Lettere (Sarpi)/Vol. II/189

CLXXXIX. — Al medesimo (?)

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CLXXXIX. — Al medesimo (?)
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CLXXXIX. — Al signor De l’Isle Groslot (?).1


L’ultima mia fu delli 15;2 dopo, ho ricevuto col presente corriero la gratissima di V.S. delli 27 [p. 251 modifica]ottobre, dalla quale ho inteso molto bene come passino le cose de’ Reformati in Francia. Dobbiamo confidare nella Maestà divina, la quale anco dal male fa nascere bene.

Le rendo grazie di quello che ha scritto a monsieur l’Eschassier, il quale veramente stimo e osservo. Ho letto con piacere la Rimostranza del signor Servino,3 la quale giudico degna. Egli ha fatto giudizio sopra quel libro degno del suo sapere. Ma la Sorbona nel censurar quello del signor Duplessis, avrebbe potuto mostrar più modestia e più giudizio di quello che ha fatto.

Non mi maraviglio se diranno che si possa ben interpetrar quello che è stato scritto per la beatificazione del padre Ignazio, essendo solito di tutti i papisti di ammettere ogni eccesso nelle cose approvate da loro, e dar ogni sinistra interpretazione a quelle degli altri. Noi lo esperimentiamo in questo, che se il papa è comparato con gli altri vescovi, non si può comportare; questa è una eresia: s’è eguagliato a Dio, tutto sta bene, e riceve buona interpretazione. Soleva la Sorbona esser stimata nelli suoi giudicii, ma da un tempo in qua mi pare che abbia diminuito assai di reputazione.

Per risposta di quella di V.S., non mi occorre dirle se non della cifra...4 Vengo alle nuove, che noi abbiamo di qua considerabili.

È tornata a Napoli parte dell’armata che andò [p. 252 modifica]in Affrica, assai conquassata, senza sapersi nuove del rimanente; di modo che ha avuto una delle vittorie solite. Si è abboccato il duca di Savoia in Susa con monsignor Lesdiguières; e quel principe tratta continuamente con capitani di guerra. Che disegni egli possa avere, qua non è ancora penetrato, nè io posso pensare altro, salvo che voglia dare qualche gelosia a Spagna. È andata attorno una certa voce, che il suo primogenito voglia vestirsi cappuccino. Io non posso affermare questo per vero; ma questo so ben certo, che sua Altezza ha comandato alli Cappuccini, che nelli luoghi del suo dominio non tengano frati, se non sudditi suoi naturali. Ha ancora quel duca fatto spianare una rôcca nella terra di Vezza, feudo della chiesa d’Asti;5 nè per questo il pontefice fa quel tanto romore che s’avrebbe potuto credere.

Parmi d’aver scritto a V.S. altre volte, che li Spagnuoli hanno fatto quattro richieste al papa: una, che non si metta pensione in capo di Spagnuoli per Italiani; la seconda, che le cause anche in seconda instanza siano giudicate in Spagna; la terza, che il re abbia la nominazione di tutti i vescovati delli Stati suoi d’Italia; e la quarta, che, in luogo delle spoglie di Spagna, si statuisca una entrata annuale ordinaria, e non si faccia più spoglie. Pareva che sopra le tre prime si fosse posto silenzio; nondimeno tornano in trattazione, e di Spagna s’aspetta persona espressa che viene per sollecitar l’espedizione; e di Roma mandarono in Spagna il padre Alagona gesuita, per mostrare che le [p. 253 modifica]domande sono contra coscienza. Vedremo quello che ne succederà.

Un’altra nuova mi viene da Roma, la quale essendo molto considerabile, io la voglio copiare dalla lettera che ho, di parola in parola, e lasciar che V.S. ne faccia ella giudicio. Il capitolo è questo: — «L’altro giorno è stato carcerato per il Santo Officio l’abbate di Bois francese, dell’ordine de’ Celestini, per ordine della regina, per esser quest’uomo sedizioso, e che dopo la morte del re abbia predicato pubblicamente cose in pregiudizio della Religione; e quello che gli ha cagionata questa risoluzione, è stato per avere sparlato alla gagliarda de’ Gesuiti, e detto publicamente ogni male. E volendo il consiglio e la regina farlo carcerare, fu deliberato a non venir a simile risoluzione dubitando di qualche sollevamento, avendo quest’uomo gran seguito; ma con intenzione di mandarlo a trattar certo negozio per servizio della regina a Fiorenza: e in questa corte l’hanno benissimo trappolato, e sì bene, che la passerà male, non avendo alcun appoggio, e malissimo veduto dall’ambasciatore di Francia; e gli Gesuiti faranno ancor loro quanto potranno, acciocchè non abbia più modo di sparlar di loro: perchè, tra le altre cose, si affatica a più potere a dare ad intendere alli Francesi in Parigi, che detti Gesuiti avevano cagionata la morte del re; del che persuasi quelli popoli un giorno, avrebbono potuto fare qualche segnalato risentimento contra di loro.» — Io pronostico che questo pover’uomo debbia correre la fortuna di fra Fulgenzio cordeliere,6 e prego Dio che gli abbia misericordia. [p. 254 modifica]

Non riscrivo a V.S. le cose che conteneva quella cifra da Lei non intesa, perchè hanno mutato assai lo stato; ma quando l’ambasciator nostro avrà incominciato a negoziare in Roma, le scriverò in tali materie quello che occorrerà. Per ora finirò di abusar più lungamente della pazienza sua, trattenendola in queste leggerezze, ma non di riverirla; nel che persevererò sempre. Le rendono molti saluti il signor Molino e padre Fulgenzio, ed io le bacio la mano.

Di Venezia, li 22 novembre 1611.




Note

  1. Edita come sopra, pag. 417.
  2. Non abbiamo lettere del Sarpi superstiti con simile data, se vuolsi intendere del novembre; e per questo e per altri indizi può dubitarsi che sia diretta ad altri che al Groslot.
  3. Vedi la nota 1 a pag. 236.
  4. Lacuna della prima stampa.
  5. Oggi nel mandamento di Cornegliano e nella diocesi d’Alba.
  6. Non si avverarono completamente questi sinistri pronostici, a malgrado ancora di quanto narrasi nelle due Lettere seguenti. Noi diremo, annotando la Lettera CXCVI, quello che i posteri hanno potuto saperne, dopochè potè scernersi tra quella “mistura di pubblico e di occulto,„ che fece velo al giudizio dei contemporanei.