Lettere (Sarpi)/Vol. I/76

LXXVI. — Ad Antonio Foscarini

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LXXVI. — Ad Antonio Foscarini
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LXXVI. — Ad Antonio Foscarini.1


Buona nuova è quando insieme viene avviso dell’infermità e della sanità ricuperata. È da credere che la febbre patita da V.E. tre giorni sono, sia stata una purgazione fatta dalla natura dei mali umori aggregati per lo patimento del viaggio, fatto in tempi così aspri: per il che più mi rallegro, che mi dolgo.

Gli uomini del re d’Inghilterra hanno tutti [p. 255 modifica]alquanto di barbaro,2 e l’ambasciatore d’Inghilterra massime, sebbene insieme con quel loro sussiego sia congiunta altrettanta cortesia: ma V.E. è appunto attissima a trattare con loro, chè sa rispondere secondo le occorrenze all’una e all’altra maniera. Veramente il tenere pratica con loro, e più dimestica che si può, serve molto. Serve per dare riputazione e generare gelosia in quelli del papa e di Spagna, e renderli attoniti; essendo molto utile che credano che ci sia ancor maggiore amicizia di quella che sia in effetto.

Resto molto obbligato e debitore a V.E. per l’affetto che mi mostra, il quale anco non ora solamente m’è manifesto, ma da molto tempo: all’occasione la supplicherò, sempre con certezza di trovare l’animo pronto a favorirmi. Nessuna cosa mi può occorrere, salvo che in materia delle persecuzioni del papa; ed è vero che già due mesi se ne diceva qualche parola, ma dopo s’è passato a così alto silenzio, che mi fa stupire. Io credo non che abbia mutato il mal animo, ma che altri pensieri l’abbiano divertito: nè credo, mentre egli tace, essere bene trattar cosa alcuna, per non tornare il negozio in piedi, dal canto nostro; ma tacendo egli, tacere, ed allora solo adoperarsi quand’egli fa moto. Forse che piacerà a Dio fare che non se ne parli più, ed io piuttosto desidero che la cosa passi così, e termini in un silenzio piuttosto che in una composizione, parendomi che così passi con più riputazione pubblica: chè, del resto, io sono senza bisogni e senza desiderii. [p. 256 modifica]

Mi piace molto che il duca di Sully si mostri amico, ed i rispetti persuadono che lo sia con verità. Ella avrà occasione ne’ ragionamenti familiari e cortesi di scoprire le sue inclinazioni, se alla quiete o al moto; e quanto al moto, se a levante ovvero a mezzodì; e quanta intelligenza vi sia col re d’Inghilterra. La buona disposizione del re di Francia mi piace sopramodo, purchè corrispondano i deputati; da’ quali mi pare che non si possa aspettare prestezza, nè sia bene il procurarla per non tirarli in una negativa, dove vengono tirati sempre che si procura di farli risolvere presto. Quando si sa la natura delle persone con che si tratta, bisogna comportarla e secondarla. V.E. sa benissimo che alcuno ancora non è troppo bene affetto a questa corte.3

De’ negozi, a Savoia nessuno crede, ed è fama che il re di Francia istesso non se ne fidi; e si tiene ch’esso Savoia faccia tutto per avvantaggiare le cose sue in Ispagna. Nessuna cosa più s’aspetta da V.E. se non quello appunto ch’ella fa: buoni uffici, che pian piano gettino radici. Le occasioni presenti non consigliano che s’aspetti il frutto immediate: l’agricoltore semina sempre l’inverno, aspettando il frutto per l’estate. Ogni buon seme fa il frutto suo, e quello che tarda più a produrlo, il fa più soave. Io spero dall’opera di V.E. gran cose.

Mi ha fatto favore a servirsi del libro sopra il Concilio, essendo questa materia dalla quale potrebbe nascer occasione che si parlasse. Li moti non [p. 257 modifica]dirò più d’Inghilterra, ma di Germania, vanno crescendo; e s’intende per gli ultimi avvisi, che Matthias fosse entrato in Boemia, e che camminando vada facendosi far giuramento dai popoli. I principii sono tanto grandi, che pare sia impossibile che non succeda gran mutazione. Tutti i Tedeschi che sono in questa città, paiono inclinati alle cose di Matthias; il che mi fa credere che in Germania l’imperatore abbia pochi devoti. Dio faccia la sua santa volontà.

Qui l’avere veduto che il signor Contarini, due volte tanto prossimo, fu escluso dal Collegio, diede molto animo e fece parlare alto a certi che vorrebbero opprimere i buoni. Ma successe poi la elezione del Barbarigo a Savoia,4 di quarantadue balle, e poco di poi la ballottazione in gran Consiglio del Contarini, che rimase di quattrocento dal suo concorrente (gentiluomo atto a rimanere con tutte le balle): cosa che ha confermato i buoni e fermato alquanto gli altri, e che lascia speranza che i negozi siano per andar sempre bene, poichè l’universale si vede disposto a far la giustizia.

Sento molto piacere che Giacomo Badoaro riesca a V.E. di valore, come lo dipinge: però non posso restare di riverentemente ricordarle d’andare con esso lui col sacco solo da raccogliere, massime per questi principii, sinchè più internamente lo [p. 258 modifica]maneggerà in negozi. Per quanto s’aspetta a conversazione, è compitissimo; non occorre dubitarne.

Non mi allungherò più, per non attediarla.

Di Venezia, il 9 giugno 1609.




Note

  1. Tra le raccolte in Capolago ec., pag. 175.
  2. Da rammentarsi ai critici, panegiristi o detrattori, dello Shakespeare.
  3. Non potrebbe altrimenti intendersi che della corte di Roma.
  4. “Cioè, ambasciatore a Savoia. Gli ambasciatori erano eletti dai Pregadi, ossia Senato, composto di circa trecento individui; ma non tutti avevano voto deliberativo. I membri del Collegio erano eletti dal maggior Consiglio, il quale ordinariamente componevasi dai seicento ai settecento nobili.„ (Bianchi- Giovini.)