Lettere (Andreini)/Lettera XCII

XCII. Simili.

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Simili.


S’
Io potessi ricever questo soave refrigerio, e questo dolce aiuto di sfogar l’anima dolente, raccontando à voi quella passione, ch’io desidero di celar à ciascun’altro, e se fosse possibile al Cielo istesso, io mi riputerei nell’infelicità felicissimo: ma per levarmi la nemica mia sorte, ogni speranza di poterlo fare, m’ha tolto il Sole di quei begli occhi, il qual può solo aprir il giorno à questi miei. Invano esce per me il Sole dell’Oriente, poiche i’ son fatto compagno dell’ombre, e de gli orrori, conoscendo, che ’l tenebroso cuor mio altro non brama: ma perche i’ non possa nè pur breve conforto ritrovar nelle tenebre, s’avvien, che dopò le amare lagrime sparse ne gli oscuri miei giorni, stanco da i martiri e dalle lunghe vigilie i’ chiuda alcuna volta i lumi nel profondo della notte, il negro figlio dell’ombra, il sogno per me infelicissimo, innanzi a gli occhi dolenti mi

[p. 85v modifica]figura altro amante, il quale per eterna mia doglia veggo arricchito del pretiosissimo tesoro della gratia vostra, e perche ’l mio tormento non habbia fine, tutto che all’apparir del Sole si dilegui il sogno in compagnia dell’ombra (sogno che non è stato senza lagrime) egli però hà potuto in me tanto co’ notturni fantasmi, ch’io non posso ancorche i’ sappia d’haver sognato, non creder alle vedute mie pene, così son elleno internate nel tormentoso mio cuore, talmente, che non sol de i veri: ma de i finti dolori, mi convien sentire passione grandissima.