Le sfere omocentriche/VII. La riforma di Callippo

VII. La riforma di Callippo

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VI. Teorie speciali dei Pianeti secondo Eudosso VIII. Ulteriori modificazioni fatte al sistema d'Eudosso

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VII. La riforma di Callippo.

La dottrina delle sfere omocentriche si conservò nella scuola matematica d’Eudosso anche dopo la sua morte, avvenuta intorno all’anno 355, mentre egli si trovava nell’ancor florida età di anni 53. Menecmo, discepolo di Eudosso ed inventore delle sezioni del cono, si trova annoverato fra coloro che si occuparono di queste ipotesi1. Di Polemarco Ciziceno, che fu familiare d’Eudosso, leggiamo in Simplicio2 che studiò anch’egli le sfere omocentriche, di cui aveva probabilmente ricevuto la tradizione diretta dal loro autore. Di Polemarco fu compagno di studio e probabilmente discepolo Callippo, il più celebre e il più abile astronomo del suo tempo3. Callippo, sebbene nato in Cizico, fu forse troppo giovane per profittare della scuola che Eudosso colà avea tenuto, e sembra che delle teorie di questo astro[p. 43 modifica]nomo fosse istruito per opera di Polemarco. Che che sia di ciò, egli e Polemarco avendo potuto accertarsi, che le ipotesi eudossiane non soddisfacevano in ogni parte alle osservazioni (siccome nell’articolo precedente il lettore ha potuto vedere), sembra che concepissero il pensiero di riformarle e di perfezionarle; e per poter profittare del sapere di Aristotele, già allora considerato come il primo dei filosofi greci dopo la morte di Platone, si recarono insieme in Atene, dove Aristotele insegnava. È credibile che ciò avvenisse durante la seconda dimora di Aristotele in Atene, la quale durò dal 336 al 323 secondo il Grote4, e nel fiore dell’età di Callippo, che in quest’intervallo appunto aveva stabilito il celebre periodo lunisolare, da lui detto Callippico5. Ad Aristotele piacevano assai le sfere di Eudosso, come quelle che collimavano bene colle sue idee cosmologiche, e gli permettevano di stabilire esteriormente all’universo il principio motore del tutto, in opposizione ai Pitagorici, che lo volevano collocato nel centro. Intorno al risultamento di questa specie di congresso astronomico non abbiamo che notizie frammentarie. La conseguenza più durevole e più diretta fu di stabilire le sfere d’Eudosso come base futura delle dottrine peripatetiche sui movimenti celesti, la quale in quelle scuole fu bensì posteriormente modificata, ma non mai totalmente abbandonata. Di Callippo è certo, che emendò e corresse in varie parti le teorie d’Eudosso: non è agevole decidere se solo dietro i risultamenti de’ suoi proprj studj, o pure anche col concorso d’Aristotele e di Polemarco. La prima supposizione però sembra più verisimile, quando si considera il modo tenuto da Aristotele nel riferire la modificazione introdotta nel sistema di Eudosso, la quale egli attribuisce esclusivamente a Callippo6. Ma intorno a questa riforma Callippo non lasciò alcuno scritto; alcune notizie ne abbiamo da Aristotele, come pur ora si disse, e altre non molte restano provenienti da Eudemo, per mezzo della tradizione, già sotto altri riguardi da noi verificata come assai sicura, di Sosigene e di Simplicio. Eudemo era contemporaneo ed amico d’Aristotele, e nello scrivere la sua storia dell’astronomia potè ricavare da Aristotele (se non forse da Callippo medesimo) le notizie brevi, ma chiare, che aveva pubblicato sui lavori di Callippo in questa materia. Sventuratamente Simplicio fu poco liberale nelle comunicazioni che estrasse da Sosigene, ed in totale il sistema definitivo di Callippo ci resta assai meno esattamente noto, che quello di Eudosso. Esporrò il poco che si può dire intorno alle riforme di Callippo, considerando parte a parte i varj corpi celesti a cui tali riforme furono applicate.

1. Giove e Saturno. — Per questi due pianeti noi abbiamo fatto notare, che le ipotesi d’Eudosso si adattavano discretamente bene ai fenomeni. Aristotele ci assicura, che Callippo, serbando per essi la medesima disposizione di sfere, che aveva immaginato Eudosso, ne attribuì ad ambidue questi pianeti il medesimo numero. Dunque sembra che Callippo trovasse sufficienti per essi le ipotesi di Eudosso: e si può concludere che la ineguaglianza zodiacale dei medesimi gli rimanesse ancora ignota, sebbene nel suo massimo valore essa arrivi a circa sei gradi, così per l’uno come per l’altro di questi due pianeti. E dobbiamo pure inferire, che egli riguardasse come nulle o come trascurabili le loro digressioni in latitudine.

2. Marte. — I gravissimi errori che la teoria di Eudosso dimostrava per questo pianeta, domandavano una pronta emendazione, e Callippo credette bastasse a ciò l’aggiungere una sola sfera a quelle d’Eudosso. Egli è palese, che questa addizione non dovea riguardare nè [p. 44 modifica]il moto diurno, nè il moto zodiacale, ma bensì il moto sinodico, pel quale le due sfere d’Eudosso erano affatto insufficienti a produrre alcuna retrogradazione, a meno di non commettere un grossolano errore sulla durata della rivoluzione sinodica. Ora è certissimo che, serbando il tempo esatto di questa rivoluzione, cioè 780 giorni, si può con tre sfere combinate ottenere una retrogradazione del pianeta nella misura voluta dalle osservazioni, e ciò in varj modi, senza produrre troppo enormi digressioni in latitudine. Il più semplice, e quello che meglio conserva i limiti naturali della latitudine, è questo (fig. 19). Essendo A O B l’eclittica, A e B due punti opposti della medesima, e descriventi il suo intiero perimetro nel tempo della rivoluzione zodiacale, intorno agli stessi si faccia girare una prima sfera nel tempo della rivoluzione sinodica. Un punto qualunque P1 dell’equatore di questa sfera si assuma come polo di una seconda, la quale giri con velocità doppia in senso contrario alla prima, portando seco il polo P2 distante di un certo arco P1 P2, che chiameremo l’inclinazione. Intorno al polo P2 e in senso opposto alla seconda sfera giri, nel medesimo verso che la prima e nel medesimo periodo, una terza sfera, nel cui equatore sia incastrato il pianeta M. È facile comprendere che se all’origine dei tempi i tre punti P1 P2 M si trovano ordinati sull’eclittica nell’ordine A P2 P1 M B, dopo qualsiasi tempo l’angolo in A sarà uguale all’angolo in P2 e l’angolo in P1 sarà doppio di quelli; ed avendosi A P1 = M P2 = 90°, il pianeta M descriverà lungo l’eclittica e simmetricamente a questa una curva, che varierà di forma secondo il valore che si attribuirà all’inclinazione P1 P2. Questa curva, per certi valori dell’inclinazione, si estenderà molto in longitudine e poco in latitudine, ed avendo un centro nel punto O posto in mezzo fra i poli A e B, produrrà, funzionando in modo affatto analogo all’ippopeda, un moto diretto e retrogrado in longitudine, ma avrà sull’ippopeda il vantaggio di poter dare al pianeta nelle vicinanze di O una velocità diretta e retrograda molto maggiore di quella che potrebbe dare l’ippopeda d’Eudosso, dotata della stessa larghezza nel senso della latitudine. Quindi la possibilità di rendere retrogrado il pianeta anche in casi, dove l’ippopeda d’Eudosso è insufficiente a questo scopo.

Se, per esempio, supponiamo P1 P2 uguale ad un ottavo di circonferenza, si trova che la curva descritta dal pianeta ha la forma disegnata approssimativamente sulla figura 19. La massima digressione in latitudine non eccede 4° 11′: la curva poi occupa in longitudine sull’eclittica 95° 1/3, ed ha due nodi tripli collocati verso le estremità, a 45° dal centro O. Durante una rivoluzione sinodica, il pianeta percorre innanzi e indietro una rivoluzione intiera su questa curva, dilungandosi dalla sua posizione media O di 47° 2/3 da una parte e dall’altra. La velocità del moto diretto e retrogrado di longitudine quando il pianeta è al centro in O è 1,2929 volte la velocità del polo P1 intorno all’asse A B. Essendo ora la rivoluzione di P1 intorno ad A B eguale alla rivoluzione sinodica di Marte, cioè a 780 giorni, la velocità diurna sinodica di P sarà di , ossia di 0° 462 ogni giorno; ciò che moltiplicato per 1,2929 dà 0°,597 per velocità diurna del moto retrogrado sinodico del pianeta sulla curva rispetto ad O, prodotto dalle tre sfere del moto sinodico. Ma poichè il punto O dalla sfera del moto zodiacale è portato con moto diretto lungo l’eclittica in ragione di 0° 525 al giorno7, così in ultima analisi il pianeta potrà nelle retrogradazioni moversi contro l’ordine dei segni in ragione di 0°,597 — 0°,525, ossia di 0°,072 al giorno: ciò che basta per rappresentare i fe[p. 45 modifica]nomeni di Marte con una certa approssimazione. E si potrebbero ottenere risultati anche più prossimi al vero aumentando d’alquanto l’inclinazione P1 P2.

Circa il moto di latitudine, non si ottiene qui alcun risultato migliore che coll’ippopeda: ad ogni rivoluzione periodica il pianeta tocca quattro volte il limite boreale, quattro volte il limite australe (sempre nella latitudine ), e traversa otto volte l’eclittica, cioè due volte nel centro O della curva, e tre volte in ciascuno dei due nodi. Ma credo necessario avvertire che, sebbene questa sia forse la soluzione più semplice, e quindi anche la più probabile che Callippo potesse dare dei movimenti di Marte coll’addizione di una sola sfera, non possiamo dire con certezza, che tale veramente fosse quella dell’astronomo Ciziceno, niente trovandosi nelle antiche fonti, che possa illuminarci su tale proposito.

3. Mercurio e Venere. — Come per Marte, così pure per Mercurio e per Venere, Callippo aggiunse una sfera per emendare le teorie ancora molto imperfette, che Eudosso aveva per essi proposto. Per Venere si ottiene una rappresentazione alquanto migliore dei movimenti adottando l’artifizio che abbiamo già indicato per Marte, e surrogando all’ippopeda di Eudosso la curva nodata della figura 19. Infatti, ponendo l’inclinazione uguale a un ottavo di circonferenza, e facendo coincidere costantemente il centro della curva col Sole, si ottengono massime elongazioni di 47° 2/3, che molto si avvicinano alle vere. Anche la rapidità con cui Venere dall’elongazione massima orientale passa all’occidentale è meglio imitata: perchè nella curva della figura 19, il passaggio da un nodo triplo all’altro nodo si fa in un quarto del tempo sinodico, in un altro quarto il passaggio inverso, i due quarti rimanenti essendo impiegati a percorrere con moto lentissimo le piccole foglie che emergono verso le due estremità, delle quali l’estensione in longitudine è appena di 2° 2/3. Con questo mezzo però non si riesce ad ottenere per Venere un moto retrogrado nella congiunzione inferiore, nè a questo scopo ho potuto pervenire in modo adatto; immaginando altre combinazioni di sfere8. Forse a Callippo, come ad Eudosso, era ignota l’esistenza di quel moto retrogrado.

Per Mercurio la teoria di Eudosso già dava una discreta approssimazione, e non vi è dubbio che in varj modi l’applicazione di una nuova sfera poteva rendere questa approssimazione anche più soddisfacente. L’incertezza in questo caso è grande, onde lascio ad altri il proporre supposizioni plausibili e probabili su quest’argomento, se pure nella totale mancanza d’indicazioni sarà mai possibile che ciò si possa fare.

4. Sole. — Secondo che riferisce Eudemo, Callippo aveva aggiunto due sfere nella teoria del Sole per rappresentare l’anomalia del suo movimento in longitudine, scoperta cento anni prima da Metone e da Eutemone9. Tale anomalia si manifestava agli astronomi di quel tempo per mezzo delle ineguaglianze dei quattro intervalli, in cui la durata totale dell’anno era divisa dagli istanti dei due equinozj e dei due solstizj. Per un felice evento, si sono conservate nel Papiro d’Eudosso, già più volte nominato in questa Memoria, le quattro durate che Callippo attribuiva ai suddetti intervalli10, onde possiamo farci un’idea della teoria [p. 46 modifica]solare di quest’astronomo. Le durate in questione desunse l’autore del Papiro dal Parapegma o calendario meteorologico di Callippo, e sono quindi necessariamente espresse soltanto in numeri intieri di giorni, ciò che è necessario tener a mente nell’esaminarle. La tavoletta seguente dà nella seconda colonna le durate di quei quattro intervalli, quali il papiro attribuisce a Callippo: nella terza dà le durate che egli avrebbe dovuto trovare secondo la teoria dei moderni11 nell’anno 330 prima di Cristo: la quarta colonna dà gli errori commessi da Callippo nell’estimare i quattro intervalli. Le tre ultime colonne danno, secondo l’autorità dello stesso papiro12, gli analoghi elementi per la teoria solare d’Eutemone, il quale osservò intorno al 430: ciò per uso di comparazione.

Intervalli Nel 330, secondo Errore Nel 430, secondo Errore
di di
Callippo i moderni Callippo Eutemone i moderni Eutemone
g. g. g. g. g. g.
Equinozio di primavera 
94 94,17 -0,17 93 94,23 -1,23
Solstizio estivo 
92 92,08 -0,08 90 92,01 -2,01
Equinozio d’autunno 
89 88,57 +0,43 90 88,52 +1,48
Solstizio d’inverno 
90 90,44 -0,44 92 90,50 +1,50
Equinozio di primavera 

Questa tavola dimostra a colpo d’occhio quali progressi avesse fatto l’osservazione del Sole in Grecia durante il secolo 430-330 a. C. Gli errori di Callippo non arrivano in nessun caso alla metà di un giorno; e quindi le durate da lui assegnate nel Parapegma sono tanto esatte, quanto è possibile darle indicandole con un numero intero di giorni. Gli errori di Eutemone vanno fino a due giorni intieri. È importante riflettere, che queste determinazioni non appartengono al genere di quelle che diventano sempre più perfette a misura che si prolungano le osservazioni per anni e per secoli, nelle quali il vantaggio è sempre dei più moderni (come per esempio accade nella determinazione dei medj movimenti). Lo studio dell’anomalia del moto solare non trae alcun vantaggio dal tempo; ma solo progredisce colla perfezione dei metodi d’osservazione, e il paragone dei risultati di Eutemone con quelli di Callippo mostra di quanto il secondo avesse perfezionato l’opera del primo.

Non può esservi il minimo dubbio, che se noi possedessimo l’esatta espressione dei risultamenti da Callippo ottenuti colle sue osservazioni equinoziali e solstiziali, se ne potrebbero ricavare per gli elementi dell’anomalia solare valori assai prossimi al vero. Eudemo narra, che per rappresentare questa anomalia, Callippo impiegava due sfere; ed appena è lecito dubitare, che l’artificio da lui usato per render conto dell’alternata accelerazione e ritardazione del moto solare fosse identico a quello che Eudosso impiegava per rappresentare l’anomalia sinodica dei pianeti, la quale, sebbene molto più sensibile che l’anomalia del Sole, appa[p. 47 modifica]riva allora analoga ne’ suoi effetti. Conservando le tre sfere date da Eudosso nel loro ordine e positura13, Callippo non ebbe a far altro, che aggiungere due sfere, di cui la prima avesse i poli nella terza sfera d’Eudosso, descriventi il circolo solare con moto uniforme nello spazio di un anno; la seconda, portante il Sole, avesse i poli sulla prima e un asse alquanto inclinato all’asse di questa, con velocità uguale e contraria. Dando all’inclinazione un valore uguale a quello dell’anomalia massima (che risultava a Callippo, come a noi, di circa 2 gradi), l’ippopeda solare derivante dal moto delle due nuove sfere prendeva in lunghezza sull’eclittica 4° gradi, con la digressione in latitudine di appena 1′ dalle due parti dell’eclittica. La perfezione, con cui questa ipotesi è capace di rappresentare il moto del Sole in longitudine è quasi uguale a quella che più tardi si raggiunse coll’eccentrico e coll’epiciclo, e l’errore non tocca che i quadrati dell’eccentricità. La durata dell’anno solare per Callippo era di 3651/4 giorni come per Eudosso, siccome risulta dalla considerazione del periodo callippico, in cui 76 anni si suppongono comprendere esattamente 27759 giorni14.

5. Luna. Callippo aveva rettificato altresì con diligenza il moto della Luna, da lui conosciuto assai più esattamente che da Metone; il periodo callippico di 27759 giorni era supposto abbracciare esattamente 940 lune, onde si ha per durata della lunazione 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e quasi 13 secondi; ciò supera la vera durata di soli 10 secondi. Callippo aveva aggiunto alle tre sfere lunari di Eudosso altre due, le quali, se avessimo ad interpretare alla lettera quanto dice Simplicio su tale proposito15, dovremmo credere fossero state introdotte ancora a cagione delle anomalie scoperte nel moto del Sole da Metone e da Eutemone. A prima giunta parrebbe singolare questo correggere la teoria di un astro per causa delle anomalie di un altro. L’indicazione del buon Peripatetico tuttavia potrebbe per avventura non essere tanto priva di senso; infatti, se per esempio Callippo avesse ignorato l’anomalia propria della Luna, e avesse riputato necessario di conservare una durata esattamente uguale a tutte le lunazioni, egli avrebbe potuto essere condotto ad introdurre nel moto della Luna in longitudine una anomalia esattamente uguale alla anomalia del moto solare. Tuttavia, io credo assai più probabile, che Simplicio per amor di brevità abbia raccolte insieme in un fascio le indicazioni relative al Sole ed alla Luna, forse mosso da ciò, che Callippo aveva aggiunto a questi due astri un egual numero di sfere. E penso di accostarmi più alla verità, supponendo che l’addizione di due sfere fosse determinata per la Luna da una causa non identica, ma analoga a quella che aveva determinato la medesima addizione pel Sole; cioè dall’anomalia del moto lunare in longitudine, la quale importando qualche volta fino ad 8 gradi, dovea esser presto sensibile, specialmente confrontando fra loro gl’intervalli di tempo occorsi fra più eclissi consecutive di Luna e le longitudini corrispondenti di questo astro, in tal caso facilissime a dedursi da quelle del Sole. Poteva allora quest’anomalia rappresentarsi assai bene con due sfere, analoghe alle due aggiunte al Sole, e giranti l’una contro l’altra nella durata del mese anomalistico 16. L’inclinazione in questo caso avrebbe [p. 48 modifica]dovuto esser uguale alla massima anomalia della Luna, che è in media di 6°, l’ippopeda lunare avrebbe avuto 12° di lunghezza, e la massima sua digressione dal circolo lunare non eccedendo 9′, ne veniva una perturbazione affatto insensibile nel moto di latitudine. Anche per la Luna dunque potevano con queste supposizioni rappresentarsi i fenomeni altrettanto bene che con qualunque altra teoria immaginata prima della scoperta dell’evezione.

Ecco quanto è possibile dire, senza correr pericolo di perdersi in vane congetture, intorno alle correzioni che Callippo aveva apportato alle ipotesi d’Eudosso. Egli aveva paragonato la teoria allora ricevuta col risultato delle osservazioni; aveva trovato delle differenze; conseguentemente si era ingegnato di togliere queste differenze, correggendo le ipotesi anteriori. Procedimento di natura intieramente scientifica, che sarà degnamente apprezzato da chi nel giudicare del merito di quegli antichi investigatori saprà distinguere il metodo, che imprime alle ricerche il loro vero carattere, dai mezzi e dagli strumenti, che sono circostanze puramente accidentali. Eudosso e Callippo non ebbero strumenti esatti, non ebbero il soccorso della trigonometria; ajutandosi però con costruzioni grafiche, e forse anche con quel ramo della meccanica cui i Greci davano il nome speciale di sferopea (σφαιροποιία), e che sembra fosse allora assai più necessario e più importante che non adesso17, essi riuscirono ad acquistare un’idea esatta del movimento risultante dalla combinazione di tante sfere, e seppero adattarne la disposizione ai fenomeni. È certo, che questi mezzi, proporzionati alle esigenze del tempo, allora bastavano a tutti i problemi dell’astronomia teorica e pratica, e che esisteva allora veramente un’Astronomia senza Trigonometria; che che abbia in proposito creduto un celebre istorico della nostra scienza, il quale in essa sembra non abbia mai voluto veder altro, che l’occasione di sviluppare una immensa massa di formole trigonometriche, ed ha preso questo bel criterio per base dei suoi giudizj sopra tutti gli astronomi antichi e moderni.

Note

  1. Theonis Smyrnaei Astronomia ed. Martin, p. 332.
  2. Vedi Appendice II, §§ 7 e 15.
  3. Append. II, § 7. L’età di Callippo può verosimilmente collocarsi fra gli anni 370 e 300 a. C.
  4. Grote, Aristotle, p. 9-10 del 1° volume.
  5. Il primo periodo Callippico cominciò l’anno 330.
  6. Vedi l’Appendice I.
  7. Supponendo che la rivoluzione zodiacale di Marte sia di 686 giorni, si ha il moto diurno zodiacale diretto .
  8. Infatti il moto medio diurno sinodico di Venere essendo secondo Eudosso, si può, coll’ajuto del meccanismo della fig. 19, produrre nel pianeta un moto retrogrado di , ossia di 0°817. Ma il moto diretto zodiacale nel punto O essendo uguale a quello del Sole, cioè a 0°,986 per giorno, il moto risultante del pianeta sotto il Sole sarà ancora diretto, ed aguale a 0°,169 per giorno. Si può veramente, con certe combinazioni di sfere, produrre una retrogradazione; ma in tutti i modi da me esaminati questa retrogradazione era accompagnata da movimenti inammissibili in latitudine, o da elongazioni impossibili rispetto al Sole.
  9. V. Append. II, § 7.
  10. V. Boeckh, Ueber die vierjährige Sonnenkreise der Alten, p. 46.
  11. Queste durate, secondo i moderni, furono calcolate supponendo che il perigeo solare avanzi di 61′′ 7 ogni anno rispetto ai punti equinoziali, e che l’eccentricità diminuisca di 4,24 unità della settima decimale ogni anno.
  12. V. Boeckh, Ueber die vierjährige Sonnenkreise der Alten, p. 46.
  13. L’aver Callippo conservata anche la terza delle sfere solari d’Eudosso, mostra che anch’egli ammetteva la nutazione dell’orbe solare rispetto all’eclittica fissa, di che a lungo si è ragionato nell’articolo IV.
  14. Bailly, Hist. de l’Astr. ancienne, I, p. 249.
  15. Append. II, § 7.
  16. Con questa parola non intendo affermare, che Callippo già conoscesse la differenza tra il mese anomalistico e il mese sidereo, e avesse notizia del moto degli apsidi dell’orbe lunare. Se da una parte si può far notare, che egli fu assiduo osservatore della Luna, e che il suo coetaneo e compatriota Elicone si occupava nella predizione delle eclissi; si può in contrario anche dire, che la scoperta del moto degli apsidi richiede molte condizioni che non sappiamo se fossero riunite allora nell’astronomo Ciziceno. Trenta o quarant’anni prima, Eudosso ignorava persino l’eccentricità dell’orbe lunare. Meglio è dunque lasciar la questione sospesa.
  17. Secondo gli antichi, sferopea (arte di costruire le sfere) chiamavasi quella parte della meccanica che ha per oggetto l’imitazione materiale dei movimenti celesti. V. Proclo, Comm. Eucl., pag. 41, ed. Friedlein.