Lettere dieci di Virgilio agli Arcadi (1800)/Lettera X
Questo testo è incompleto. |
◄ | Lettera IX |
L E T T E R A D E C I M A
Ai Legislatori della nuova Arcadia P. Virgilio Marone; Salute.
FUrono affisse più copie della Riforma qua e là negli Elisj pe’ vari boschetti a’ Poeti Italiani assegnati. I più antichi e più illustri di loro soffrirono in pace il giudizio severo intorno a loro fatto da noi; ma gli altri ne furono molto scontenti. Color soprattutto, che se ne videro esclusi, e neppur vi trovarono il nome loro, gran lamenti ne fecero, ed avrebbon più tosto voluto sostenere le critiche, purché vi fossero nominati. Non è cosa più grave a un Poeta quanto il vedersi dimenticato. Vi furon tra gli altri i Settecentisti, che sel recarono a offesa. Ma noi li femmo avvertire, che il tempo esser deve il giudice primo dell’opere, e delle poetiche cose principalmente; esser eglino ancor troppo giovani; vivere i loro amici, i loro Concittadini, i Coaccademici loro, e quindi al secolo susseguente doversene riserbar il giudicio, perché potesse riuscire sincero, e libero veramente. Or vedendo la turbazione, che mostravano tutte quell’ombre del torto lor fatto, e parendo male ad alcuno, che tante rime, e fatiche dovessero andare in perdizione, il Fracastoro, che sà talora opportunamente scherzare, io, disse, siccome Medico, il carico prendo di non lasciar perire tanta ricchezza. I Medici e gli Speziali d’Italia si lagnano di veder l’arti lor decadute, ed han rossore d’essere ridotti a non usar altro oggimai, fuorché la China-China, le cavate di sangue benche senza numero fisso, e le Tisanne. Io trovo di potere soccorrere gli uni e gli altri ampiamente con la gran suppellettile di Poesie, che rimangono inutili, e condannate all’oblio dopo il bando lor dato dagli antichi. Uditemi, e decidete. Io dico per esempio.
Sonnifero efficacissimo. Recipe.
Una Scena o due prese a caso dalla Rosmonda, dalla Sofonisba, dal teatro del Gravina, e stemperate con mezza scena delle Comedie moderne.
Purgante prontissimo. Recip.
Alcune carte dell’Iliade tradotta dal Salvini mescolate con qualche Prefazione, o Prosa Fiorentina.
Strignente e indurante. Recip.
Tre o quattro versi lirici dell’Abate Conti, una strofe de’ Cori delle sue tragedie; si leghino con un terzetto Dantesco.
Vomitorio infallibile. Recip.
Venti versi, detti Alessandrini, con infusione d’ingiurie, e di pedanteria, come s’usa.
Emolliente. Recip.
Un Recitativo, e un’arietta di dramma involti in una carta di Musica, e così applicati alla parte.
Vescicanti. Recip.
Un capitolo dell’Aretino, impastato delle quistioni intorno alle Lammie, ai Teatri, all’Usura, alla Magia, al Probabile ec. ec. secondo il metodo de’ Novellisti letterarj. Fanne il Cerotto caustico, ma levalo dopo un’ora, e avrà operato.
E così dite del resto, che troppo lungo sarebbe dir tutto. Voi vedrete una Farmaceutica nuova, e forse più utile dell’antica. Così tanti versi potran servire ad un’arte necessaria al pari dell’altre. Già per la Poesia non erano certamente.
Dopo che gli uditori ebbero alquanto al pensiero sorriso, e fatto plauso del Fracastoro, soggiunsero infine doversi con certe leggi dar forza alla nuova promulgazione della Riforma, perche quella non gioverebbe, se rimanessero ancora gli abusi introdotti in ogni parte d’Italia.
A toglier questi pertanto stabilirono alcune regole per gli studj, e per la letteratura Italiana universale; e diedero a queste espresso consenso Dante, Petrarca, Ariosto, e gli altri primarj insieme co’ Greci, e Latini. Voi le troverete al fine di questa mia lettera.
Frattanto, Arcadi illustri, io vi prego e scongiuro, per la comune carità della Patria, e della Poetica, che vogliate con l’autorità del vostro gravissimo tribunale dar forza a queste leggi, e promovere fermamente la integrità, e la gloria dell’italica Poesia, che in voi tutta s’appoggia, e spera. Incitate e ravvivate tante anime copiatrici, e servili; imponete silenzio a tante altre gelate, insensibili, e morte ad ogni pittorica Scena, ad ogni immagine splendida, ad ogni nobile, e ardente affetto, ad ogni nuova felice ardita finzione; dannate infine, e flagellate tanti abusi funesti, che tutta guastano la bellezza della vostra lingua, e degl’ingegni nati tra voi a gran cose. Siete pur Voi Mallevadori ed Arbitri del Buongusto in Roma, Voi dittatori del Parnaso Italiano, Voi che per instituto provveder dovete, che la Repubblica delle lettere detrimento alcuno non prenda, e bandir, come veri Romani, ed arruolare, ed in campo mostrarvi, qual facevasi anticamente al sorgere guerra più minacciosa, che col nome chiamavasi di Gallico Tumulto. Voi dunque rendete utile il mio zelo, e quello de’ Padri vostri Greci, e Latini, e non soffrite, che tante ombre gravissime abbiano sentenziato, e che sin d’oltre Lete, ed Acheronte abbian mandato indarno soccorso alla vostra Poesia. State sani.
C O D I C E N U O V O
D I L E G G I D E L P A R N A S O I T A L I A N O
Promulgate e sottoscritte da Omero, Pindaro, Anacreonte, Virgilio, Orazio, Properzio, Dante, Petrarca, Ariosto, ne’ Comizj Poetici tenuti in Elisio.
I.
NOn si mettano i giovani allo studio di Poesia come le gregge. Un di cento coltivisi, alcuni pochi se ne informino leggermente, il resto non si strazi con molt’ore d’eculeo, e di tortura ogni giorno, e col tormento inventato da Mezenzio.
II.
Diasi loro piccol compendio di pochi precetti, e subito i buoni esemplari da leggere. Cento versi di buon Poeta insegnano più che tutti i tomi de’ Precettori. Questi si diano a coloro che son fatti per ruminare, siccome i bovi, per non sapere che farsi.
III.
Non usurpino più le scuole i talenti dal Ciel destinati alla Milizia, all’Aritmetica, ed all’Aratro.
IV.
La Poesia latina si legga, ed intenda affin di perfezionare l’italiana. Chi pretende di riuscire
66
eccellente poeta latino, essendo nato italiano, condannisi a comporre dentro d’un mausoleo, poiché scrive a i morti.
V.
Non si leggano Galli, o Britanni Poeti se non se all’età di 40. anni, quando non è più tempo di poetare.
VI.
Non si permettano poesie amorose fuor che a vecchi poeti di 60. anni perché si riscaldino; ai giovani nò, perché non raffreddino se e gli altri. Ciò per un secolo, finché si purghi de’ ridicoli amori il Parnaso Italiano.
VII.
L’Arcadia stia chiusa ad ogn’uno per cinquant’anni, e non mandi Colonie, o diplomi per altri cinquanta. Colleghisi intanto colla C rusca in un riposo ad ambedue necessario per ripigliar fama, e vigore. Potranno chiudersi per altri cinquant’anni dopo i primi, secondo il bisogno.
VIII.
Le Accademie più non ammettano fuor che coloro, che giurino legalmente di voler esser mediocri tutta la vita. Color che avessero mire più alte ne siano esclusi.
IX.
Pongasi Dazio su le Raccolte per Nozze per Lauree, ec. Un tanto paghi lo Stampatore, un tanto
67
il Raccoglitore, un tanto il Poeta pro rata, e il doppio di tutti il Mecenate. Paghino pure i Giornalisti, Eruditi, ec., che ardiscono sentenziare, e parlare di Poesia.
X.
Scrivasi su la porta di tutte le pubbliche Librerie a grandi caratteri: «Ignorerai quasi tutto, che qui si contiene, o viverai tre secoli per leggerne la metà».
XI.
Facciasi una nuova Città, le cui strade e piazze e case sol contengano libri. Chi vuol studiare vada a vivere in quella per qu anto tempo ha bisogno, altrimenti le Stampe non lasceran presto alcun luogo alle merci, ai viveri, agli abitanti nelle Città.
XII.
Uno Spedale vastissimo sia eretto, la cui metà sia destinata per gl’Italiani Poeti non dalla natura, ma dalla pazzia condotti a far versi: l’altra a chiunque pretenda di guarirli, e di far risorgere il Buon gusto, e di toglier gli abusi della Italica Poesia con sole parole, ed esortazioni.