Le streghe del Tirolo/IV
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IV.
DIFESA E SENTENZA
Eccoci finalmente, chiusi i costituti, alla difesa. Giace dessa compresa in trentasei pagine scritte con nitido carattere: il testo è infarcito di citazioni infinite, di paragrafi di leggi, di versetti biblici ed evangelici, di testi filosofici e letterarii; lo che avrà procurato grande onore all’avvocato Bertelli; noi gli sappiamo miglior grado del coraggioso buon senso di cui si mostrò fornito.
Pon’ egli alcune premesse:
1° Non ebbe agio a preparare e studiare conveniente difesa — impossibilium nulla datur obbligatio.
2° Non gli furono somministrate sufficienti informazioni — sicuti non entis nullæ dicuntur esse qualitates.
3.° Molte tra le interrogazioni fatte alle inquisite furon evidentemente suggestive.
4.° Le risposte lor attribuite, tali d’avere suono strano in bocca di zotici, lo inducono a pensare che sia stato piuttosto scritto che detto ciò che lesse nei processi comunicatigli.
5.° Non può tacere, salva l’amicizia che lo lega al cancellier Frisinghello, come avvisi da odii e sospetti esso Cancelliere non poter essere andato immune contro femmine imputate della morte di sua moglie e di sua figlia; cosicchè avrebbe, ad ogni modo, dovuto dismettere dal prestare in quel processo l’opera sua, in conseguenza del principio — judex debet abstinere a judicando in caussa propria. —
6.° Nelle confessioni delle inquisite, se non gli mancasse il tempo, troverebbe ampia, e molteplice materia di nullità del processo.
7.° Non comprende come quelle meschine, che pur erano tutte coaccusate dei medesimi delitti, abbian potuto legalmente assumersi in testimonio a vicenda le une contro delle altre, vietando attribuir valore a cosiffatte deposizioni il prescritto del Diritto Romano.
8.° Le leggi non son avare nel conceder a’ giudici facoltà d’incoar esami anco rigorosi: però tal facoltà d’infliggere tormenti non essere del tutto arbitraria, come fu visto nel presente processo, sibben fondata nel prescritto, e consona alla coscienza.
9.° Siccome i giudici operano a vantaggio del Fisco, con tanto maggior sollecitudine voglionsi servare le forme che tutelano gl’inquisiti.
10.° Nel caso presente, in cui il delitto non era evidente, il Giudice mancò alla osservanza delle leggi e degli statuti, usando la procedura consentita unicamente ne’ casi d’evidenza.
11.° E' vulgato principio che a condannare, lorchè si tratta di danno irreparabile, richiedonsi prove più chiare del meriggio.
12.° Deve il giudice scansare la taccia di severo, perchè, siccome la misericordia eleva a Dio, così la severità sprofonda nell’inferno.
Premesse queste considerazioni generali, e venendone ai particolari, il Difensore comincia dall’annotare come tutto questo, per dir così, magico edifizio di portentosa inquisizione, posi sull’unico fondamento delle denunzie della Mercuria contro Menegota e Lucia: che se il Magistrato avesse attribuito alle parole di quella malvagia femmina il valore che meritavano, lo spauracchio non sarebbe sorto a spaventare tutta la provincia.
Eppertanto propone i punti che seguono.
1.° La inquisizione di cui trattasi è nulla per ragione d’incompetenza, essendo stata aperta e diretta da giudice secolare, in materie, per continua violazione di Sacramenti, onninamente ecclesiastiche.
2.° Veemente diffamazion preventiva basta da sè a colpire di nullità la inquisizione, siccome quella che pregiudica ad aggravio degli inquisiti le invocate testimonianze.
3.° La femmina che fu sola e prima a testificare, non doveasi ammettere perchè eretica, perchè infame, perchè vile, perchè spergiura, qualità provate dal processo; ed oltrecciò, perchè consocia nel reato, e dichiaratasi ella stessa nemica personale delle accusate. Ben fu denominata costei Mercuria — conveniunt rebus nomina sæpe suis; — sendochè Mercurio è il nume d’ogni raggiro, e mendacio.
4.° Acciò una confession giudiziale consegua valore, richiedesi che sia provocata da legittimi antecedenti indizii, ed in secondo luogo che venga fatta a giudice competente: nè le parole della Mercuria fornivano di tali indizii; e che il giudice fosse incompetente già fu chiarito.
5.° Acciò la confessione sia valevole e degna di fede è mestieri che non sia fatta durante il tormento, o per ischivarlo; che venga integrata da tutte le sue circostanze; che il giudice si fermi a considerare anzi tutto se sia verosimile od assurda; che all’esaminato non vengano suggerite le risposte dall esaminatore; e finalmente, che l’accusato con ogni libertà, e senza soggiacere a veruna minaccia, ratifichi la già fatta confessione. Or bene, nel caso attuale, il Difensore si ferma a mettere in luce come tutte queste prescrizioni di diritto giacquer violate; e si trattiene a dimostrare che molta parte di quelle reciproche accuse furon estorte non altro che da confusione e paura, dacchè a mente riposata vennero rivocate. Gran punto, afferma san Tomaso, essere le suggestioni in materia criminale; terribile poi il lor effetto ove si colleghi a spavento, e si eserciti su femmine di poca mente e d’animo lieve.
6.° Non devesi attribuire importanza a segni che le meschine asseriscon impressi sui loro corpi dal diavolo, i quali, dacchè ponno esser naturali, come dichiaran i medici, non è giusto che vengano qualificati magici.
7.° Evidentemente illegale è chiamare in testimonio, trattandosi di causa capitale, la figlia contro la madre, la moglie contro il marito, la sorella contro la sorella.
8.° Le cose riferite son del tutto inverosimili.
9.° Dato, e non concesso, che le inquisite sien cadute in colpa, non ha dubbio che questa non abbia a trovarsi grandemente alleviata dalla fragilità del sesso, dalla imbecillità dell’intelletto, dalla spinta della inopia, e dalla naturale credulità muliebre.
10.° Se ad aprir una inquisizion criminale ponno bastare indizii anco lievi, per carcerare se ne richiedono di fondati, per tormentare di urgenti, per condannare di chiari come la luce del sole.
Ciascun de’ punti su notati tien copioso accompagnamento di ampliazioni, dilucidazioni, e citazioni a conferma.
A questa nobile e ingegnosa difesa fa sinistro riscontro la seguente
Sententia Criminale
In nome della Santissima Trinità
» Noi Paris Madernino, giudice delegato della giurisdittione di Castellano, tanto in civile, quanto in criminale;
» per nome di monsignor illustrissimo e reverendissimo Paris, arcivescovo e principe di Salisburgo;
» e degli illustrissimi signori Cristoforo e fratelli conti di Lodrone e Castel-Romano, signori della predetta giurisdittione; » volendo et intendendo venire all’espedittione del processo criminale formato da quest’ufficio sopra gl’inditii dal magistrato della giurisdittione di Castelnovo trasmessici, cavati dal criminale formato da quell’ufficio contro la quondam Maria Salvatori di Nogaredo cognominata la Mercuria, in quelle forze carcerata per strega; contro:
» Dominica del q. Tomaso Camelli,
» Lucia sua figlia, moglie di Antonio Caveden,
» Dominica del q. Valentin Gratiadei,
» Isabetta del q. Gratiadè Gratiadei,
» e Polonia sua figlia, cognominate le Brentegane,
» Maddalena, moglie di Antonio Andrei, detta la Filosofa,
» e Valentina sua figlia, tutte di Villa,
» Catterina, moglie di Agostino Baroni detta la Fitola,
» e Zinevra del q. Valentin Chemol, ambedue di Castellano, streghe rettente in queste forze, e in parte absentate:
» in quello, di quello, et sopra quello che non havendo il timor di Dio avanti gli occhi, nè gli mandati della Santa Madre Chiesa, ma sedote dal spirito infernale, e come in processo; nel quale appare
» ch’esse et cadauna d’esse han negato il nostro grande Iddio, creatore del cielo e della terra, trino et uno, con haver renuntiato al sacramento del Battesimo, havendo fatta tal renuntia avanti il demonio in ispecie et forma umana, seducendosi una per l’altra a comettere tal mancamento, permettendo, per maggior damnatione delle lor anime, d’essere rebatizzate una dall’altra con nuova infusion d’acqua sopra del capo, alla presenza dell’istesso demonio, che in quell’atto sempre se ne stava, a guisa di leone, per allegrezza ruggiendo; mutandosi il suo vero nome, hauto nel fonte battesimale in altro nome comenticio, sotto il quale compiacevansi esser chiamate, e dal detto demonio essere signate in alcuna parte del corpo, con ferro fogato, dando respettivamente a quello in segno della lor fedeltà verso di lui alcun fragmento della propria veste, per essere scanzelate dal libro d’eterna vita, e poste in quello d’eterna dannatione;
» pervenendo a tanta perfidia, inhumanità et empietà, che, non solo sè stesse s’han consacrate al demonio, ma indotte altre persone, et anca le proprie figliuole a renuntiare al sacramento predetto del Battesimo, e promesso quelle essere all’istesso demonio padre delle bugie consacrate,
» sotto finte e vane promesse ch’esso gli faceva di prestargli agiuto in qualunque necessità l’havesseron ricercato, essendosi quelle, e cadauna d’esse sottoposte al legame et obbedienza di tal inimico del genere humano, al comando del quale s’eran obbligate far ogni sorta di mali e scelleratezze, come in effetto facevano;
» che con nefandissim onto s’ontavano per prescrizione dell’istesso demonio in alcuna parte del corpo, a hore comode, et ai malfattori propitie erano portate dal de- monio per aria invisibilmente, e poste respettivamente in sinagoge e luoghi dove si faceano radunanze di diverse persone simili, dove venivano comessi diversità e quantità d’incantationi, sortilegi, giuochi bestiali, et hereticali stregamenti in honore e culto dell’istesso Belzebù, prencipe di tutti li demonii;
» portando in dette sinagoge e maledetti congressi, cadaveri di fanciulli che furtivamente da cimiteri exhumavano in tempo di notte; et quelli al demonio loro signore, che tramutato in forma di becco sopra d’eminente trono se ne stava, festeggiando e saltando prostrate coi ginochi a terra l’adoravano, et a quello detti cadaveri offerivano con ogni sommissione e reverenza. . . . . . . .
» invocando quello sotto vero nome del loro Dio, pregandolo che contro qualunque persona volesse prestargli ogni suo agiuto di vendeta; e così indote a far ogni sorta di malìe, incantationi, fatuchierìe, malefitii, imprecationi, homicidii, bestemie hereticali, e molte altre diversità de mali;
» esercitando queste sceleratezze et inhumanitadi sì in creature humane, come anche in animali irrationali, con morti di persone;
» oltrechè dei cadaveri di fanciulli, che furtivamente da luoghi sacri exhumavano, et al diavolo in lor maledete sinagoge offerivano, alcune parti a lesso et altre a rosto, per maggiore sprezzo di Dio benedetto, a guisa di famelici lupi, si mangiavano e divoravano;
» conservando alcuni grassi e parti del capo per far violenze, veneficii, stregamenti; causando danni infiniti, infirmitadi incurabili, poichè da eccellenti medici con quanta diligenza usino e diversità di medicamenti adoperino, non puon esser conossute; causando, per queste, infermitadi, sperdimenti di danari e roba;
» con perdita finalmente delle persone e ruina delle cose, facendo esse feste e allegreze per qualunque nefandità e male facevano;
» maledicendo con le loro sacrileghe et hereticali lingue il nome del nostro grande Iddio, della gloriosissima Vergine Maria sempre immaculata, e di tutti li Santi del Paradiso ogni volta che componevano li diabolici onti per cometere stregamenti, e polveri per far simili nefandità, mescolando diversità d’herbe, grassi, et altre robe con il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia, che con mani sacrileghe han tratto fori de boca, quando nella santa Chiesa di Dio a quello indegnamente si son accostate sotto specie estrinsecamente di divotione e purità, ma nell’intrinseco eran tanti lupi rapaci;
» facendo radunanze e consigli diabolici, insieme vagando di giorno e di notte invisibilmente hor in un luogo et hor nell’altro in forma di bestie, facendo dani a persone, animali, e destrugendo diversità di frue de campagne con incanti, tempeste, venti, e tempi impetuosi;
» consumando a diverse persone furtivamente quantità di vini e robe cibarie;
» facendo alegreze, festini, e balli avanti le chiese a sprezo della gran maestà di Dio benedetto, atribuendo il tutto a gloria del diavolo loro signore;
» aggiungendo sempre mali a mali, cometendo fornicatione e respetivamente sodomia insino coll’istesso diavolo, che sotto specie e forma humana at ogni lor minimo cenno e comando gli compariva;
» tutto questo come più chiaramente consta in processo e dalle confessioni fatte de plano primieramente da . . . (qui succedon uno all’altro i nomi delle condannate sovrascritti, e apposta a ciascheduno la leggenda di tutte le reità di cui, per propria confessione, o per altrui denunzia, il processo pretese di farle convinte)
» cometendo le cose predete et altre con complicità di altre che per hora si taciono, scientemente, dolosamente et appensatamente, contro li mandati divini et humani, dandosi agiuto respettivamente cooperativo e favore, perseguitando diabolicamente le persone, vita e beni altrui;
» sopra di che havendone fatta diligente inquisitione, e ritrovati li misfati come son passati per le confessioni de plano fatte, e per li complici in tormentis ratificate, come anca per la ricognitione per esse fatte de robe che tenevano per fare e cometere simili e maggiori scelerateze;
» visto il processo con li testimoni essaminati, dove manifestamente si comprova il corpo dei diversi delitti per esse comessi, e come più diffusamente appare dal processo;
» oltrechè havendo dato competente termine a dete ree per fare le sue difese, et a Isabetta Gratiadei e Polonia sua figlia, come anca a Valentina Andrei apsenti, citate, e proclamate a comparere e presentarsi e scolparsi, nè curandosi comparere, ma restando tuttavia contumaci; qual contumacia le rendono più colpevoli di tanti delitti;
» viste le dottissime difese con allegationi per parte delle dete rappresentate;
» e viste finalmente le cose che devonsi vedere, e considerate quelle che devonsi considerare;
» havuto prima il parere e voto decisivo de molto illustri e chiari signori Giovanni Ropele commissario di questa Giurisdittione, e Giovan Battista Partini di Roverè deputato dagli illustrissimi Padroni, dottori ambedue dell’una e nell’altra legge;
» reinvocato il nome della Santissima Trinità da cui ogni retto e giusto giuditio procede;
» sedendo in questo luogo pro tribunali;
» acciò non abbino di sue pessime opere a gloriarsi e ad esempio d’altri;
» per questa nostra definitiva
» sententiamo e condanamo
» le predete Dominica Camella, Lucia Cavedena, Dominica Gratiadei, Catterina Baroni, Zinevra Chemola, Isabetta e Polonia Gratiadei, e Valentina Andrei, che per il ministro di giustizia, a tutte, et a ciascuna di esse sopra le Giarre, luogo a quest’effetto destinato, gli sii tagliata la testa dal busto, a tal che se ne morino, e l’anime loro si separino dalli corpi: et inoltre li cadaveri vengano abbruciati, e le reliquie in dette Giarre sepellite;
» Maddalena Andrei cognominata la Filosofa altra complice in detti delitti, morta in queste carceri impenitente, e di già sepellita alle Giarre come strega, acciò pe’ suoi misfati non resti n’anco al mondo vestigia alcuna, danamo il nome di quella, assieme con la sua memoria, e tutti li beni di quella, e cadauna d’esse situati in questa Giurisdittione pronuntiamo al Fisco di Castellano per confiscati. » Et attesa la fuga presa da Isabetta e Polonia Gratiadei, e Valentina Andrei, quelle bandimo perpetuamente da questa Giurisdittione, e per quindici miglia italiane lontano di questa; sotto le pene legali e statuarie, a talchè, mancando, possino essere impune da cadaun offese et ammazzate; e nelle spese in solidum le condannamo.
» E questo senza pregiudizio di procedere et inquirere contro altri complici a suo luogo e tempo, conforme sarà di ragione:
» e così dicemo, sententiamo, e condannamo, e con ogni altro miglior modo
Paris Madernino
giudice delegato
Lata et publicata sententia criminalis prædicta per nob. et spect. dom. Paridem Maderninum judicem delegatum antescriptum sedentem, et lectaa per me cancellarium infrascriptum ad scalas Cancellariæ palatii Nogaredi, multis ictibus campanæ justitiæ prius precedentibus, presentibusque spectabilibus Dominus Ant. de Benvenutis, et Bernardino atque Philippo pariter de Benvenutis notariis, nec non magnif. domino Joanne Jacobo Pizzino Nogareti, atque domino Ant. de Benvenutis Villæ, testibus idoneis et quam plurima multitudine gentium ibidem astante.
Questa sentenza criminale
stata portata dal nobile signor
Paride Madernino giudice delegato, sedente sul suo tribunale, fu da me Cancellier sottoscritto letta e pubblicata
sulla scala del Pretorio di Nogaredo, preceduta dai soliti
tocchi della Campana, presenti li signori Antonio de Benvenuti, Bernardino e Filippo
parimenti de’ Benvenuti, non
che li signori Giacomo Pizzini
di Nogaredo, ed Antonio de’
Benvenuti di Villa, testimoni
idonei; e con essi gran turba
di gente accorsa.