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XIII.

ALLA STESSA

a Ferrara

4 Marzo (1831)

               Cara Nina mia,

È vero, io mi sono ingannata! credevo che molte lagrime avessi tu sparse nel partire da Ferrara, o anche credevo che tu potessi diventare tedesca; ma nulla di ciò è accaduto, sebbene poi tu stessa confessi che ci poteva essere gran pericolo. Frattanto io ti ringrazio della tua sollecitudine di scrivermi appena giunta costì, e certo, i giorni in cui ricevo lettere di voi due, care anime, sono sempre per me giorni di festa, e di consolazione grande.... Ma mi viene in mente che Marianna stia male; sarebbe mai vero? e neppure una sola parola ha messo nella tua lettera? Io vorrei allontanare questo pensiero di sommo dolore, pure sempre l’ho in mente, e mi affliggo all’idea che l’eccessiva fatica di Ferrara le abbia fatto male, e non mi tranquillizzerò sino a tanto che non vedrò i tuoi caratteri. Per carità, Nina mia, non mi dire che io potrei vedere le mie amiche; per carità non me lo dire! Con una menomissima parte di quella libertà che godono tutti quelli che vivono, io godrei almeno un momento dell’ineffabile gioia che voi, o care,