Le piacevoli notti/Notte XIII/Favola III
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FAVOLA III.
La favola raccontata dalla valorosa nostra Signora mi riduce a memoria quello intravenne della invidia nata tra gli servi d’un Tedesco e d’un Spagnuolo che mangiavano insieme. Ed avenga che la favola sia brevissima, sarà però dilettevole, e piacerà a molti.
Un Tedesco ed un Spagnuolo un giorno, ritrovandosi in certa osteria, cenarono insieme, e furonvi apposte vivande d’ogni maniera molto abbondanti e dilicate. E mangiando l’uno e l’altro, il Spagnuolo porgeva al servo suo or un pezzo di carne, or un pezzo di pollo, ed or questa, or quell’altra cosa da mangiare. Il Tedesco stavasi mutolo divorando e sgolizzando ogni cosa, senza punto ricordarsi del servo suo. Per il che nacque tra’ servi una grandissima invidia; ed il servo del Tedesco diceva che gli Spagnuoli erano più liberali e più prestanti di tutti gli uomini: ed il servo del Spagnuolo confirmava il medesimo. Il Tedesco, poscia che ebbe cenato, prese il vaso con tutte le vivande che erano in quello, e porselo al servo suo, dicendo che cenasse. Onde il servo del Spagnuolo, avendo invidia della felicità del suo compagno, rivocata la sentenzia sua, mormorava tra sè tai parole, dicendo: Ora conosco io che i Tedeschi sono fuor di modo liberali. La novella dimostra niuno essere contento della sorte sua.
E senza interporre altro intervallo propose il suo enimma, in tal maniera dicendo.
Io mi sto chiusa in sì altiero loco,
Ch’arrivar non mi puon ali, nè piume.
La forza sol de l’ingegno non poco
Mi fa prestar, a cui non ha buon lume.
Ad alto stato un gentil cor colloco,
E sono scura a cui di me presume.
Ma percossa da quei che nulla sanno,
Quella che pur non son, parer mi fanno.
L’enimma altro non dimostra, eccetto l’astrologia, la quale è posta in luogo eminente, dove non si può volar con ali. Dichiarito il sottil enimma, levossi in piedi la signora Veronica; ed in tal guisa alla sua favola diede principio, così dicendo.