Le poesie religiose (1895)/Per la mia candidatura
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | All'utopia | Crepuscolo | ► |
PER LA MIA CANDIDATURA
Invano all’aula sonante, o Bovio,
M’alletti: altr’aure, altr’arte; insolito
Pomo innestar su lento
Salcio, insensato agricoltor, non tento.
Rubesto il rovere poggi, e tra l’ispide
Braccia le nebbie ravvolga e il turbine;
Susurri a la feconda
Aura, lieta di pan l’arista bionda.
Te dalle rigide veglie, onde spazii
Sereno, e l’ardue leggi dell’essere
Sforzando, i più sublimi
Campi d’un’orma fiammeggiante imprimi,
Caccia alle impavide tribune un genio
Pugnace: tuonano le sale; pallido
Su la contesa scranna
16Sejan, di colpe mercator, s’affanna.
Me da babeliche tresche, da livide
Gare, onde scarnasi tra fango e triboli
Il cittadino gregge,
20Cui nume il lucro, e la vendetta è legge,
Natura e provvido studio dividono;
Me non vincibile sdegno con triplice
Vallo e con doppio muro
24Tien dal civile infuriar securo.
Cheto dall’avida città dilungasi
Il borgo; aerea la casa spazia
Su’ campi e gli orti aprici,
28Fra l’Etna e il mare, i miei due grandi amici.
Pe’ consapevoli recessi un roseo
Volto, una candida fantasma aggirasi
Lieve: del mio tremore
32Ride furtivo in fra le tende Amore.
Odi: su gli ebani parlanti un brivido
Passa; quai dèmoni fra l’ombre e i murmuri
Del rifiorente bosco,
36Riddano i sogni tuoi, Beethoven fosco.
Riddano. L’anima fragrante spirano
Ne le majoliche strane le pallide
Rose: ad ignote sfere
40Migra, migra con dolce ala il pensiere.
E che? Non l’animo feroce assonnasi
Tra’ fiori, o vagola perplesso: furono
Sempre al mio cor dispetti
44Braccia inerti, egre menti, ambigui petti.
Come selvatico sparviere stridere
Spesso odon l’improbe congreghe il fervido
Sdegno, e qual brando terso
48Martellar sopra i lor capi il mio verso.