Lettere (Machiavelli)/Lettera XII a Francesco Guicciardini

Lettera a Francesco Guicciardini

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Lettera a Francesco Guicciardini
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XXXIV.

AL MEDESIMO.

Magnifico e maggior mio onorando.


Io ho ricevuto queſto di circa ore 22. la vostra del primo dì del presente, e per non ci essere Roberto Acciajoli, che ne è ito a Monte Gufoni io mi trasferii subito dal Cardinale, e gli dissi quale era l’intenzione di Nostro Signore circa le cose trattate da Pietro Navarra, e come Sua Santità voleva che si traesse da lui tale e sì gagliardo disegno, che desse cuore ad un popolo fatto a questo modo, e tanto che potesse sperare di difendersi da ogni grave e furioso assalto. Sua Signoria Eminentissima disse [p. 86 modifica]che di nuovo lo avrebbe a se questa sera, e che lo pregherebbe e graverebbe con quelli modi più efficaci potesse a fare tale effetto. Nondimeno, ragionando noi insieme de’ disegni dati, ci pare, che volendo stare in sul circuito vecchio, che non si possa migliorare, nè si possa anco non stare in su tal circuito1, perchè, a non vi volere stare, conviene o crescere Firenze nel modo che sa la Santità di Nostro Signore, o levare via il quartiere di S. Spirito e ridurre la città tutta in piano. Il primo modo lo fa debole la gran guardia che vi bisognerebbe, dove il popolo del Cairo sarebbe poco; il secondo modo è parte debole e parte empio. Debole sarebbe, quando voi lasciassi le case di quel quartiere in piè, perchè lasceresti una città al nemico più potente di voi, e che si varrebbe del contado più di voi, tanto che gli straccherebbe prima voi, che voi straccassi lui: l’altro modo di rovinarlo, quanto sia difficile e strano, ciascuno lo intende. Pertanto bisogna affortificarlo come egli è, in qual modo io non vi voglio ancora scrivere, sì perchè egli non è bene fermo, sì ancora per non entrare innanzi a’ miei maggiori. Bastivi questo: che delle mura di detto quartiere del di là d’Arno, parte se ne taglia, parte se ne spigne in fuori, parte se ne tira in dentro; e parmi, e così pare al signor Vitello venuto a questo effetto, che questo luogo resti fortissimo, e più forte che il piano; e così dice e afferma il conte Pietro, affermando con giuramento che questa città, acconcia in tal modo, diventa la più forte terra di Italia. Noi abbiamo a essere insieme domattina per rivedere tutto e massime il disegno maggiore; dipoi si ristringeranno questi deputati, e esamineranno ciò che si è ordinato, e tutto si metterà in scritto e in disegno, e manderassi costì alla S.tà di Nostro Signore, e sono di oppinione gli satisfarà, e massime quello del poggio, dove sono fatti i provedimenti strasordinarii. Quel del piano [p. 87 modifica]non si parte dall’ordinario, ma perchè simili siti ognuno gli sa fare forti, importa meno. Il conte Pietro starà qui domani e l’altro, e ci sforzereno di trarli del capo se altro vi sarà; e io ho atteso ad udire, perchè non mi intervenisse come a quel Greco con Annibale. Vi ringrazio ec.

Adì 4. Aprile 1526.

Niccolò Machiavelli.


  1. In questa ed altre susseguenti lettere si parla del piano per fortificare Firenze. La relazione della visita fatta a questo proposito si è riportata nel Tomo secondo.