Lezioni sulla Divina Commedia/Primo Corso tenuto a Torino nel 1854/XI. Dante spirito dommatico

Primo Corso tenuto a Torino nel 1854 - XI. Dante spirito dommatico

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Lezione XI

[DANTE SPIRITO DOMMATICO]


Dante fu dottissimo. Abbracciò tutto lo scibile, senza lasciarvi orma del suo pensiero.

La dottrina era a quel tempo cosí rara, ci era mezzi si scarsi di acquistarla, che bastava essa sola a procacciar fama di grand’uomo. E Dante fu celebrato meno per la grandezza dell’ingegno, che per la copia e varietá delle sue conoscenze; perché ad estimar l’ingegno pochi hanno valore; laddove tutti giudicar possono della dottrina che è un fatto materiale. Aggiungesi che Dante stesso si teneva da molto, perché avea molto imparato; il desiderio di farne mostra è visibile nelle sue opere. Teologia, filosofia, storia, mitologia, giurisprudenza, astronomia, física, matematiche, rettorica, poetica, fece suo tutto il mondo intellettuale di quel tempo. E se vi si aggiungono le peregrinazioni, e le ambascerie, che gli porsero modo di conoscere tanta varietá di uomini e di cose, si può senza esagerazione affermare che di esperienza e di sapere avanzò tutt’i contemporanei. Né di tutto questo avea giá notizia superficiale; perché non ci è idea ch’egli non esprima con chiarezza, e con vera padronanza per rispetto al contenuto ed alla terminologia. Avea dunque sode cognizioni; e nondimeno nessuno può dire ch’egli sia stato filosofo, o fisico, o matematico, ecc. Perché a meritare davvero tal nome non si richiede semplice notizia delle cose, ma che la mente vi lasci un vestigio della sua attivitá. Ora a Dante mancò non la pazienza e non la meditazione, ma una certa libertá di spirito, [p. 78 modifica]che gli concedesse di mettersi dirimpetto al suo libro e d’interrogarlo. Fu uno spirito dommatico per eccellenza; tutto era Bibbia per lui. La scienza di allora gli parve l’ultimo motto delle cose, e pose il suo studio meno in esaminare che imparare. Accolse con perfetta credulitá i fatti piú assurdi, e gran parte degli errori e de’ pregiudizi di quel tempo. Segui l’indirizzo comune. La scienza era ancora un mondo nuovo, non del tutto scoperto; l’antichitá si levava appena sull’orizzonte; e gli spiriti intendevano piú a raccogliere, che a discernere. Era il tempo dell’ammirazione. Rimanevano prostrati innanzi a’ grandi nomi, ed accoglievano con aviditá qualunque opinione, a cui potessero attribuire una illustre prosapia. Con che ingenua riverenza Dante cita Cicerone e Boezio, messi del pari! Nel suo repertorio trovate con eguale autoritá l’Etica e la Bibbia, Aristotile e san Tommaso. Cosi a poco a poco si formò un cumolo d’idee attinte da varie fonti; con quanta concordia, nessuno se ne dava pensiero, non vi si guardava tanto pel sottile. Bastava a’ piú una sintesi provvisoria nella quale entravano fatti diversi e contrarii. Ma non se ne contentavano i grandi pensatori, i quali, gittando uno sguardo acuto in quella confusa congerie, si studiarono alcuni di porre d’accordo filosofia e domma, altri di farne sentire il contrasto. Dante appartiene alla prima scuola, alla scuola di san Tommaso. Ma è difficile trovare in lui qualche cosa di originale e di proprio, che gli assegni un luogo tra’ filosofi. Per lui è un sottinteso che i grandi filosofi dell’antichitá sieno d’accordo con la fede, ed il loro torto è non in quello che hanno veduto, ma in quello che non hanno veduto; la rivelazione non corregge, ma compie la visione. Né so, dove Kannegiesser, Witte, «Wegele hanno trovato che Dante, smarrita la fede per il soverchio amore della filosofia e caduto nel vuoto dello scetticismo, abbia nel suo viaggio allegorico voluto esprimere la sua guarigione, il suo ritorno alla fede».