Le rime di M. Francesco Petrarca/Canzone XXVI

Sonetto XCIX Canzone XXVII

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CANZONE XXVI.


S
E ’l pensier che mi strugge,

     Com’è pungente, e saldo,
     Così vestisse d’un color conforme;
     Forse tal m’arde, e fugge,
     5Ch’avria parte del caldo;
     E desteriasi Amor là dov’or dorme:
     Men solitarie l’orme
     Foran de’ miei pie’ lassi
     Per campagne, e per colli:
     10Men gli occhi ad ognor molli;
     Ardendo lei che come un ghiaccio stassi;
     E non lassa in me dramma
     Che non sia foco, e fiamma.
Però ch’Amor mi sforza,
     15E di saver mi spoglia;
     Parlo in rime aspre, et di dolcezza ignude:


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     Ma non sempre a la scorza
     Ramo, nè 'n fior, nè ’n foglia
     Mostra di for sua natural virtude.
     20Miri ciò che ’l cor chiude,
     Amor, e que’ begli occhi
     Ove si siede a l’ombra.
     Se ’l dolor che si sgombra,
     Avven che ’n pianto, e 'n lamentar trabocchi,
     25L’un a me noce, e l’altro
     Altrui, ch’io non lo scaltro.
Dolci rime leggiadre;
     Che nel primiero assalto
     D’Amor' usai, quand’io non ebbi altr’arme;
     30Chi verrà mai che squadre
     Questo mio cor di smalto;
     Ch’almen, com’io solea, possa sfogarme?
     Ch’aver dentr'a lui parme
     Un che Madonna sempre
     35Depinge, e de lei parla:
     A voler poi ritrarla
     Per me non basto; e par ch’io me ne stempre.
     Lasso, così m’è scorso
     Lo mio dolce soccorso.
40Come fanciul ch’appena
     Volge la lingua, e snoda;
     Che dir non sa, ma ’l più tacer gli è noja;
     Così ’l desir mi mena
     A dire: e vo’ che m’oda
     45La dolce mia nemica anzi ch’io moja.
     Se forse ogni sua gioja
     Nel suo bel viso è solo,
     E di tutt’altro è schiva;
     Odil tu, verde riva;
     50E presta a’ miei sospir’ sì largo volo,
     Che sempre si ridica,
     Come tu m’eri amica.


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Ben sai, che sì bel piede
     Non toccò terra unquanco,
     55Come quel, di che già segnata fosti:
     Onde ’l cor lasso riede
     Col tormentoso fianco
     A partir teco i lor pensier’ nascosti.
     Così avestu riposti
     60De’ bei vestigi sparsi
     Ancor tra’ fiori, e l’erba:
     Che la mia vita acerba,
     Lagrimando trovasse ove acquetarsi.
     Ma come può s’appaga
     65L’alma dubbiosa, e vaga.
Ovunque gli occhi volgo,
     Trovo un dolce sereno,
     Pensando, Qui percosse il vago lume.
     Qualunque erba, o fior colgo,
     70Credo che nel terreno
     Aggia radice ov’ella ebbe in costume
     Gir fra le piagge, e ’l fiume,
     E talor farsi un seggio
     Fresco, fiorito, e verde:
     75Così nulla sen' perde:
     E più certezza averne fora il peggio.
     Spirto beato quale
     Se, quando altrui fai tale?
O poverella mia, come se rozza!
     80Credo che tel conoschi:
     Rimanti in questi boschi.