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     Ov’ogni latte perderia sua prova;
     E le grancie ch’adorna un dolce foco.
     80Ma pur che l’ora un poco
     Fior bianchi, e gialli per le piaggie mova:
     Torna alla mente il loco,
     E ’l primo dì ch’i’ vidi a Laura sparsi
     I capei d’oro; ond’io sì subit’arsi.
85Ad una ad una annoverar le stelle,
     E ’n picciol vetro chiuder tutte l’acque,
     Forse credea; quando in sì poca carta
     Novo penser di ricontar mi nacque,
     In quante parti il fior dell’altre belle
     90Stando in sè stessa, ha la sua luce sparta;
     Acciò che mai da lei non mi diparta:
     Nè farò io: e se pur talor fuggo;
     In cielo e ’n terra m’ha racchiusi i passi:
     Perch’agli occhi miei lassi
     95Sempre è presente: ond’io tutto mi struggo:
     E così meco stassi,
     Ch’altra non veggio mai, nè veder bramo,
     Nè ’l nome d’altra nè sospir’ miei chiamo.
Ben sai, Canzon, che quant’io parlo è nulla
     100Al celato amoroso mio pensero;
     Che dì, e notte nella mente porto;
     Solo per cui conforto
     In così lunga guerra anco non pero:
     Chè ben m’avria già morto
     105La lontananza del mio cor piangendo?
     Ma quinci dalla morte indugio prendo.


CANZONE XXIX.


I
Talia mia, benchè ’l parlar sia indarno

Alle piaghe mortali
Che nel bel corpo tuo sì spesse veggio;
Piacemi almen, ch’i miei sospir sien, quali