Le rime di M. Francesco Petrarca/Canzone XXVII
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CANZONE XXVII.
Ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
Gentil ramo ove piacque
5(con sospir mi rimembra)
A lei di fare al bel fianco colonna;
Erba, e fior, che la gonna
Leggiadra ricoverse
Con l’angelico seno;
10Aer sacro sereno,
Ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse;
Date udienza insieme
Alle dolenti mie parole estreme.
S’egli è pur mio destino
15E ’l cielo in ciò s’adopra,
Ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda;
Qualche grazia il meschino
Corpo fra voi ricopra;
E torni l’alma al proprio albergo ignuda.
20La morte sia men cruda,
Se questa speme porto
A quel dubbioso passo:
Che lo spirito lasso
Non poria mai in più riposato porto,
25Nè ’n più tranquilla fossa
Fuggir la carne travagliata, e l’ossa.
Tempo verrà ancor forse
Ch’all’usato soggiorno
Torni la fera bella, e mansueta;
30E là ’v’ella mi scorse
Nel benedetto giorno,
Volga la vista desiosa, e lieta,
Cercandomi: ed, o pieta!
Già terra infra le pietre
35Vedendo, Amor l’inspiri
In guisa, che sospiri
Sì dolcemente, che mercè m’impetre,
E faccia forza al cielo,
Asciugandosi gli occhi col bel velo.
40Da’ be’ rami scendea.
Dolce nella memoria,
Una pioggia di fior sovra ’l suo grembo;
Ed ella si sedea
Umìle in tanta gloria,
45Coverta già de l’amoroso nembo:
Qual fior cadea sul lembo,
Qual su le treccie bionde;
Ch’oro forbito, e perle
Eran quel dì a vederle:
50Qual si posava in terra, e qual su l’onde:
Qual con un vago errore
Girando parea dir, Qui regna Amore.
Quante volte diss’io
Allor pien di spavento,
55Costei per fermo nacque in paradiso!
Così carco d’obblio
Il divin portamento,
E ’l volto, e le parole, e ’l dolce riso
M’aveano, e sì diviso
60Dall’imagine vera.
Ch’i’ dicea sospirando,
Qui come venn’io, o quando?
Credendo esser in ciel, non là dov’era.
Da indi in qua mi piace
65Quest'erba sì, ch’altrove non ho pace.
Se tu avessi ornamenti quant’hai voglia,
Poresti arditamente
Uscir del bosco, e gir in fra la gente.