Le rime di M. Francesco Petrarca/Canzone XXVIII

Canzone XXVII Canzone XXIX

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CANZONE XXVIII.


I
N quella parte dove Amor mi sprona,

Conven ch’io volga le dogliose rime,
Che son seguaci della mente afflitta.
Quai sien ultime, lasso, e qua’ sien prime?
5Colui che del mio mal meco ragiona

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     Mi lascia in dubbio; sì confuso ditta.
     Ma pur quanto l’istoria trovo scritta
     In mezzo ’l cor, che sì spesso rincorro,
     Con la sua propria man de’ miei martìri
     10Dirò; perchè i sospiri
     Parlando han triegua, ed al dolor soccorro.
     Dico, che, perch’io miri
     Mille cose diverse attento, e fiso,
     Sol’una donna veggio, e’l suo bel viso.
15Poi che la dispietata mia ventura
     M’ha dilungato dal maggior mio bene,
     Nojosa, inesorabile, e superba;
     Amor col rimembrar sol mi mantene:
     Onde, s’io veggio in giovenil figura
     20Incominciarsi il mondo a vestir d’erba;
     Parmi veder in quella etate acerba
     La bella giovenetta, ch’ora è donna:
     Poi che sormonta riscaldando il Sole;
     Parmi qual esser sole,
     25Fiamma d’amor che ’n cor alto s’endonna;
     Ma quando il dì si dole
     Di lui, che passo passo a dietro torni;
     Veggio lei giunta a’ suoi perfetti giorni.
In ramo fronde, over viole in terra
     30Mirando a la stagion che ’l freddo perde,
     E le stelle migliori acquistan forza;
     Negli occhi ho pur le violette, e ’l verde
     Di ch’era nel principio di mia guerra
     Amor armato, sì ch’ancor mi sforza;
     35E quella dolce leggiadretta scorza
     Che ricoprìa le pargolette membra
     Dov'oggi alberga l’anima gentile
     Ch’ogni altro piacer, vile
     Sembiar mi fa: sì forte mi rimembra
     40Del portamento umìle
     Ch’allor fioriva, e poi crebbe anzi agli anni;

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     Cagion sola e riposo de’ mie' affanni.
Qualor tenera neve per li colli
     Dal sol percossa veggio di lontano;
     45Come ’l Sol neve, mi governa Amore,
     Pensando nel bel viso più che umano,
     Che può da lunge gli occhi miei far molli,
     Ma da presso gli abbaglia, e vince il core;
     Ove fra ’l bianco, e l’aureo colore
     50Sempre si mostra quel che mai non vide
     Occhio mortal, ch’io creda, altro che ’l mio:
     E del caldo desio;
     Ch'è quando i' sospirando ella sorride;
     M’infiamma sì, che oblio
     55Niente apprezza, ma diventa eterno;
     Nè state il cangia, nè lo spegne il verno.
Non vidi mai dopo notturna pioggia
     Gir per l’aere sereno stelle erranti,
     E fiammeggiar fra la rugiada, e ’l gielo;
     60Ch’i’ non avesse i begli occhi davanti
     Ove la stanca mia vita s’appoggia,
     Qual' io gli vidi a l’ombra di un bel velo:
     E siccome di lor bellezze il cielo
     Splendea quel dì, così bagnati ancora
     65Li veggio sfavillar; ond’io sempr' ardo.
     Se ’l Sol levarsi sguardo,
     Sento il lume apparir che m’innamora:
     Se tramontarsi al tardo;
     Parmel veder quando si volge altrove
     70Lassando tenebroso onde si move.
Se mai candide rose con vermiglie
     In vasel d’oro vider gli occhi miei,
     Allor' allor da vergine man colte;
     Veder pensaro il viso di colei
     75Ch’avanza tutte l’altre meraviglie
     Con tre belle eccellenzie in lui raccolte;
     Le bionde treccie sopra ’l collo sciolte,

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     Ov’ogni latte perderia sua prova;
     E le grancie ch’adorna un dolce foco.
     80Ma pur che l’ora un poco
     Fior bianchi, e gialli per le piaggie mova:
     Torna alla mente il loco,
     E ’l primo dì ch’i’ vidi a Laura sparsi
     I capei d’oro; ond’io sì subit’arsi.
85Ad una ad una annoverar le stelle,
     E ’n picciol vetro chiuder tutte l’acque,
     Forse credea; quando in sì poca carta
     Novo penser di ricontar mi nacque,
     In quante parti il fior dell’altre belle
     90Stando in sè stessa, ha la sua luce sparta;
     Acciò che mai da lei non mi diparta:
     Nè farò io: e se pur talor fuggo;
     In cielo e ’n terra m’ha racchiusi i passi:
     Perch’agli occhi miei lassi
     95Sempre è presente: ond’io tutto mi struggo:
     E così meco stassi,
     Ch’altra non veggio mai, nè veder bramo,
     Nè ’l nome d’altra nè sospir’ miei chiamo.
Ben sai, Canzon, che quant’io parlo è nulla
     100Al celato amoroso mio pensero;
     Che dì, e notte nella mente porto;
     Solo per cui conforto
     In così lunga guerra anco non pero:
     Chè ben m’avria già morto
     105La lontananza del mio cor piangendo?
     Ma quinci dalla morte indugio prendo.