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Gaio Valerio Catullo - Poesie (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1889)
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Lascia, o Catullo — triste, i sogni di prima,
     E quanto hai visto — perir, perduto estima.

Giorni felici — per te splendeano allora
     Che andavi spesso — dove alla tua signora

5Piaceva, a lei — c’hai di così profondo
     Affetto amata — come nessuna al mondo.

Oh giochi, oh pugne — soavi, ch’io bramava
     Rifare, e ch’ella — pur negando, accordava!

Quelli eran giorni — quelli! Or mutato ha stile:
     10Tutto or ti nega; — ma tu non esser vile;

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Non correr dietro — a lei; non viver grama
     Vita, ma fermo — sprezza chi più non t’ama.

Addio, signora: — d’un sordo idolo al piede
     Non più Catullo — trepido prega e chiede.

15Ah, t’addolori — che niun ti prega? Ingrata
     Femmina, è questa — la vita a te serbata.

Or chi più, dimmi, — ti cercherà? Chi mai
     Con le tue forme — leggiadre adescherai?

Chi avrà il tuo core? — Di chi dirai: son sua?
     20Chi vorrà i baci — della boccuccia tua,

I baci, i morsi? — Ma non esser fanciullo;
     Dura ostinato, — sii di sasso, o Catullo!