Lettere d'una viaggiatrice/Viaggio a Cosmopoli/Nel Paese dei Re

Nel Paese dei Re

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NEL PAESE DEI RE

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Cannes, marzo...


Appena un re, una regina, un principe ereditario, una principessa del sangue, un granduca zio, un’arciduchessa cugina, hanno i nervi diventati fiacchi, lo stomaco che digerisce male, i polmoni deboli, sovra tutti i polmoni deboli, i reali medici non vi pensano un minuto sopra, e ordinano immediatamente loro la dimora di Cannes; appena un re annoiato, ha voglia di lasciare il suo regno, appena un re spodestato vuole, almeno, godere un poco la vita, fra i suoi colleghi, che sono stati spodestati ieri, o che saranno, forse spodestati domani, appena una principessa vuole fuggire sua suocera o un’Altezza Serenissima vuole evitare la presenza [p. 226 modifica]di sua moglie, ecco, non manca mai un piccolo malanno del sangue, della testa, dei bronchi, un impercettibile, invero, e gaio malanno che i compiacenti medici mandano, senz’altro, a guarire sul littorale nizzardo, a Cannes; e con costoro, giungono a Cannes figliuoli e figliuoletti, nepoti e cugini, precettori, mademoiselles, istitutrici, governatrici e bambinaie, giungono aiutanti di campi, cavalieri di compagnia, segretarii, maggiordomi, dame di corte, dame di palazzo, lettrici, segretarie, e una serie di piccole corti si formano, tutte a Cannes, diffuse in quelle ville circondate di palmizii, i cui nomi sono così bizzarri e poetici; villa des Topazes; des Èmeraudes; des Saphirs; villa des Roses; des Glycines; des Giroflèes; villa Mon desir; petite Marie; Chèrie; Gabriel; villa Joujou; villa Bèbè ed altri e diversi nomi che il capriccio di un milionario, di un mondano, di un malato, ha messo sui grandi cancelli dorati, che chiudono le aiuole profumate; un’altra serie di piccole corti si forma, anche, nei grandi, ricchi, costosi, fastosi alberghi di Cannes, tanto che i saloni, gli ascensori, i corridoi, sembrano [p. 227 modifica]altrettante pagine dell’almanacco di Gotha; tanto che sui peristilii, all’entrata dei giardini, nei portoni, fuori le porte di alcuni appartaménti vi è sempre uno staffiere, un chasseur, un servitore in livrea di quella o quell’altra casa regnante; tanto che le parole più comuni, volanti nch’aria impregnata di sovranità di Cannes, sono Monseigneur e Votre Altesse, sono mon Prince e Votre Majesté; tanto che l’atto più comune in questa folla, coronata variamente, che villeggia a Cannes, è di tirarsi da parte, è di fare ala, per lasciar passare qualche re, dirò così, più importante; tanto che, per non sbagliare, per non commettere qualche errore di lesa maestà, è meglio fare dei grandi saluti a qualunque buon uomo vi guarda, ed è meglio d’interpellare col titolo di principe, qualunque sconosciuto a cui si domanda la propria strada. Al passeggio, alla stazione, nei ritrovi quotidiani, alle matinées di musica e di prosa, ognuno di noi cerca, fissando un volto, di discernere a quale famiglia regnante egli possa mai appartenere, di ricordarsi in quale anno dell’almanacco di Gotha, vide mai un ritratto simile a [p. 228 modifica]quel viso, e nulla è più degno di riso tranquillo e muto che l’asseveranza di varii snobs, che c’indicano il duca di Leuchtemberg col nome di granduca Michele, il principe di Romania col nome di conte di Caserta, e due ragazzetti di non so quale signora francese, come i figliuoletti della principessa di Mecklembourg Schwerin.

Singoiar giorno per visitare un paese di re e di tisici, di veri e di falsi tisici, di veri re, di ex re, di futuri re! Tutta la costiera nizzarda e massimamente il dolce, il mite, il tiepido paese dei malati di petto, Cannes, era stato sorpreso da tale un vento di tramontana, da mozzare il fiato, da tagliare la faccia. Non ho mai inteso tanto freddo nella mia vita, come in questo primissimo giorno di marzo, venendo dalla tiepida Nizza, nel paese del caldo, nel paese dove i tisici dovrebbero guarire; e nulla era più comico e più tragico, insieme, che lo aspetto delle vie di Cannes, con quelle [p. 229 modifica]signorine alte e snelle, vestite di bianco, chinando il capo sul piccolo boa di piume bianche, dinanzi al mare di Cannes diventato tutto nero, dove ballavano maledettamente tre o quattro yachts elegantissimi, e che si ostinavano, queste ragazze forse tisiche, a girare per le vie, da una pista velocipedistica a un lawn tennis; nulla era più buffo e più stupefaciente che tanti di questi tisici, fuggenti contro la tramontana, in pantaloni di tela bianca, in pagliettina, in guanti giallo zolfo, con un grosso garofano color salmone all’occhiello della giacchetta nera leggiera, senza l’ombra del paletot: nulla era più interessante e grottesco che l’arrivo di tutti gli snobs tisici e non tisici, da quel confiseur, glacier, aftemoon tea, in quel caffè, insomma, che il signor Rumpelmayer, tiene aperto a Cannes, come a Nizza, come a Montecarlo, come a Parigi, e in cui alle cinque, vuole e vuole assolutamente la moda che s’intervenga, per vedere la società più alta, più fine, più elegante, abbeverarsi di the e mangiare ogni sorta di pasticcini dolci o salati, un arrivo strano, in quel giorno di freddo orribile, da [p. 230 modifica]Rumpelmayer, con le signore che avean gittato delle pellicce sui loro vestiti di merletto bianco e nero, e pure tremavano di freddo, coi giovinotti che avevano appena osato di sollevare il bavero delle loro giacchette, e che ingollavano dei grogs bollenti, per mettersi un po’ di caldo in corpo, con certe faccie pallide di donne, di uomini che tossicchiavano e mangiucchiavano pasticche di tutte le catramine e di tutte le codeine del mondo, con noi stessi, giunti dalla soave, dalla tiepida Nizza nelle più molli e più leggiere toilettes da uomo e da donna, tutta la nostra coterie, senza neppure l’ombra di una pelliccia, senza nulla di caldo, infine, poiché è o non è, Cannes, il paese, talmente tiepido, che i tisici vi vanno a guarire? Ognuno di noi, col naso rosso curvato sul the di Rumpelmayer, non osando più uscire da quel caffè, pensava che, probabilmente, avrebbe fornito qualche personaggio di più, fra qualche giorno, alla falange dei tisici di Cannes! [p. 231 modifica]


Strano paese, certo, questo Cannes, dove tutta la folla di Sovrani più piccoli e più grandi, di principi più noti e meno noti, si raccoglie per quello spirito di corpo, per quella solidarietà regale che ha l’aria di volersi smentire, quando ognuno di loro parte dal proprio paese, e che si afferma sempre più, in questo bellissimo, aristocratico e malinconico paese di Cannes! Tutti questi membri del Gotha hanno l’aria, venendo sul littorale, di rinunziare alla grandezza, al fasto, alla pompa, hanno l’apetto di voler diventare pacifici villeggianti, malati o non malati, di un posto incantevole: ma, viceversa, essi non vanno a Montecarlo che per qualche rara visita alla sala del giuoco, dove, ogni tanto, per cinque minuti, luccica l’immagine di una corona, simile a quella impressa sulle monete di oro e sparisce: viceversa, essi non vanno a Nizza, per non mescolarsi alla folla degli svernanti di tutte le nazioni, e appena appena se vi appariscono, in qualche [p. 232 modifica]carro di fiori, i più giovani, i più brillanti, nei giorni del carnevale, della battaglia dei fiori: e, tutti quanti, si riuniscono a Cannes, che è il loro paese d’inverno e di primavera, oramai, e si visitano fra loro, e se pure vanno in automobile, giuocano al tennis, giuocano al golf, mangiano i sandwichs del nostro amico Rumpelmayer, e si vestono, le donne, da Doucet o da Redfern, che hanno succursali a Cannes, si vestono, gli uomini, da Poole, che ha bottega anche a Cannes, oltre che a Londra e Parigi: pure conservano il loro carattere regale, i loro circoli particolari, i loro amori, le loro amicizie, le loro simpatie e le loro antipatie, come nei paesi donde vennero. Sono una casta, come dapertutto, anche a Cannes. Il paese, infine, ne riceve un carattere singolare di Corte in mezza vacanza, un po’ triste e fredda, talvolta, graziosa spesso, mai dimentica del proprio posto. E ogni pacifico cittadino che va lì, per curiosare, per ridere, per ricordare, finisce per appartenere, così, naturalmente, a uno di quei gruppi regali, a uno di quei sovrani, a uno di quei principi, per dovere, per piacere, per [p. 233 modifica]elezione, per simpatia; ognuno volontariamente, o involontariamente, è assorbito in una orbita principesca. Ognuno di noi, più o meno, ha a Cannes, una conoscenza del Gotha, una riverenza da fare, un nome da scrivere, in un registro. Infine, tornando, ognuno di noi, tanto per continuare, dà del Monseigneur all’altro!