Leonardo prosatore/Scritti sull'arte/II

II. — La vita del pittore

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Scritti sull'arte - I Scritti sull'arte - III

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II. — LA VITA DEL PITTORE.

Il pittore debbe essere solitario e considerare ciò ch’esso vede e parlare con seco, eleggendo le parti più eccellenti di qualunche cosa lui vede, facendo a similitudine dello specchio, il quale si trasmuta in tanti colori quanto sono quelli delle cose che se li pongono dinanzi. E facendo cosi, lui parrà essere seconda Natura.

Tratt. d. Pittura, Ludwig, 58.


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LA VITA DEL PITTORE




Il pittore nel suo studio.

A ciò che la prosperità del corpo non guasti quella dello ingegnio, il pittore over disegniatore debbe essere soletario e massime quando è intento alle ispeculazione e considerazione1 che, continuamente apparendo dinanzi agli occhi, danno materia alla memoria d’esser bene riservate. E se tu sarai solo, tu sarai tutto tuo, e se sarai accompagniato da uno solo compagnio, sarai mezzo tuo, e tanto meno quanto sarà maggiore la indiscrezione della tua pratica, e se sarai con più, caderai più in simile inconveniente; e se tu volessi dire: io farò a mio modo, io mi tirerò in parte per potere meglio speculare le forme delle cose naturale, dico questo potersi mal fare, perchè non potresti fare che già spesso non [p. 150 modifica] prestassi orecchi alle lor ciancie, e, non si potendo servire a due signiori, tu faresti male l’uffizio della compagnia e peggio l’effetto della speculazione dell’arte. E se tu dirai: i’ mi tirerò tanto in parte che le lor parole non perveniranno e non mi daranno impaccio, io in questa parte ti dico che tu sarai tenuto matto; ma vedi che così facendo tu saresti pur solo? E se pure vorrai compagnia, pigliala del tuo istudio: questa ti potrà giovare per il conferimento che accade delle varie speculazione; ogni altra compagnia ti potrebbe essere assai dannosa.

Se gli è meglio a disegnare in compagnia o no.

Dico e confermo che ’l disegniare in compagnia è molto meglio che solo per molte ragioni. La prima è che tu ti vergognierai d’essere visto nel numero de’ disegniatori essendo insoffiziente e questa vergognia fia cagione di bono studio; secondariamente la invidia bona2 ti stimulerà a essere nel numero dei più laudati di te, che l’altrui laude ti sproneranno; l’altra che tu piglierai de’ tratti di chi fa meglio di te. E se sarai meglio degli altri, farai profitto di schivare i mancamenti e l’altrui laude accresceranno tua virtù. [p. 151 modifica]

Dello studiare insin quando ti desti

o innanzi t’addormenti nel letto, allo scuro.

Ho in me provato esser di non poca utilità, quando ti truovi allo scuro nel letto, andare co’ la imaginativa ripetendo i lineamenti superfìziali delle forme per l’adirieto studiate o altre cose notabili, da sottile speculazione comprese; ed è questo proprio un atto laudabile e utile a confermarsi le cose nella memoria.

L’abitazioni.

Le stanze overo abitazione piccole ravvían lo ’ngegno e le grandi lo svíano.

Modo d’aumentare e destare lo ’ngegnio

a varie invenzioni.

Non resterò, però, di mettere in fra questi precetti una nova invenzione di speculazione, la quale, benchè paia piccola e quasi degnia di riso, nondimeno è di grande utilità a destare lo ’ngegnio a varie invenzioni. E questo è: se tu riguarderai in alcuni muri imbrattati di varie macchie o pietre di vari misti3, se arai a invenzionare qualche sito, potrai lì vedere [p. 152 modifica] similitudine de’ diversi paesi, ornati di montagnie, fiumi, sassi, albori, pianure, grandi valli e colli in diversi modi; ancora vi potrai vedere diverse battaglie e atti pronti di figure, strane arie di volti e abiti e infinite cose, le quali tu potrai ridurre in integra e bona forma, E interviene in simili muri e misti4 come del sono di campane, che ne’ loro tocchi vi troverai ogni nome e vocabulo che tu imaginerai.

Il pittore deve avere per maestra la Natura.

Il pittore arà la sua pittura di poca eccellenza, se quello piglia per altore l’altrui pitture, ma s’egli imparerà dalle cose naturali, farà bono frutto, come vedemo in ne’ pittori dopo i Romani, i quali sempre imitorono l’uno dall’altro, e di età in età sempre andare detta arte in dechinazione. Dopo questi venne Giotti fiorentino, il quale nato in monti soletari, abitati solo da capre e simil bestie, questo, sendo volto dalla natura a simile arte, cominciò a disegnare su per i sassi li atti delle capre de le quali lui era guardatore, e così cominciò a fare tutti li animali che [vede] va, in tal modo che questo dopo molto studio avanzò non che i maestri della sua età, ma tutti quelli di molti secoli passati. Dopo questo l’arte ricade, perchè tutti imitavano le fatte pitture, e così di secolo in seculo andò declinando, insino a tanto che Tomaso fiorentino, scognominato Masaccio, mostrò con opra perfetta come quegli che [p. 153 modifica] [non] pigliavano per altore altro che la natura, maestra de’ maestri, s’affaticavano invano.

Così voglio dire di queste cose matematiche5, che quegli, che solamente studiano gli altori e non l'opre di natura, son per arte nipoti, non figlioli d’essa natura, maestra de’ boni altori. Odi somma stoltizia di quelli i quali biasimano coloro che ’mparano da la natura, lasciando stare gli altori, discepoli d’essa natura!6

Imitazione.

L’imitazione delle cose antiche è più laldabile che le moderne.

Composizione d’un animale fantastico

mediante particolari naturalistici.

Tu sai non potersi fare alcune animale il qual non abbi le sua membra ciascuna per sè a similitudine con qualcuno de li altri animali. Adunque se voli fare parere naturale une animale finto da te (diciamo che sia uno serpente), piglia per la testa una di mastino e bracco, e per li occhi di gatta, e [p. 154 modifica] per li orecchi d’istrice, e per lo naso di veltro, e ciglia di lione e tempie di gallo vecchio, e collo di testudine d’acqua.

Il pittore non è laudabile se non è universale.

L’ingegno del pittore vol esser a similitudine dello specchio, il quale sempre si trasmuta nel colore di quella cosa ch’egli ha per obbietto, e di tante similitudini s’empie, quante sono le cose che li sono contraposte. Adunque, conoscendo tu, pittore, no poter essere bono, se no sei universale maestro di contraffare co’ la tua arte tutte le qualità delle forme che produce la Natura, le quali no saprai fare se no le vedi e ritraile nella mente, onde, andando tu per campagne, fa ch’el tuo giudizio si volti a varii obbietti, e di mano in mano riguardare or questa cosa, or quella, facendo un fascio di varie cose elette e scielte in fra le men bone, e no far come alcuni pittori, li quali, stanchi co’ la lor fantasia, dismettono l’opra e fanno esercizio co’ l’andare a spasso, riserbandosi una stanchezza nella mente, la quale, non che veglino por mente a varie cose, ma spesse volte, incontrandosi negli amici o parenti, essendo da quelli salutati, no che li vedine o sentino, non altrimenti sono cognosciuti come s’elli scontrassino altrettant’aria.


Il pittore che ritrae per pratica e giudizio d’occhio, sanza ragione, è come lo specchio, che in se imita tutte le a se contraposte cose, sanza cognizione d’esse.


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Io ho veduto universalmente a tutti quelli che fan professione di ritrarre volti al naturale, che quel che fa più somigliante è più tristo componitore di storie, che nessun altro pittore7. E questo nasce perchè quel che fa meglio una cosa gli è manifesto che la natura l’ha più disposto a quella tal cosa ch’a un’altra, e per questo ei ha avuto più amore, e ’l maggior amore l’ha fatto più diligente, e tutto l’amore ch’è posto a una parte manc’al tutto, perchè s’è unito tutto il suo diletto in quella cosa sola, abandonando l’universale pel particulare. Essendo la potenzia di tale ingegno ridotta in poco spazio, non ha potenzia nella dilatazione, e fa questo ingegno a similitudine dello spechio concavo, il quale, pigliando li razzi del sole, quando reflette essa quantità di razzi in maggiore somma di dilatazione, ei li refletterà con più tepida caldezza, e quando esso li reflette tutti in minore loco, allora tali razzi so’ d’immensa caldezza, ma adopra8 in poco loco. Tal fanno questi tali pittori, non amando altra parte della pittura ch’el sol viso de l’omo, e peggio è che no cognoscono altra parte ne l’arte di che essi facino stima, o ch’abbino giudizio, e le sue cose essendo sanza movimento, per essere ancora loro pigri e di poco moto, biasimano quella cosa ch’ha i movimenti maggiori e più pronti [p. 156 modifica] che quelli che sono fatti da lui, dicendo quelli parere spiritati e maestri di moresche.

Vero è che si debbe osservare il decoro, cioè che li movimenti sieno annunziatori del moto de l’animo del motore9, cioè se s’ha a figurare uno ch’abbia a dimostrare una timorosa riverenzia, ch’ella non sia fatta con tale audacia e prosonzione, che tal effetto paia disperazione, o che faccia un comandamento...., come io vidi a questi giorni un angelo, che pareva nel suo annunziare che volessi cacciare la Nostra Donna della sua camera, con movimenti che dimostravano tanta d’ingiuria quanto far si potessi a un vilissimo nimico, e la Nostra Donna pareva che si volesse, come disperata, gittarsi giù d’una finestra. Sì che siati a memoria di no cader in tali difetti.


Quello no fia universale, che non ama equalmente tutte le cose che si contengono nella Pittura; come se uno no li piace li paesi, esso stima quelli esser cosa di brieve e semplice investigazione, come disse il nostro Boticella10, che tale studio era vano, perchè col solo gittare d’una spunga piena di diversi colori in un muro esso lasciava in esso muro una macchia, dove si vedeva un bel paese. Egli è ben vero che in tale macchia si vedono varie invenzioni, dico, che l’om vole cercare in quella, cioè [p. 157 modifica] teste d’omini, diversi animali, battaglie, scogli, mari, nuvoli e boschi e altre simili cose, e fa com’il sono delle campane, nelle quali si pò intendere quelle dire quel ch’a te pare. M’ancora ch’esse macchie ti dieno d’invenzione, esse no t’insegnano finire nessuno particulare, e questo tal pittore fece tristissimi paesi.

Contro l’arte venale.

Ricordo a te, pittore, che quando, col tuo giudizio o per altrui aviso, scopri alcun errore nelle opere tue, che tu le ricorreggi, a ciò che nel publicare tale opera tu no’ publichi insieme con quella la materia tua. E non ti scusare co’ te medesimo, persuadendoti di restaurare la tua infamia nella succedente tua opera; perchè la pittura no more mediante la sua creazione, come fa la musica, ma lungo tempo darà testimonianza della ignoranzia tua.

E se tu dirai che nel ricorreggere vi va tempo, il quale mettendolo in un’altra opera, tu guadagneresti assai, tu hai ad intendere che la pecunia guadagnata soprabondante a l’uso del vivere nostro non è molta; e se tu ne voi in abbondanzia, tu no la finisci di adoperare, e non è tua, e tutto il tesoro che no s’adopera è nostro a un medesimo modo, e ciò che tu guadagni che no serve alla vita tua è in man d’altri sanza tuo grado. Ma se tu studierai e ben limerai l’opere tue col discorso delle due prospettive, tu lascierai opere che ti daranno più onore che la pecunia, perch’essa solo per sè [p. 158 modifica] s’onora, e no colui che la possiede, il quale sempre si fa calamita d’invidia e cassa di latroni, e manca la fama del ricco ’nsieme co’ la sua vita, resta la fama del tesoro, e no del tesaurizzante; e molto maggior gloria è quella della virtù de’ mortali che quella de li loro tesori. Quanti imperatori e quanti principi sono passati che no ne resta alcuna memoria! e solo cercorrono li stati e ricchezze, per lassare fama di loro. Quanti furon quelli che vissono in povertà di denari per arricchire di virtù! e tanto più è riuscito tal desiderio al virtuoso ch’al ricco, quanto la virtù eccede essa ricchezza. Non vedi tu ch’el tesoro per sè no lauda il suo cumulatore dopo la sua vita, come fa la scienzia? la quale sempre è testimonia e tromba del suo creatore, perchè ella è figliola di chi la genera, e no figliastra, come la pecunia.

E se tu dirai potere satisfare più a’ tuoi desideri della gola e lussuria mediante esso tesoro e no per la virtù, va considerando li altri che sol han servito a li sozzi desideri del corpo, come li altri brutti animali: qual fama resta di loro? e se tu ti scusarai per aver a combattere co’ la necessità non avere tempo a studiare e farti vero nobile, non incolpare se no te medesimo; perchè solo lo studio della virtù è pasto de l’anima e del corpo. Quanti sono li filosofi nati ricchi, ch’anno divisi li tesori da sè, per non essere vituperati da quelli!

E se tu ti scusasti co’ e figlioli, che te li bisogna nutrire, picola cosa basta a quelli, ma fa ch’el nutrimento sieno le virtù, le quali sono fedeli ricchezze, perchè quelle non ci lasciano, se non [p. 159 modifica]insieme co’ la vita. E se tu dirai che vogli far prima un capitale di pecunia, che sia dota della vecchiezza tua, questo studio mai mancherà e no ti lascierà invecchiare, e il ricettaculo delle virtù11 sarà pieno di sogni e vane speranze.

Del giudicare il pittore le sue opere

e quelle d’altrui.

Quando l’opera sta pari col giudizio, quello è tristo segno in tal giudizio; e quando l’opera supera il giudizio, questo è pessimo, com’accade a chi si maraviglia d’avere sì benoperato; e quando il giudicio supera l’opera questo è perfetto segno, e se gli è giovane in tal disposizione, senza dubbio questo fia eccellente operatore, ma fia componitore di poche opere, ma fieno di qualità che fermeranno gli uomini con admirazione a contemplar le sue perfezioni.


Nisuna cosa è che più c’inganni ch’el nostro giudizio, ch’el dopera nel dar sentenzia delle nostre operazioni, e è bono nel giudicare le cose de’ nimici, e delli amici no; perchè odio e amicizia sono doi de’ più potenti accidenti che sieno appresso alli animali. E per questo tu, o pittore, sii vago de no sentire men voluntiri quello che li tuoi [p. 160 modifica]adversari dicano delle tue opere, che del sentire quello che dico’ gli amici; perch’è più potente l’odio che l’amore, perch’esso odio ruina e distrugge l’amore; perchè s’egli è vero amico, egli è un altro te medesimo, il che il contrario trovi nel nemico, e l’amico si potrebb’ingannare. Ecci poi una terza spezie di giudicii, che mossi d’invidia partoriscano l’adulazione, che lauda il principio delle bone opere, a ciò che la bugia accechi l’operatore 12.


Certamente non è da recusare, in mentre che l’omo dipignie, il giudizio di ciascuno; imperocchè noi conosciamo chiaro che l’omo, benchè non sia pittore, averà notizia della forma dell’altro omo, e ben giudicherà s’egli è gobbo, o ha una spalla alta o bassa, o s’egli ha gran bocca o naso o altri mancamenti. E se noi conosciamo alli omini potere con verità giudicare l’opera della natura, quanto maggiormente ci converrà confessare questi potere giudicare i nostri errori, chè sai quanto l’omo s’inganna nelle opere sua, e se non lo conosci in te, consideralo in altrui, e farai profitto degli altrui errori.

Sì che sia vago con pazienza udire l’altrui opinioni; e considera bene e pensa bene se ’l biasimatore ha cagione o no di biasimarti: e se trovi di sì, [p. 161 modifica] racconcia, e se trovi di no, fa le vista non l’aver inteso, o tu li mostra, s’egli è omo che tu stimi, la ragione come lui s’inganna.

Come si de’ cognoscere una buona pittura,

e che qualità de’ avere a esser buona.

Quello che prima si de’ giudicare a voler cognoscere una buona pittura, si è ch’el moto sia appropriato alla mente del motore; secondo ch’el maggiore o minore rilevo delle cose ombrose sia comodato secondo le distanzie; terzo che le proporzioni delle membra corrispondan alla proporzionalità del suo tutto; quarto che ’l decoro del sito sia corrispondente al decoro delli suoi atti; quinto che le membrificazioni sieno accomodate alla condizione delli membrificati, cioè alli gentili, membra gentili, alli grossi, grosse membra, e alli grassi, grasse similmente.

Come lo specchio è ’l maestro de’ pittori.

Quando voi vedere se la tua pittura tutta insieme ha conformità con la cosa ritratta di naturale, abbi uno specchio, e favvi dentro specchiare la cosa viva, e paragona la cosa specchiata con la tua pittura, e considera bene se ’l subbietto de l’una e l’altra similitudine ha conformità insieme.

E sopra tutto lo specchio si de’ pigliare per suo maestro, cioè lo specchio piano, imperocchè su la sua superfizie le cose hanno similitudine con la pittura in molte parti. [p. 162 modifica]

Cioè, tu vedi la pittura fatta sopra un piano dimostrare cose che paiano rilevate, e lo specchio sopra uno piano fa quel medesimo; la pittura è una sola superficie, e lo specchio quel medesimo; la pittura è impalpabile in quanto che quello che pare tondo e spiccato non si po circundare co’ le mani e lo specchio fa il simile; lo specchio e la pittura mostra la similitudine delle cose circundate da ombra e lume; l’una e l’altra pare assai di là dalla sua superfizie.

E se tu conosci che lo specchio per mezzo de’ lineamenti e ombre e lumi, ti fa parere le cose dispiccate, e avendo tu fra i tua colori l’ombre e lumi più potenti che quelli dello specchio, certo se li saperra’ ben comporre insieme, la tua pittura parrà ancora lei una cosa naturale, vista in uno grande specchio.

Del modo del studiare.


Studia prima la scienza, e poi seguita la pratica nata da essa scienzia.


Quelli che s’innamoran di pratica sanza scienzia son come ’l nocchier ch’entra in navilio sanza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada.

Sempre la pratica debbe esser edificata sopra la bona teorica; della qual la Prespettiva è guida e porta, e sanza questa nulla si fa bene ne’ casi di Pittura.



Note

  1. Osservazione meditativa delle cose.
  2. Emulazione.
  3. Di varia composizione.
  4. Macchiati e screziati.
  5. Che han fondamento scientifico.
  6. Cfr. L. B. Alberti, Trattato della Pittura, L. III, cap. IV e VI sulla necessità di non ritrarre da altri pittori e neppur di creare di propria mente, ma di prendere a modello la Natura.
  7. Il ritrattista è generalmente cattivo compositore di scene.
  8. Agisce.
  9. Gli atteggiamenti esprimano il sentimento del personaggio rappresentato.
  10. Il famoso Sandro Filipepi detto il Botticelli.
  11. La mente.
  12. L. B. Alberti vuole che il pittore domandi parere non solo agli amici, ma a chi più sa. (Trattato della Pittura, L. III, cap. VII).