Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XXV
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XXV.
A MARIANNA BRIGHENTI
ad Ancona
21 Settembre (1831)
Cara Marianna,
Sono sempre giorni di festa per me quelli in cui io ricevo le tue lettere — lettere che mi fanno provare la più cara consolazione ch’io possa ora provare, quella di sentire che sei tanto ammirata, esaltata, lodata. Oh tu mi hai fatto riconciliare con quel paese per cui avevo una cattiva prevenzione, dicendomi che i suoi abitanti sanno distinguere ed applaudire il vero merito. Che essi abbiano ammirato la tua bravura nel canto non mi fa meraviglia, chè so bene che tu sei brava assai; ma quello che mi piace di più è che abbiano compreso quanto sei differente e distinta dalle altre tue compagne, e di quanto rara e divina bontà tu sei fornita. Questo è quello che io ammiro, e vorrei essermi trovata alla tua passeggiata in fiera, ove la mià voce si sarebbe fatta sentire con le altre, oppure non si sarebbe sentita perchè l’emozione che avrei provato mi avrebbe tolto certamente il modo di espremire il mio entusiasmo per te, o cara, carissima Marianna mia. Che pena il sentirti così vicina e non vederti! Io provo tutte le pene di Tantalo — ah non puoi credere quanto io ne sia infelice.
Marianna mia, ho una malinconia terribile. Quando mi scriverai? Oh scrivimi presto, per caritá. Non hai avuta una lettera mia scritta a Fermo due giorni prima dell’ultima a Nina? Dimmi come ti piace Ancona, e se hai trovato codesto teatro più bello di quanti ne hai calcati: puoi credere che io non l’ho veduto. Quando ti riposerai? Oh quest’anno hai faticato troppo, troppo davvero.
Carlo non ti ha veduta mai, ma gli parve di vedere qualche punto di somiglianza fra il tuo ritratto e l’Imogene. S’egli non avesse moglie fra poco ti conoscerebbe, e ne avrebbe grande piacere, ed io pure, ma! io temo: già ti ricordi cosa ti dissi una volta, e credo che si continui nel medesimo umore. Ma se mai tu lo vedessi non gli dir niente, sai? Forse potrebbe spiacergli ch’io ti parlassi della gelosia di sua moglie, la quale è tanto buona che non merita davvero che le si diano dei dispiaceri. Se io potessi parlarle mi farei dare il suo permesso a forza di preghiere acciò che mio fratello potesse venire da te, ed allora egli mi diventerebbe anche più caro, ma io non la vedo più.
Se senti nominare un conte Leopardi abitante costì, sappi ch’egli è mio zio, fratello di mio padre. Quella giovane di cui io ti parlai che andava alla fiera a Fermo è la sua figliastra. Se costi senti nominare un Cav. Antici, sappi ch’egli è mio zio, fratello di mia madre. Egli è conservatore delle ipoteche; e tutto questo cosa t’importa? niente affatto. Salutami Nina con tutto il cuore ed i tuoi genitori. Ti ringrazio dei sonetti. Se sapessi quanto mi rallegra il vedere il carattere di tuo padre ch’io conosceva fin da quando scriveva a Giacomo! Ma più, infinitamente più, mi rallegra il tuo, ossia quello di una certa persona che io amerò per tutta la vita, e che accupa da lungo tempo una gran parte del mio cuore e dei miei pensieri.
Addio, cara anima. Continua ad amarmi, ed io ti salto al collo e ti bacio con la maggior tenerezza ed ardore.