Lezioni di analisi matematica/Capitolo 5/Paragrafo 19
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Capitolo 5 - Paragrafo 18 | Capitolo 5 - Paragrafo 20 | ► |
§ 19. - Definizione di determinante.
I determinanti si considerano come simboli comodi a scriversi per indicare certe quantità che ora definiremo1.
Un determinante del primo ordine si considera come identico al suo unico elemento . Tale nozione non è però usata, perchè con si indica invece di solito non un determinante, ma bensì il valore assoluto o modulo di . Molti dei seguenti teoremi non hanno del resto senso per determinanti di primo ordine.
Un determinante del secondo ordine si considera come un simbolo equivalente alla differenza . (Ciò che, come è facile a riconoscere, è conforme alla seguente definizione).
Noi ora, supposto noto il significato di un determinante di ordine , definiamo il valore di un determinante di ordine . (Abbiamo così una definizione generale per induzione completa). I determinanti più usati sono quelli del secondo, del terzo e del quarto ordine.
Un elemento di un determinante si dirà di posto pari o di posto dispari secondochè è pari o dispari la somma degli indici della riga e colonna cui appartiene l’elemento secondo le convenzioni del § 18 α, pagina 63.
E chiaramente: Di due elementi consecutivi di una stessa linea (riga o colonna) uno è di posto pari, l’altro è di posto dispari.
Sia dato un determinante di ordine e ne sia un elemento; sopprimiamo la riga e la colonna, cui appartiene : otteniamo un determinante (minore) di ordine , di cui per ipotesi conosciamo il valore. La quantità , se è di posto pari, o la quantità , se è di posto dispari, diconsi il complemento algebrico di .
Se un elemento di un determinante è indicato con una lettera minuscola seguita da uno o più indici, e se non vi è a temere alcuna ambiguità, molto spesso il suo complemento algebrico si indica con la corrispondente maiuscola seguita dagli stessi indici. Così, per esempio, se
(1) | , |
si scrive
,
, eccetera
Teorema I. Se noi cambiamo tutti gli elementi di una linea, i loro complementi algebrici non cambiano.
E ciò perchè per formare il complemento algebrico di un elemento di sopprimono proprio le due linee cui appartiene l’elemento stesso.
Osservazione. Sia data una successione di oggetti, per esempio .
Scegliamone due, uno di posto , l’altro di posto ; per esempio l’elemento di posto , e di posto . Sia il posto del primo elemento, quando si cancelli il secondo, e il posto del secondo quando si cancelli il primo. Nell’esempio precedente è il posto di nella successione ottenuta dalla precedente sopprimendo ; e è il posto di nella successione ottenuta sopprimendo invece .
Il posto di un elemento non varia se si sopprime un elemento che lo segue, mentre invece diminuisce di uno, se si cancella un elemento che lo precede; perciò:
se | |
se . |
In ogni caso ed differiscono di una unità; cosicchè, se uno di essi è pari, l’altro è dispari; cioè:
.
Analogamente, se in una matrice si cancella una linea di indice , allora le linee parallele che precedono la linea cancellata (di indice () conservano nella nuova matrice l’indice : le linee parallele, che seguivano la linea cancellata, che cioè avevano un indice , avranno nella nuova matrice l’indice (appunto perchè la linea precedente è stata cancellata). Anche nel caso delle linee di una matrice si possono pertanto applicare le precedenti considerazioni.
Sia dato un determinante ; sia un suo elemento posto sulla riga e sulla colonna; esso è di posto pari o dispari secondo che è pari o dispari [nel primo caso , nel secondo ].
Il complemento algebrico di è il minore ottenuto cancellando riga e colonna incrociatisi in e preceduto dal segno .
Un elemento di , che appartiene a una riga e una colonna distinte da quelle passanti per , appartiene anche al minore . Se è pari, cioè coincide con A, il complemento algebrico di b nel minore si dirà il complemento algebrico di b nel complemento algebrico di A di a (nel determinante iniziale). Se invece è dispari, cioè , allora il complemento algebrico di b in , cambiato di segno, si chiamerà il complemento algebrico di b nel complemento algebrico A di a. Cioè il complemento algebrico di nel complemento algebrico di vale il complemento di nel minore ottenuto sopprimendo riga e colonna incrociantisi in , cambiato o non di segno secondo che coincide con o con , [cioè secondo che ha posto pari o dispari in , cioè secondo che vale oppure ]. Siano i numeri d’ordine della riga e colonna che ha in ; siano i numeri d’ordine della riga e colonna che ha in (che si è ottenuto da cancellando la riga e colonna ). Il complemento algebrico di in vale il minore ottenuto cancellando da la riga e colonna incrociantisi in , preceduto dal segno o secondo che è pari o dispari, cioè preceduto dal segno di .
Quindi il complemento di in , vale preceduto dal segno del prodotto , cioè dal segno di .
Ora non è che il minore ottenuto da sopprimendo entrambe le righe ed entrambe le colonne che si incrociano in ed in .
Così pure, se ed sono i numeri d’ordine della riga e colonna, a cui appartiene nel minore ottenuto da sopprimendo le righe e le colonne che si incrociano in , il complemento di nel complemento di vale
,
dove è ancora il minore ottenuto sopprimendo in le righe e colonne che si incrociavano in e in .
Ora per l’osservazione precedente
.
Analogamente è
.
Moltiplicando, se ne deduce:
.
Perciò:
Teorema II. Se a, b sono due elementi di un determinante appartenenti a righe e colonne distinte, il complemento algebrico di a nel complemento algebrico di b è uguale al complemento algebrico di b nel complemento algebrico di a.
Definizione Si dice valore di un determinante la somma dei prodotti ottenuti moltiplicando gli elementi di una linea qualsiasi per i loro complementi algebrici2.
Così per esempio, nel caso precedente tale valore sarebbe:
, oppure , oppure , eccetera.
Perchè tale definizione non sia contraddittoria in termini bisogna dimostrare che, da qualunque linea si parta, si giunge sempre allo stesso valore (che, per esempio, per il determinante (1) è di eccetera ...).
Poichè il teorema si verifica tosto per i determinanti del 2° ordine noi potremo dimostrarlo col metodo di induzione completa provando che, ammesso il teorema per i determinanti di ordine , e quindi anche per i complementi algebrici3 degli elementi di un determinante di ordine n, esso si dimostra valido anche per i determinanti di ordine . E così noi faremo. Per provare che, partendo da una linea qualunque, si giunge sempre allo stesso risultato, basterà provare che, partendo da una riga qualsiasi (per esempio la ) si giunge allo stesso risultato, come partendo da una colonna qualsiasi (per esempio la ). E, poichè il teorema è stato ammesso per i determinanti di ordine , noi, per calcolare i complementi di un elemento qualsiasi, potremo calcolarli partendo da una loro linea qualsiasi.
Se noi sviluppiamo, come abbiamo detto, il determinante iniziale prima secondo gli elementi della riga , poi secondo gli elementi della colonna , troviamo sue somme di prodotti (di un elemento per il suo complemento) che hanno un addendo comune: il prodotto dell’elemento in cui si incrociamo la riga e la colonna per il suo complemento . Basterà provare che i risultati ottenuti sopprimendo dalle due somma questo addendo comune, risultano uguali. Ogni addendo di è il prodotto di un elemento della riga per il suo complemento ; questo complemento si può, come abbiamo detto, calcolare partendo da una sua linea qualsiasi, per esempio da quella sua colonna, che in aveva il posto ; esso è uguale perciò alla somma dei prodotti ottenuti moltiplicando ogni elemento di questa sua colonna per il suo complemento di tale elemento in . Quindi si ottiene così: Si moltiplichi ogni elemento a della riga per ogni elemento b della colonna (distinti dall’elemento e di incrocio) e per il complemento algebrico di b nel complemento algebrico A di a e si sommino i risultati così ottenuti.
si otterrebbe similmente sommando i prodotti di ogni per ogni e per il complemento di nel complemento di . Per il teorema II sarà dunque , come dovevasi dimostrare.
Osservazione - Da questa dimostrazione segue che il valore di un determinante si ottiene sommando insieme:
il prodotto di un suo elemento scelto ad arbitrio per il suo complemento algebrico;
i prodotti ottenuti moltiplicando un elemento posto sulla riga di per un altro elemento posto sulla stessa colonna di , per il complemento algebrico di nel complemento di (o, cioè che è lo stesso, il complemento di nel complemento di ).
Un risultato analogo si ottiene se gli stessi elementi , , descrivono due linee parallele, per esempio due righe, restando però sempre in colonne distinte. In tale caso naturalmente non si parla più di elemento di incrocio.
Note
- ↑ Taluni usano due coppie di sbarre verticali per scrivere un determinante, pensato come matrice quadrata, usando poi due sole sbarre verticali se si vuole indicare il valore che ora definiremo.
- ↑ Applicando questa definizione a un determinante di ordine 2, si ritorna al valore sopra definito di un tale determinante.
Se invece moltiplichiamo gli elementi di una linea per i loro complementi algebrici cambiati di segno, e poi sommiamo, troviamo il valore del determinante cambiato di segno.
- ↑ Ciò è evidente se si tratta del complemento di un elemento posto pari (il quale complemento è precisamente un determinante di ordine ). Se invece si tratta di un elemento di posto dispari, tale complemento è un determinante di ordine cambiato di segno; ma tale cambiamento di segno si ha, per definizione, anche nei complementi algebrici dei suoi elementi.