Lettere (Andreini)/Lettera XCI
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Isabella Andreini - Lettere (1607)
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P
OCO mi giova (bellissima Donna) il procurar di mostrarvi per mezo di dolci parole l’amaro de’ miei dolori, essendo ch’io conosco benissimo, che pietoso affetto, non può destar in voi amorosa pietate. Ah, che i languidi sguardi, ah che ’l dolente volto sparso di color di morte, ah che i muti sì; ma infiammati prieghi di questi occhi lagrimosi non bastano ad aprir le durissime porte del vostro adamantino petto, sì ch’io possa impetrar giusta mercede alle mie lunghe fatiche, od acquistar almen credito all’immutabil mia fede, poiche voi non v’accorgete, che quella bellezza, che v’adorna, e quella gratia, che vi fà riguardevole (colpa di tanta crudeltà) altro non sono, che misere cagioni, e di danno, e di morte. Deh, se voi non provate affetto d’amor per me, almeno habbiate pietà di quello, ch’io sento per voi. Siate di me pietosa, e tanto mi basta; portando io ferma opinione, che la pietà sia cote de gli strali d’Amore, il lume del suo fuoco, e l’ali del suo volo.
Habbiate di me pietà, ch’io mi rendo sicuro, che dopò l’havermi veduto infelicemente languire, mi trarrete di grembo alla miseria, facendomi provare amoroso contento; per laqual cosa spero di metter in oblio quanto di noioso, e di dispiacevole hò sofferto amando, e se pur n’havrò memoria, non mi sarà discara, ricordandomi, che i veri servi d’Amore, non possono gustar dolce, e felice vita, se prima non hanno provata amara, & infelice morte.