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Monete de' Popoli, e Città
Monete degl’Imperatori Monete de’ Re, e Principi
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II. CLASSE PRINCIPALE


D E L L E   M O N E T E


CONIATE FUORI DI ROMA

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Le monete, che vi appartengono, sono più numerose, e sotto qualche aspetto anche più interessanti, che non quelle da noi vedute più sopra. Ben grande esser deve la quantità loro, giacché quasi ogni Città greca, per poco considerabile ch’essa si fosse, avea la sua zecca particolare, e ciò deesi intendere anche dei Re. Egli è indubitabile, che i soli nomi delle Città, Popoli, e Sovrani, de’ quali son pervenute le monete infino a noi, scendono a ben 2000. La loro prerogativa viene in parte dall’eleganza straordinaria, che vedesi in quelle del miglior secolo delle Arti, e in parte dalla materia doviziosa, che porgono alle ricerche, e osservazioni degli eruditi: mentre la Classe della moneta Romana trovasi ormai esaurita; e appena di tanto in tanto porge qualche nuovo oggetto di discussione. Perlochè gli amatori di buon gusto si attengono in oggi generalmente alla Numismatica greca.

Le Monete di questo genere si dividono 1. nella serie de’ popoli, e Città. 2. in monete dei Re, e de’ Principi di ogni grado .


S E Z I O N E   I.


MONETE DE’ POPOLI, E CITTA.


Contiene dessa 1. le monete, che diconsi Autonome, quelle cioè, le quali una Città di autorità propria fe coniare senza porvi il ritratto, o il nome di un Re, o Imperatore, quando ve ne aveano; senza cioè dare alcuno indizio di dipendenza. 2. Le monete Officiose, quelle cioè, per le quali una Città dimostrava la propria dipendenza verso degli Imperatori, o dei Re, o voleva indicare qualsivoglia altra politica relazione con essi, con rappresentare il loro ritratto o la loro iscrizione. 3. Le monete di Colonie, o Municipi. [p. 74 modifica]

§. I.

Monete Autonome.


Qualche saggio delle medesime.

„Testa di Diana dentro di una corona ornata di scudi Macedoni. )( ΜΑΚΕΔΟΝΩΝ. ΠΡΩΤΗΣ. Clava d’Ercole in mezzo a una corona di quercia, (tav. 6. n. 1.)„

L’epigrafe del rovescio dinota essere stata questa moneta coniata nella Macedonia, anzi nella così detta di lei prima parte. Allora quando Emilio Paolo General de’ Romani sconfisse l’ultimo Re Perseo, divise la regione in quattro parti. La moneta, che appartiene a questa prima parte, è comune al maggior segno: tanto più rare però sono quelle sulle quali si legge ΜΑΚΕΔΟΝΩΝ ΔΕΥΤΕΡΑΣ, oppure ΤΕΤΑΡΤΗΣ appartenenti alla seconda, o alla quarta; poiché della terza non se n’è per anco scoperta nessuna. Gli scudi del diritto diconsi Macedoni, perchè soventi volte vi s’incontrano espressi. La clava nel rovescio appartiene al culto di quell’Ercole, il quale era ivi in venerazione, perchè da esso n’eran discesi que’ Monarchi.

„Uno scudo )( ΒΟΙωτων. Un vaso, e nel campo un grappolo d’uva, e una Clava (tav. 6. n. 2.).

Moneta de’ Beozj popolo della Grecia rinomatissimo che ne tenne il primato per lungo tratto sotto i due gran generali Pelopida, ed Epaminonda. Lo scudo ritagliato, come si vede, ai due lati, era un’arma tanto propria di quella Nazione, che il vederne taluno così fatto sulla moneta, basta per dichiararla Beotica. Il grappolo, e la clava dinotano quel Bacco, ed Ercole, che aveva avuti i natali in Tebe la Capitale di Beozia.

„ΤΑΡΑΣ. Un giovane cavalca un Delfino )( Due giovani a cavallo. (tav. 6. n. 3.)

Ταρας è il nome greco di Taranto citta della Calabria: una volta potente, e famosa per il lusso, e la mollezza. Il giovine portato dal Delfino é Taranto figlio di Nettuno, quello, da cui la città trasse il nome. Il rovescio allude all’eccellente esercizio di Cavallerizza, della quale i Tarentini erano maestri, emulati, e imitati perciò da tante altre popolazioni, che volendosi esprimere l’arte dell’equitazione si adoperava il verbo greco ταραντίζειν taranteggiare. Ad assicurarsi [p. 75 modifica]delle dovizie antiche di Taranto bastano le numerose ed elegantissime sue monete d’oro e d’argento.

„ΑΡΕΘΟΣΑ. Testa di Donna avvenente con chioma sparsa )( ΣΥΡΑΚΟΣΙΩΝ. Un giovine in un cocchio a quattro cavalli in piena corsa vien coronato da una vittoria, che gli vola incontro (tav. 6. n. 4.).

Siracusa quella rinomata, e superba Metropoli antica della Sicilia, la quale viene senz’altro dubbio riputata la più sontuosa delle greche Città, è in oggi ancora il Perù degli Antiquari Medaglisti. Ne provengono tante monete d’oro, d’argento, e di tanta ragguardevole mole, che sorpassano in eleganza, e buon gusto quanto aver si possa di bello in tutto il regno Numismatico. Il diritto rappresenta il simbolo di Aretusa fonte vicina alla Città, ed al mare, fonte da Siracusani avuta per una Divinità, e della quale si sono fatta i Poeti una delizia, che accese il loro estro a comporne Romanzetti galanti sul di lei antico stato di Ninfa. Per questo l’artista la dipinse di venustissima forma secondo il gusto consueto de’ Siciliani di esprimere in giovenile vago sembiante i loro fiumi e fonti. Il rovescio, secondo l’uso della lor moneta, rappresenta il tipo allegorico della Vittoria riportata nel corso delle quadrighe. Αρεθοσα, Συρακοσιων viene espresso in dialetto Dorico in luogo di Αρεθουσα, e Συρακουσιων.

„Testa di Minerva )( ΑΘΕ . ΝΕΣΤΩΡ . ΜΝΑΣΕΑΣ . Civetta in piedi su di un vaso giacente. Il contorno é formato di una corona di ulivo (tav. 6. n. 5.).

Tali erano le monete comuni di Atene. Minerva, e la di lei Civetta ne aveano preso un possesso quasi esclusivo; poiché gli Ateniesi la riguardavano come loro Dea tutelare fin dai tempo, che la Città loro dopo la famosa tenzone con Nettuno le era toccata in sorte, e ne portava anzi il nome, che in greco dicesi Ἀθηνᾶ. Queste monete ebbero la denominazione di Civette per esservi figurato un tale Augello, come più sopra osservammo. Il conio riguardato coll’occhio dell’arte appena giunge alla mediocrità; e quando si voglia paragonarlo con tutti quegli altri, che dalle Città greche contemporaneamente sortivano, potrebbe abbandonarsi nell’infima classe, circostanza tanto più notabile trattandosi di un’Atene, dove le bell’arti regnavano come nel loro trono. Veggonsi per lo più varj Magistrati nel rovescio [p. 76 modifica]di tali monete. Nestore, e Mnasea sono i due nominati nella presente

„Testa di Ercole laureata )( ΛΑκεδαιμονιων. Un vaso fra le due berrette dei Dioscuri (tav. 6. n. 6.).

Questa moneta è di Lacedemone, ossia Sparta. Dissi già, che Licurgo di lei saggio Legislatore abbiale accordata unicamente la moneta di ferro. Di veramente antiche nessuna in fatti ne abbiamo, sia di argento, sia di bronzo. Una tale di lui circospezione però non sortì l’effetto bramato. Gli Spartani si lusingarono di non contravenire a quella Legge col servirsi della moneta altrui in difetto della propria. Pausania di fatti attesta, ch’eglino furono i primi a valersi del denaro, come di una delle astuzie militari per corrompere i loro nemici. Trascorsi poi totalmente i confini della istituzione di Licurgo, si fecero lecito altresì di batter monete in diversi metalli, fra le quali è da computarsi questa in argento. Il diritto rappresenta Ercole, dal quale per via di Procles, ed Euristhenes discendevano i re loro. Le berrette dal rovescio erano il simbolo ordinario dei Dioscuri figli di Giove, cioè Castore, e Polluce. Hanno ciascuno al dissopra una stella, perchè amendue questi Dei erano stati ammessi nel Zodiaco sotto il nome di Gemelli. Erano in gran venerazione a Sparta, siccome nati da Leda Spartana. Per questo titolo altresì costumavasi colà di giurare nel loro nome.

„ΟΜΗΡΟС. Omero sedente tiene una carta rotolata nella sinistra )( СΜΥΡΝΑΙΩΝ, scritto in mezzo di una corona di quercia (tav. 6. n. 7.).

Questa moneta di bronzo fu coniata a Smirne città ragguardevole dell’Ionia. I Greci avean tutto l’impegno di mettere nella più eminente comparsa la loro patria, rappresentando le imprese più gloriose, e i personaggi di maggior grido, che aveano distinta, e illustrata l’antichità. E’ nota la gara delle sette Città sull’aver dato ad Omero i natali. Sulle altre ne pretendevano gli Smirnesi la preferenza: Mostravano vicino al Meles fiume, che passa dinanzi a Smirne la grotta, ove il gran poeta stava a comporre. Producevano l’etimologia del nome stesso del fiume, in grazia del quale Omero venne denominato, siccome è noto, Melesigenes. Tanto per questa, come per altre presunzioni gli venne eretto in Città un Tempio, e coniata a di lui [p. 77 modifica]onore questa moneta, in grazia del cui ritratto corre sotto il nome di Omerica.

„ ΚΥΡΑ. Testa barbuta con corno di ariete )( L’albero Laserpizio (tav. 6. n. 8.)

Cyrene, in dialetto Dorico Cyrana, è la patria di questa moneta. Sorgeva sulla costa marittima dell’Africa fondata da alcuni Spartani vagabondi, all’epoca nella quale, i Greci andavano omai in ogni parte in traccia di gloriose avventure. In nissun luogo meglio di colà riuscirono i Greci; poichè il suolo v’era così prodigo de’ suoi doni, che se ne attribuiva tutto il merito piuttosto al Cielo, fra il quale, e la Cirenaica, secondo il proverbio, correva appena qualche intervallo. Una circostanza sì favorevole procacciò predilezione, e dovizie per l’Arti Belle. Di amendue questi pregi fanno fede le di lei monete, che vogliono essere ammirate non tanto per l’oro, e l’argento, quanto per il loro elegante disegno. Nel dritto di questa v’è la Testa di Giove Ammone, che sotto a un tal nome appare sempre così cornuto. Il di lui Tempio, a cui la metà dell’universo ricorreva a chiedere gli oracoli, non era da Cirene discosto, gran tratto. Il rovescio porta la celebre pianta Laserpizio il σιλφιον de’ Greci, della cui utilità menarono gli antichi uno straordinario rumore. Non prosperava tanto in altre parti, quanto a Cirene; e perciò venne preso a simbolo Nazionale.


§. II.

Monete officiose.


Il numero delle Monete, che pei ritratti di un’Imperatore, di un’Augusta, o di un Cesare appartengono a questa Classe, è mirabile. Questa serie però spira quasi onninamente con Gallieno. Io ne darò un unico saggio.

„ Λ. ΑΥΡ. ΚΟΜΟΔΟΣ . ΚΑΙСΑΡ. La testa nuda di Commodo giovanetto )( ΑΡΤΕΜΙС . ΕΦΕСΙΩΝ Diana Efesina in piedi fra i due cervi, (tav. 6. n. 9.)

Questa moneta appartiene ad Efeso Città dell’Ionia tanto rinomata. L’Epigrafe dal diritto è: Lucius Aurelius Commodus Caesar, figlio di Aurelio. Comparisce a testa nuda senza laurea, perchè non portava per anco il titolo di Augusto detto in greco Σεβαστός che davasi ai Cesari solo dopo [p. 78 modifica]la morte degli Imperatori; o per qualche nomina affatto straordinaria. L’epigrafe del rovescio dice: Diana degli Efesii. Allude al di lei simulacro totalmente bizzarro, che adoravasi anco dalle popolazioni più remote in quel suo tempio Efesino, il quale avea costato interi secoli di fabbricazione, e passava per una delle sette meraviglie dell’Universo.

Sul medesimo gusto posero varie città sulle monete loro il ritratto di quei Re, co’ quali aveano una tal quale relazione, come fecero Sidone, Tiro ed altre, ponendovi la testa dei Monarchi della Sorìa. Al solito però vengono tali monete disposte a parte nella serie dei Re.


§. III.

Monete di Colonie.


A questa classe quelle monete soltanto appartengono, che portano il nome di Città, per comando dei Romani erette in Colonie, o che ottennero da essi il privilegio del Jus Municipale. Da un tale cangiamento in poi l’epigrafe ordinariamente fu Latina, anche in quelle parti, dove dominava l’idioma Greco. Ve ne furon però alcune poche, le quali vollero ritenere l’epigrafe greca, e perciò truovasi scritto in quelle COL, o in queste ΚΟΛ. siccome iniziali del vocabolo Colonia. Anche in questa Classe vi sono delle monete autonome, delle quali però il numero è limitato. La più parte come osservammo di sopra rappresenta la testa di un’Imperatore, di un’Augusta, o di qualche Cesare dell’Imperiale famiglia. La durata loro ordinaria finisce altresì in Gallieno. Ecco una moneta della specie indicata.

„ IMP. GORDIANVS. FEL. AVG. Testa dell’Imperator Gordiano Pio con corona radiata )( P. M. S. COL. VIM. Genio muliebre in piedi, che tiene colla destra un vessillo, nel quale v’è il numero VII., nella sinistra un’altro col numero IV. A piedi vedesi un toro alla dritta, ed un Lione alla manca; al disotto AN. IIII. (tav. 6., n. 10.)

L’epigrafe dritta si supplisce così: Provinciae Maesiae Superioris COLonia VIMinacium. La Colonia di Viminacio giaceva sul Danubio detto Ister, dove oggi é il borgo o villaggio di Ram nella Servia, fu eretta in Colonia da Gordiano, [p. 79 modifica]presidiata da due Legioni la IIII., e la VII. l’iscrizione inferiore AN. IIII. dinota, che la moneta era stata coniata il quarto anno della fondazione di quella Colonia. Di tali monete è incredibile il numero che se ne rinviene particolarmente in Ungherìa.

Son dell’istesso gusto le monete inscritte PROVINCIA DACIA.


Note