Le rivelazioni impunitarie di Costanza Vaccari-Diotallevi/Documenti/XVII
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XVII.
(Di carattere della Diotallevi.)
Gaspare Falcetti
dice essere io stata in sua casa due sole volte; vi posso provare esservi stata moltissime.
Ottavio Costantini, ex cavallerizzo dei giandarmi, che abita in quel casamento a man sinistra venendo dai Piè di Marmo per andare al Gesù, il portone resta incontro la particella di San Stefano nella piazzetta; venne una sera con me in casa Falcietti, ove con tutta la famiglia, cioè Carlotta e Gaspero, i due fratelli Catufi, Nena e il professor Cieppetelli, riunita mangiammo una pizza, poi due ore avanti mezzanotte mi accompagnarono tutti sino a Ponte Sant’Angelo, e Cieppetelli mi condusse sino al portone di casa mia:
Maddalena Costantini moglie di Ottavio pochi giorni dopo venne da Falcietti con me, e la signora Carlotta Falcietti ci favorì il caffè: i coniugi Costantini sanno quale intimità passasse fra me e i Catufi e Falcietti, e come vi fosse continua corrispondenza fra me e loro per mezzo di Nena.
Carnevali pittoresche tiene lo studio in via del Babbuino N. 39, il giorno che io andai via da Simelli unitamente a mio marito lo andammo a trovare nel detto suo studio, e gli dicemmo come la mia macchina stasse in casa Falcietti, perchè io vi avevo da fare alcuni lavori; e siccome sortendo lui insieme a noi, venne ad accompagnarci fino all’abitazione di Falcietti, cioè al portone; sa l’intimità mia con quella famiglia per aver veduta Nena che veniva tutti i giorni nello studio a parlarmi. Carnevali veniva pure continuamente da Simelli, perchè coabita con esso lui.
Luigi Catufi mi ha pure fatto un ritratto in acquarello che sta in casa mia, ed al petto porto l’insegna settaria, cioè uno stivaletto tricolore, e Nena me lo ha portato a casa.
Menicuccio e Luigi Catufi sono stati varie volte a casa mia, due volte ve li ha veduti il professor Cieppetelli, che da me gli fu proposto per curarli, e difatto li ha sempre assistiti nelle loro malattie; anzi una volta essendo malato Luigi lo andai a trovare insieme a Cieppetelli, e mi prestarono in quel giorno l’opere di Giuseppe Giusti contro il papato, che è di loro proprietà e che io gli mandai da Nena, letto che l’ebbi.
Altra sera ci fui con mio marito e Cieppetelli a mangiare i fichi del loro giardino col prosciutto di Fabriano, fu inteso da Geltrude Simelli quando Nena venne ad invitarmi, e come sempre mangiammo nella camera dello studio, e vi erano i fratelli Catufi, Nena e i coniugi Falcietti.
Domenico Catufi formò un altalena nel giardino, Falcietti ed io vi sono stata a giuocare con loro tutti tanto Gaspare come gli altri molte volte, poi andavamo a fumare sul terrazzo.
Gasparo Falcietti è venuto a trovarmi una volta anche allo studio Simelli, mentre io stava a pranzò e si trattenne sino al termine, lo vidde Geltrude Simelli; alla detta Simelli, siccome vedeva questa stretta relazione, gli dicemmo che io faceva alcuni affari per casa Falcietti.
Quando andai via da Simelli, che andai a trovarli, e come dissi, ci accompagnò Carnevali, li trovammo a pranzo e ci offrirono un quarto di timballo di riso dolce e del vino, poi andammo in giardino a fumare e prendere il caffè; dopo tornammo a casa ed andammo alla camera di studio dove vi era la mia macchina sopra un tavolino a destra entrando. Mi domandò il Falcietti come si lavorava, ed io in succinto glie ne descrissi la maniera; prendemmo i cristalli della macchina, anzi fra questi vi erano delle matrici dei quadri di Raffaello, e li guardarono lodando il lavoro; vi erano tutti come sempre nominai; sortimmo da casa loro circa l’ave maria, e Falcietti Gaspero venne ad accompagnarci fino al portone di casa nostra.
Il secondo giorno che ero alle Carceri Nuove, scrissi una lettera al Ceppetelli ed in questa gli dicevo che da mio padre avesse mandato a riprendere in casa Falcietti la mia macchina di fotografia per riporta in casa. La lettera aperta fu consegnata a Forga; credo che lui s’incaricasse di spedirla. Dunque se la macchina fosse stata in casa di Nena, perchè dovevo dire da Falcietti? se non avessi temuto, sapendo a qual uso serviva colà, di nuocermi, non avrei presa tanta cura di farla ritirare. Quel giorno, non credeva lo svolgimento che è seguito,
Ceppetelli ancora credo che rabbia veduta oltre il saperlo per mio detto.
La Minerva non si è impacciato nell’affari della setta, e quando partì ebbe molte visite, ma non firme per elezione di capi settari.
Baldassarre Ferri sin dai primi momenti che lo conobbi, l’udii parlare di un suo compagno, o Felicetti o Felici, che aveva fatto il corso di studii con lui alla Sapienza (mi pare che diceva essere stato nei spedali di San Giovanni e San Spirito), e che partì con li primi volontari nel 1859, e con il quale ha mantenuto sempre carteggio per affari di setta, e che quanto prima doveva fargli avere un grado nelle armate Sarde. Quando Ferri ne parlava, erano sempre presenti con me Cesare Scarpini, Francesco Gioia e i suoi compagni della Consolazione, in specie Lallo Demauri, e un tal Capoccietti suoi fidi; lo conosceva benissimo anche Pietro Patrizi, e gli scrisse una. volta per domandar notizia d’un suo amico soldato volontario, e ne richiese indirizzo a Ferri una sera al caffè d’Argentina, e Ferri gli rispose: quando hai fatta la lettera, consegnala a me che vi penserò io.
Costanza Vaccari Diotallevi.