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Non so se combiniamo insieme nella stima e nella diffidenza generale degli uomini, ma io che so e vedo quanto poco vale questo genere umano, tutto composto di egoismo, di puro egoismo, e quanto sono rari ed impercettibili quelli che si possono, non dico amare, ma stimare, tanto più io vi ammiro, o cara, e vi considero come un ente privilegiato, e stimo fortuna grande, inaprezzabile l’avere acquistata la vostra amicizia, ed il vostro onore, che voi mi avete offerto, e che ora io considero già come mio.

Quanto mi sono cari i dettagli che mi date di voi, della vostra famiglia! ma quanto vi compiango per avere amato tanto tempo invano. Quanto mai avete dovuto essere infelice! Io sapevo che ai nostri tempi questa è sempre la sorte delle persone che amano come voi, o che hanno un cuore come il vostro; ma e che cosa dunque ha di buono la vita, quando abbia ad essere composta di pene simili, e non è meglio, mille volte meglio, morire nelle fasce? Mi pare che Giacomo mi abbia nominato l’oggetto del vostro amore, ed io l’ho dimenticato; nè crediate ch’io ora voglia saperlo, poichè già non lo conosco, e poi io l’odierei, oh sì! l’odierei assai, assai ma voi consolatevi, o anima mia, colla certezza che non meritava certo l’amor vostro chi ha disprezzato un cuore così tenero e sensibile come quello della mia amica. Ed a proposito di amore, sapete che mia cugina1 è divenuta gelosa di



  1. Paolina Mazzagalli, che Carlo sposò nel marzo del 1829.