Lettere di Paolina Leopardi a Marianna ed Anna Brighenti/LXIII
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LXIII.
A MARIANNA BRIGHENTI
a Bologna
11 novembre (1835)
Mia carissima,
Veramente ho combattuto molti e molti giorni tra me stessa prima di prendere la penna, ed ora che l’ho presa sono per anco nell’incertezza e nel dubbio medesimo, vale a dire ch’io non so se faccio bene, non so se faccio male. Nè è già perchè io dubiti di te, o cara, e non abbia una piena intera fiducia nell’amor tuo e nella tua bontà, ma l’irresoluzione e il non saper volere fermamente una cosa fanno sempre il tormento dei miei giorni; e perciò parlandoti ora di questo mio interesse, ed ora implorando ancora l’aiuto tuo e di papà, son pronta a deferire pienamente a quei consigli che da si care e buone persone mi verran dati.
Scrissi a Nina giorni sono che mi era stato fatto vedere possibile uno stabilimento in Bologna: ora ecco come sta la cosa. Una mia amica di Pesaro mi scrisse nell’agosto passato, sapere essa esservi a Bologna un tale (non posso dire signore), dottore ed avvocato in legge, ricco di 4 in 5 mila scudi di entrata, di 50 anni, religiosa e brava persona, vedovo da pochi mesi della contessa Muzzarelli di Ferrara, senza figli, il quale cerca moglie, e bramerebbe una signora senza curarsi di molta dote.
Altre particolarità e ragguagli mi dava questa mia amica, e mi diceva che s’io vi acconsentiva andava tosto a scrivere a Bologna ad un suo amico, per entrare in discorso con quel sig. avvocato (il quale non fa più l’avvocato ma bensì ha un impiego ch’essa non mi ha voluto dire), e sentire se poteva esservi principio di trattativa; il che essa ha fatto. Due mesi dopo la prima sua lettera mi scriveva che quel suo amico non le aveva per anco risposto, e che perciò tornava a scrivergli; poi non ho saputo altro. Ora che le cose finiscano così non è troppo naturale: nè io posso dubitare della affezione e premura della mia amica, la quale senza alcuno stimolo ha voluto pensare ad una cosa ch’io non le aveva mai nominata; ma, o è poca premura del suo amico, o anche egli ha veduto che l’affare non potrebbe combinarsi. In ogni modo io avrei da saperne la fine, e non mi dispererei certo per nessun caso negativo.
Ma, ho detto tra me stessa, non potrebb’essere che Brighenti forse amico di questo sig. avvocato, o pure di qualche suo amico? e se è cosi, non farei bene a metter quest’affare nelle mani sue, ed affidarlo al suo buon cuore e alla sua prudenza? Io non so se valga la pena di cangiar posizione a quest’ora; certo ci penserei assai assai con un partito che offerisse meno bella prospettiva di questo (chè il solo venire a Bologna mi farebbe girar la testa), poi avrei da penare crudelmente per ottenere l’assenso di papà (quello di mamà già l’ho avuto), e per ottenere ch’ei non guastasse tutto invece di accomodare, cosa in cui non sono affatto sicura di riuscire, per tutto questo non so se sia conveniente l’entamer questo discorso, mentre poi da un’altra parte mi piacerebbe assai se l’affare riuscisse. Io mi rimetto però intieramente ai consigli tuoi e di papà tuo: egli sa bene come regolarsi, e quando egli mi dica ch’io non pensi più a questo, allora non vi penserò più davvero.
Vedi, Marianna mia, s’io faccio conto di te, e se ho il menomo dubbio sulla tua affezione e dei tuoi. Ora che ti ho detto tutto, mi pare di esser più libera, io mi sentiva stanca di pensar sempre qui senza mai decidermi. È un pezzo che non mi dai più le tue nuove, mia carissima; ancora so dove passerai il carnevale, io spero in qualche brillante capitale.
Addio addio, abbraccia per me la cara Nina, e salutami tanto papà, cui se debbo dire qualche parola di scusa, la dirai tu a nome mio. Addio. con tutta l’anima.