Lettere (Sarpi)/Vol. I/75

LXXV. — Al medesimo

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LXXV . — Al signor De l’Isle Groslot.1


Ricevei e risposi a quella di V.S. quando mandò il discorso delle cifre, e ne la ringraziai. Quelle dei 12 marzo è necessario che siano perdute: ora ho ricevuto quelle de’ 13 maggio.

Quanto tocca al ducato di Cleves, reputo che dalli Spagnuoli non nascerà causa di turbolenze armate, essendo risoluti per ora alla pace, per quanto starà a loro. Con le arti e trattati, giudico non resteranno di metter diffidenze e dissensioni tra li pretendenti. In Italia, per quello che appare sinora, vogliono parimente quiete; e il poco gusto che passa tra il pontefice e questa Repubblica non è di tanta forza, che possi causar moto.

La Rota, innanzi Pasqua, propose la causa dell’Abbazia, agitata in apparenza tra la congregazione dei monachi Camaldolensi e la Dataría papale; ma, in realtà, senza intervento di essa congregazione, la quale, intimidita, avrebbe per gran ventura che il papa volesse placarsi ricevendo quell’Abbazia, e qualch’altra cosa appresso. Però la Rota sino al presente non ha dato fuori la decisione fatta; e siamo ancora nel principio (si può dire) della controversia. Io non posso preveder quello che sarà: certa cosa è che il papa non vorrà che si scriva in questa causa; e questa forse è la ragione perchè la decisione di Rota non si dà fuori. Io non posso prender parola, salvo che quando mi fosse comandato.

Quanto alle cospirazioni contro di me, non ne [p. 254 modifica]mancano; ma io faccio ogni cosa acciò vadino in silenzio, con questa opinione, che il così fare non solo sia il mio debito particolare, ma ancora serva a molti buoni fini, che quelli i quali vedono la cosa da lontano non possono scorgere com’io, che lo veggo qui. V.S. tenga per sicuro, che se Ella fosse qui, sarebbe dell’istesso parere che son io.

Intendo che sarà presto da lei il signor Bongars. Ella intenderà qualche particolarità delle cose dei Svizzeri e di Germania. Se ci sarà alcuna cosa delli Gesuiti di Friburgo o d’altro luogo, che meriti esser saputa, la pregherò farmene parte. Il padre Fulgenzio e il clarissimo Molino la risalutano affettuosamente, e io le bacio la mano con il solito affetto; assicurandola che le sue lettere quanto più sono spesse, maggiormente mi riescono grate; come ancora agli altri due amici qui sopra cennati.

Di Venezia, il dì 8 giugno 1609.




Note

  1. Edita: come sopra.