Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXV
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LXV.
ALLA STESSA
a Bologna
26 novembre (1835)
Mia carissima,
lo andava preparandomi per venire costi e per godere dell’ineffabile consolazione di pure una volta vederti ed abbracciarti; io mi preparava.... ma ora che mi dici non ti vogliamo, addio, miei cari! non ci vedremo più.
Io credeva che piovesse ma non che diluviasse, secondo quello che dice un proverbio: credea di dovere ingoiare molte cose amare, ma non tante poi. Certo, io non son fatta per levarmi di notte a spegnere i lumi; non per esser moglie di un ex-mastro di casa. Grazie sieno adunque rendute a te, o mia diletta, grazie sieno rendute all’ottimo papà tuo, a tutti voi, miei cari, che avete avuto tanta bontà per me e con tanta sollecitudine mi avete levato questo pensiero di capo, e mi avete messo l’animo in pace, chè, sempre la mente mia andava li, e mi teneva incerta e sospesa. Pochi momenti prima di ricevere la tua (che per una combinazione mi è venuta due giorni dopo giunta) ebbi lettera dalla mia amica di Pesaro la quale mi diceva queste parole. «Scrissi poco fa a Bologna perchè mi richiesero di tue informazioni che detti, puoi credere, per la verità come meriti: fino ad ora però non mi è venuto altro riscontro », ora io non le dico nulla, ma se il discorso riprendesse fiato, lo troncherò io immantinente. Essa mi aveva però annunziato esser questo signore molto economo e quasi spilorcio, cioè amare che in casa sua non si sciupasse, e che in questo non andava troppo daccordo colla moglie sua; se la mia amica sapesse poi tutto quello che tu mi dici; io nol saprei, mi par di vedere ch’essa lo supponga molto conveniente a me.
E mi par di vedere ancora che tu abbi più buona opinione di me di quello ch’io meriti, poichè quando parli di una giovine nobile ricca, educata, gentile, di talento, oh mi pare che non parli di me certo. Io bramo col più vivo ardore di conoscerti, di esprimerti una volta a viva voce quanto immensamente ti ami, e per quanto cara cosa io ti tenga, pure, le tante e tante volte penso che mi converrebbe di raffrenar questo ardore quando io non volessi scapitare nell’amor tuo, quando non volessi espormi a farti cangiare affatto opinione di me, cosa che accadrebbe certo e accadrà qualora noi c’incontriamo un giorno. La bontà tua, l'eccellente tuo cuore ti fanno vedere in me qualità ch' io non posseggo punto, la lontananza poi ti fa credere ancora ch'io sia ricca, e qui immaginati di sentire un sospiro, e ne capirai bene il senso. Con tutte queste qualità negative che tu puoi pur credere ch'io posseggo veramente, mi sento non di meno più che mai difficoltà e ripugnanza nel fare un matrimonio che non mi convenisse perfettamente, vale a dire nel prendere per marito uno che non mi facesse arrossire ogni momento, che non mi facesse pentire di continuo di aver preso il suo nome, e questo per le qualità morali, chè per le fisiche e le estrinseche sarei ancora molto esigente. Vedi adunque quanta probabilità vi sia ch' io mi mariti. Ma io non mi accorgo, o me ne accorgo soltanto troppo tardi che ti annoio da lungo tempo, te ne chiedo perdono, o mia carissima; già tu sei tanto e tanto buona! Mi raccomando a te onde papà tuo sappia quanto io gli son grata di quanto egli ha fatto per me, ma digli ancora ch' io contava pienamente sulla perfetta amicizia di si care persone, alle quali non posso promettere di non le avere ad incomodare tutte le volte ch'io avrò bisogno di loro.
Addio, mia cara ed amatissima! lascia che con affettuosissimo abbraccio ti esprima tutta la vivacità dell'amor mio e della mia tenerezza.
Salutami mamà e bacia Nina per me, già prima di partire per Novara mi farai rivedere i tuoi caratteri, non è vero?