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trad. da Mario Rapisardi 101


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Ben che malinconia che mi conquide,
     Ortalo caro, tra continui lutti,
     3Me dalle dotte vergini divide,

Così che delle muse i dolci frutti
     Più non vale ad esprimere la mente,
     6(Di tanti mali s’affanna tra’ flutti:

Però che la funesta acqua fluente
     Nel letèo gorgo il piede illividito
     9Bagna del fratel mio con onde lente,

Del fratel mio, cui sotto al retèo lito
     L’iliaca terra grave strugge, omai
     12Da poco a questi afflitti occhi rapito.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
     . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
     15. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Dunque più mai ti parlerò? Più mai
     T’udrò narrarmi i tuoi casi, o fratello,
     18Ch’io molto più della mia vita amai?