Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XIII

XIII. Alla stessa - A Ferrara

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XII XIV

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XIII.

ALLA STESSA

a Ferrara

23 Dicembre (1830)

               Cara mia!

Sappi per tua regola che questa volta ho sopportato il tuo silenzio con più pace, o per dir meglio, con meno amarezza del solito, poichè io già m’immaginava le perplessità e i dubbi e le inquietudini in cui dovevate essere immersi per la grande sciagura accaduta. Il primo mio pensiero tosto che io la seppi fu diretto a te e al danno che ti avrebbe recato, e per questo solo motivo, come puoi bene credere, compiansi una perdita che in tempo di quaresima avrei sopportato ridendo. E certo noi speriamo che presto tu possa uscire da questo stato d’incertezze, che ti deve annoiare molto; e mi affliggerebbe assai assai il non vedere spuntare un papa a tempo per non [p. 28 modifica]farti perdere il carnevale. Ma e non pare anche a te cosa ridicola quanto mai che tutti abbiamo da stare in lutto per una cosa di cui nemmeno ci accorgiamo, e che dobbiamo starci fino a tanto che alcuni vecchi si combinano fra loro di darci uno di essi per padrone, cosa di cui faressimo a meno tanto volentieri? Ora però si vede chiaro che per noi non ci sono riforme o miglioramenti, e che come siamo nati moriremo, e certo ha fatto male Giordani a farsi esiliare1, egli che stava tanto volontieri in Toscana, sicuro come doveva essere che in Italia non vi sono uomini. Da una lettera da Roma di un mio zio avevo avuto un cenno della partenza di Giordani, ed io avevo indovinato il resto; ma tu mi dirai (o Nina, se tu non puoi) come è andato l’affare, e se egli ha avuto che fare in una certa sommossa che dicono accadesse a Firenze tempo fa. Tu riderai di vedere ch’io ricorra a te per sapere particolarità riguardanti un amico intrinseco di mio fratello; ma già sai che Giacomo non può scrivere affatto, e che ci scrive assai di rado e brevissimamente; e poi di questo affare non ci parlerebbe, chè le sue lettere si leggono in comune. Dunque, se mi vuoi bene, dimmi tutto, e dove Giordani è andato. Forse in Francia?2. E tu non vai più a Cosenza, [p. 29 modifica]nemmeno con quei patti molto più vantaggiosi che ti offrivano? Ma io ne sarò assai contenta poichè ho già veduto sulla carta geografica che Cosenza sta vicinissima alla Sicilia, per conseguenza sarei tanto più lontana da te, e poi i Calabresi sono mezzo selvaggi, e poi 14 mesi interi! Oh è meglio che tu veda Venezia.

E inutile ch’io ti dica quanta allegrezza mi cagioni il sentirti dire che sei molto lieta del tuo stato presente.

Tu sei degna di essere felice, e lo sei, e lo sarai senza dubbio. Hai veduto che Verger ha sposato la Brambilla? Io ti dicevo che la Dati ha fatto innamorare Amedei di Loreto. Egli l’ha sposata, e si è obbligato di pagare al padre di lei tre scudi al mese sino ch’ei vive. Veramente io non so perchè ti parli di queste cose che a te certo non importano punto; ebbene! scusami; il desiderio di parlare a lungo con la mia amica mi trasporta, e non mi fa vedere ch’io la annoio. [p. 30 modifica]

Bisogna che tu mi spieghi un paragrafo della tua lettera ch’io non posso capire; forse perchè tu avrai scritto in fretta e lasciato qualche parola — « Nina (mi dici) presto ti scriverà dandoti minute relazioni di certo matrimonio, che so io, i vostri affari? » Queste sono le tue parole, con le virgole precisamente come nell’originale. I vostri affari io non capisco come ci entrino. Se te ne ricordi, e se mi scriverai prima di un mese. dammene la spiegazione. Se io potessi ti saltere; al collo, e ti abbraccerei e ti bacierei, ma pur troppo io nol posso, ma tu immaginati ch’io lo faccio con il desiderio il più vivo, o con un cuore ardente per te, o cara anima mia!

Sono inquieta con te, e mi scordava di dirtelo. Perchè non mi hai mandato il ritratto di Rubini? quasi io volevo scriverti a Bologna per chiedertelo; ma, come vedi, non lo feci. Se vuoi, o se puoi (senza la menomissima tua pena) mandalo senza bastoncino, solamente involtato entro una carta. Il tuo ritratto passò alla posta di qui come mercanzia, cosa che gli accrebbe di molto il prezzo, e bisognò farne ricevuta nel libro postale ecc. tutto per il bastoncino che vi era. Ma sappi che io non metto già tanto prezzo nè tanto desiderio ad avere Rubini come quando io io ti aspettava, o Marianna mia, perciò non darti nessun incomodo, nemmeno piccolissimo. Addio, saluto Nina, ed attendo sua lettera ansiosamente.

Ho detto una sciocchezza intorno al paragrafo, non mi dire nulla, chè ho capito. Venga dunque questa lettera di Nina e il dettaglio del tuo matrimonio.



  1. Il 13 Novembre gli fu intimato di partire da Firenze in ventiquattr’ore, dalla Toscana in tre giorni: (Ep.del Giordani. VI. pag. 71).
  2. V. intorno all’esilio del Giordani il cap. XI della Vita scritta dal Gussalli.
          Il Giordani scriveva il 13 Novembre alla Marchesa Lenzoni di Firenze: «Faccia il possibile e un po’ dell’impossibile per discoprire l’arcano. Ma qualunque sia il motivo, qualunque il motore non può esser altro che un’espressa falsità; perchè io sono sicurissimo d’ogni fatto e detto. Se avessi voluto andare in Francia avrei avuta una lettera dell’aurea signora Giulietta al suo intimo amico Generale Belliard, confidente del nuovo re. Ma voglio restare in Italia, finchè mi rimane un palmo di terreno. (Epist. VI. pag. 72).
        E non gli rimaneva altro territorio che il nativo, ove liberamente dimorare. In Piacenza si fermò per alcuni mesi, finchè risolse di fermar dimora in Parma, che ebbe la gloria d’ospitarlo fino al 1848, anno di sua morte.