Le poesie di Catullo/65
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Ben che malinconia che mi conquide,
Ortalo caro, tra continui lutti,
3Me dalle dotte vergini divide,
Così che delle muse i dolci frutti
Più non vale ad esprimere la mente,
6(Di tanti mali s’affanna tra’ flutti:
Però che la funesta acqua fluente
Nel letèo gorgo il piede illividito
9Bagna del fratel mio con onde lente,
Del fratel mio, cui sotto al retèo lito
L’iliaca terra grave strugge, omai
12Da poco a questi afflitti occhi rapito.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
15. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Dunque più mai ti parlerò? Più mai
T’udrò narrarmi i tuoi casi, o fratello,
18Ch’io molto più della mia vita amai?
Nè più mai ti vedrò? Pur mi fia bello
Sempre l’amarti e in modi lacrimati
21La tua fine ridir, pari a l’augello
Di Daulide, che all’ombra d’intrecciati
Rami s’accoglie, e canta in versi mesti
24Canta del divorato Itilo i fati)
Pure, fra tante ambasce, Ortalo, questi
Carmi del gran Battiade, ecco t’invio
27Ora da me nel sermon patrio intesti.
Poichè non vo’ che tu sospetti, ch’io
Abbia all’aure il tuo detto abbandonato,
30O che sfuggito sia dal pensier mio,
Come sfugge dal grembo intemerato
D’una fanciulla il pomo, di nascosto
33In dono a lei dall’amor suo mandato:
Sopravviene la madre, ed ella tosto
Balza in piè, nè, meschina, in quel momento
36Pensa che l’ha tra ’l vel tenue riposto;
Ond’ei fuor salta, e giù pe ’l pavimento
Ratto sdrucciola e via lubrico rota,
39Mentr’ella con lo sguardo a terra intento
Cosparge di rossor conscio la gota.