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258 lettere di fra paolo sarpi.

gerà in negozi. Per quanto s’aspetta a conversazione, è compitissimo; non occorre dubitarne.

Non mi allungherò più, per non attediarla.

Di Venezia, il 9 giugno 1609.




LXXVII. — A Giacomo Leschassier.1


Non ho ricevuto ancora la Raccolta dei canoni che la V.S. eccellentissima m’inviò, nè le lettere cui andava unita. Io credo che l’illustrissimo signor Legato mandasse a Lione col mezzo di mercatanti quel libro, unitamente all’opera del Boccello, affinchè per la via di Torino fosse trasportato a Bergamo. Ci eravamo fitto in capo che quel giro fosse di comoda prontezza; ma non fu così. Già ci giunse, infatti, quello che si mandava a noi di costì per la via di Francfort. Ho veduto il libretto, ossia la collezione che ha titolo Trattati sui dritti, ed è buono il giudizio ch’Ella ne porta. È un’accolta di autori che non ripetono luoghi comuni. Avevo veduto nel Duareno2 le rimostranze, messe in latino, al re Lodovico XI, e l’opera del Tillet3 in antica


  1. Tra le stampate in latino nelle Opere di Fra Paolo ec., pag. 54.
  2. Francesco Duaren, giureconsulto e letterato francese celebratissimo, e stato in Italia discepolo dell’Alciati. Scrisse elegantemente e lasciò, tra le altre opere: De sacris Ecclesiæ ministeriis ac beneficiis.
  3. Due furono i Tillet, fratelli, e morti egualmente nel 1570. L’uno fu vescovo di Meaux, l’altro consigliere del Parlamento di Parigi; autori entrambi di opere assai pregiate. Ma il Sarpi dovrebbe alludere al primo de’ due, come dell’altro più famoso.