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Gaio Valerio Catullo - Poesie (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1889)
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Ben che malinconia che mi conquide,
     Ortalo caro, tra continui lutti,
     3Me dalle dotte vergini divide,

Così che delle muse i dolci frutti
     Più non vale ad esprimere la mente,
     6(Di tanti mali s’affanna tra’ flutti:

Però che la funesta acqua fluente
     Nel letèo gorgo il piede illividito
     9Bagna del fratel mio con onde lente,

Del fratel mio, cui sotto al retèo lito
     L’iliaca terra grave strugge, omai
     12Da poco a questi afflitti occhi rapito.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
     . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
     15. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Dunque più mai ti parlerò? Più mai
     T’udrò narrarmi i tuoi casi, o fratello,
     18Ch’io molto più della mia vita amai?

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Nè più mai ti vedrò? Pur mi fia bello
     Sempre l’amarti e in modi lacrimati
     21La tua fine ridir, pari a l’augello

Di Daulide, che all’ombra d’intrecciati
     Rami s’accoglie, e canta in versi mesti
     24Canta del divorato Itilo i fati)

Pure, fra tante ambasce, Ortalo, questi
     Carmi del gran Battiade, ecco t’invio
     27Ora da me nel sermon patrio intesti.

Poichè non vo’ che tu sospetti, ch’io
     Abbia all’aure il tuo detto abbandonato,
     30O che sfuggito sia dal pensier mio,

Come sfugge dal grembo intemerato
     D’una fanciulla il pomo, di nascosto
     33In dono a lei dall’amor suo mandato:

Sopravviene la madre, ed ella tosto
     Balza in piè, nè, meschina, in quel momento
     36Pensa che l’ha tra ’l vel tenue riposto;

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Ond’ei fuor salta, e giù pe ’l pavimento
     Ratto sdrucciola e via lubrico rota,
     39Mentr’ella con lo sguardo a terra intento

Cosparge di rossor conscio la gota.