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P A R T E. 103

     Cagion sola e riposo de’ mie' affanni.
Qualor tenera neve per li colli
     Dal sol percossa veggio di lontano;
     45Come ’l Sol neve, mi governa Amore,
     Pensando nel bel viso più che umano,
     Che può da lunge gli occhi miei far molli,
     Ma da presso gli abbaglia, e vince il core;
     Ove fra ’l bianco, e l’aureo colore
     50Sempre si mostra quel che mai non vide
     Occhio mortal, ch’io creda, altro che ’l mio:
     E del caldo desio;
     Ch'è quando i' sospirando ella sorride;
     M’infiamma sì, che oblio
     55Niente apprezza, ma diventa eterno;
     Nè state il cangia, nè lo spegne il verno.
Non vidi mai dopo notturna pioggia
     Gir per l’aere sereno stelle erranti,
     E fiammeggiar fra la rugiada, e ’l gielo;
     60Ch’i’ non avesse i begli occhi davanti
     Ove la stanca mia vita s’appoggia,
     Qual' io gli vidi a l’ombra di un bel velo:
     E siccome di lor bellezze il cielo
     Splendea quel dì, così bagnati ancora
     65Li veggio sfavillar; ond’io sempr' ardo.
     Se ’l Sol levarsi sguardo,
     Sento il lume apparir che m’innamora:
     Se tramontarsi al tardo;
     Parmel veder quando si volge altrove
     70Lassando tenebroso onde si move.
Se mai candide rose con vermiglie
     In vasel d’oro vider gli occhi miei,
     Allor' allor da vergine man colte;
     Veder pensaro il viso di colei
     75Ch’avanza tutte l’altre meraviglie
     Con tre belle eccellenzie in lui raccolte;
     Le bionde treccie sopra ’l collo sciolte,

Ov'