Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/XCV
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XCV.
ALLA STESSA
a Forlì
31 Dicembre (1845)
Mia carissima,
Prima di ogni altra cosa, e per non iscordarmene devi sapere che i compilatori dei giornali che si stampano in Roma non han voluto in alcuno di quelli inserire la lettera di papà tuo, o come troppo lunga, o come spettante a cose che non han relazione col loro giornale; sicchè, a me è rimasto il dispiacere di non aver potuto nemmeno in questo compiacere Brighenti, malgrado tutta la buona volontà che ne avrei. Altra cosa di cui voleva parlare con te da qualche tempo, e che ho sempre dimenticata, Francesco Galvani è impazzito, o vero è divenuto propriamente miserabile? Più lettere esso ha scritte di Firenze a Papà mio per chiedergli limosina, limosina bastante a togliergli la fame, anche uno o due giorni. È cosa veramente compassionevole; ma spiegami un poco come può essere.
In quanto alle famose lettere è meglio rinunziare al pensiero di volerne scuoprire il vero colpevole; più si va indagando e meno ritrovasi la verità. Molte e molte cose io avrei taciuto, di quelle che si son pubblicate tra le opere del nostro Giacomo; piangendo e palpitando io rileggeva più volte quelle frasi e quei pensieri di lui ch’io avrei voluto cancellare col sangue, e tutto il mondo saprà che mio fratello aveva perduto la fede! Che pensiero orribile e lacerante! e non avevamo da piccoli giuocato insieme all’altarino! ed esso era tanto religioso ch’era divenuto pieno di scrupoli; tanto è vero che la troppa scienza corrompe! Preghiamo Iddio che non vengan quei volumi nelle mani dei miei genitori; essi ne morrebbero di dolore! O Marianna mia, io avea bisogno di sfogarmi con te, e di deplorare teco questa disgrazia; ma dimmi, non ho ragione di piangere? E Brighenti non ne conviene meco? E non ha ragione Saint-Beuve di attribuirne la causa a quel suo disgraziato amico? Oh! Dimmi, dimmi cosa ne pensa il papà tuo, così le sue parole potessero confortarmi e farmi sperare di rivedere una volta il mio diletto Giacomo.
Dopo di aver qui interrotto la mia scrittura, aitorno a te, mia cara Marianna, e a voi tutti della famiglia Brighenti, a dirvi come particolarmente in questo giorno io rinnovo più caldamente che mai i miei desiderii di ogni possibile felicità sopra di voi, non solo nell’anno che ha principio domani, ma in molti e moltíssimi in seguito, e vorrei che questi miei desiderii fossero compiuti come se si trattasse della mia propria felicità, o almeno tranquillità. Raccontami i divertimenti che ti prenderai in questo carnevale; noi stiamo come in quaresima, e già sai che nou me ne duole affatto. Scriveva avant’ieri Viani che la difesa del Pellegrini usciva il 27. Non puoi credere la dispiacenza che ci cagiona questo affare delle lettere, di cui vorrei piuttosto non se ne parlasse più! Viani si lamenta che Papà non gli ha più scritto. Pier Francesco Saverio da noi volgarmente chiamato Pietruccio e dalla mamma Saverio, è il nome di cui gode mio fratello. Esso e la moglie fan mille complimenti ed augurii alla tua cara famiglia, e Virginia mi domanda chi sono questi Brighenti, e come conoscono Virginia tanto da volerle bene e da mandarle baci, ed io le dico essere ciò in virtù della sua bontà e del suo grande giudizio. Ma pure lo crederai? Ancora non mi viene di farle imparare a leggere, cosa umiliante per la maestra e scoraggiante.
Abbi dunque tanti baci e carezze di Virginia e qualche bacio di Giacomo ancora, (ma con lui non parlo per anco delle Brighenti), abbine uno per guancia ma con tutto l’affetto dell’anima dalla tua Paolina, e fa lo stesso con Ninì, colla pigra Ninì; al Papà bacia la mano ed abbraccialo per me. Dopo aver letto a Virginia il passo della tua lettera in cui mi dicevi di darle un bacio, essa subito mi offerse la sua guancia dicendomi: date! e io glielo diedi puoi credere con che cuore. Addio, care, carissime anime, non lasciate di amar sempre con egual tenerezza la vostra Leopardi.