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i - canzone alla morte 117


gli rende la sua pura libertade:
da te adunque pietade,
chiedendo, aspetto a la mia crudel sorte
per la tua dolce man, pietosa Morte.
     65Questa c’ha nome vita falso in terra,
ch’altro è che fatica, affanno e stento,
sospir, pianto e lamento,
dolore, infermitá, terrore e guerra?
Questa acerba matrigna,
70natura, in tanti mal questo sol bene
per pace dètte, libertade e porto,
a’ piú savi diporto:
il fine attender de le mortal pene.
E dicon: — Non fia lunge chi ne spoglia
75con generosa voglia! —
Tu sei quella, tu sei quella benigna
madre, che i vilpensier dai petti sgombri
e’ nostri mali adombri
di lunga oblivion, d’immortal scorte:
80soccormi adunque, o graziosa Morte.
     Qual di famosi ingegni è maggior gloria,
ebrei, greci, latini, arabi e persi,
di lingue e stil diversi,
quanti l’antique carte fan memoria,
85te han scritta e desiata.
Felice disse alcun chi mòre in fasce;
altri, quando la vita piú diletta;
chi, quando men s’aspetta.
Molti beato disser chi non nasce:
90molti con forte man t’han cerco e tolta,
grave turba e non stolta!
Tu breve, tu comune e iusta e grata,
tu facil, natural, pronta, che sèpre
il bel fior da la vepre:
95nostre calamitá prego che ammorte,
benigna e valorosa, optata Morte.