invecchiamo, siamo soliti di generalizzare, e quello che era sentimento, si trasforma in massima e sentenza. Ma qui il particolare sopravvive in una forma piú alta. E sotto alla umanitá rimane pur sempre Firenze, che fa battere il cuore dell’esule, e ve ne accorgete dalle sue stesse imprecazioni. E sotto alla Beatrice del suo pensiero sentite la Beatrice del suo cuore. E quando si mostra solo pensoso della posteritá, e si professa non timido amico del vero, non gli credete. Vi è troppa bile nella sua veritá, troppa passione nella sua giustizia. Col pensiero de’ posteri si accompagna il desiderio della vendetta, l’odio de’ nemici, l’amor di parte, la speranza del ritorno, tutti gl’interessi di quei tempi. Ond’è che la passione penetra [p. 76 modifica]alcuna volta anche in mezzo alle piú astratte speculazioni; perché sotto al tale pensiero generale ci sta Firenze, e il suo partito, e i suoi awersarii e i suoi odii e i suoi amori. Tale è il Dante della storia; con la sua parte divina ci è ancora la creta. Piaccia, o dispiaccia, poco monta; non fo una poesia, fo un ritratto.

Pure, anche quando il torto di Dante è visibile, quando si lascia ire ad accuse, ad imprecazioni senza alcuna misura, voi non potete, non dirò disprezzarlo — Dante è troppo superiore al disprezzo — ma voi non potete, voi non sapete irritarvi contro di lui. Perché vi accorgete che la sua passione è sempre sincera, che quegl’impeti gli vengono dritto dal cuore, che opera e parla con la piú profonda convinzione. E se afferma di dire il vero, crede di dire il vero, e se accusa, crede all’accusa, e se esagera, non se ne accorge.

Dante è un tipo affatto moderno, il tipo del proscritto continuatosi insino a’ nostri giorni. Con tanto calore d’anima, con tanta forza di passioni, la vita attiva gli venne meno, quando dovea sentirne maggiore il bisogno. Eccolo proscritto. Il mondo cammina senza di lui e contro di lui. Dante non vi si rassegna. Ma il cospirare con una «compagnia malvagia e scempia» presto gli viene a noia. E le azioni di questo grand’uomo sono qualche lettera inutile che scrive a quando a quando a popoli e a principi, e trattati e negozii in servigio de’ suoi protettori. Resta fuori degli avvenimenti, spettatore sdegnoso. La passione, rimasta oziosa, si concentra, e con tanta piú violenza e amarezza scoppia nello scrivere. Ora egli prorompe romorosamente come una tempesta lungo tempo compressa, ora si gitta nel fantasticare, e si profonda nella piú astrusa mistica. Diviene taciturno, malinconico, irrequieto, impaziente. Lontano dall’azione, il campo del possibile e del reale gli sfugge dinanzi; si fabbrica un mondo d’immaginazione, e vi dispone uomini e cose secondo il desiderio.

Sono i sogni de’ proscritti che i piú si portano nella tomba. Il sogno di Dante è rimaso immortale.

Perché Dante non solo fu un personaggio poetico, ma fu un poeta. E potè perpetuare il suo mondo, com’egli lo aveva concepito.