Le odi di Orazio/Libro primo/XXXVII
Questo testo è stato riletto e controllato. |
XXXVII
◄ | Libro primo - XXXVI | Libro primo - XXXVIII | ► |
XXXVII.
Or si dee bere, or con piè libero
Picchiar la terra: omai con saliche
Vivande le mense dei Numi
4Era tempo d’ornare, o compagni.
Pria d’or nefasto era il trar cècubo
Da celle avite, chè al Campidoglio
Rovine dementi ed esizio
8Minacciava all’Imper la Regina
Con gregge sozzo, peste degli uomini,
A frenar tutte speranze invalida
Ed ebbra di dolce fortuna.
12Ma scemò tali furieFonte/commento: Pagina:Opere di Mario Rapisardi 5.djvu/205 la sola
Nave che a pena campò all’incendio:
La mente infusa di Mareotico
Ai veri timori ridusse
16Cesar: lei che d’Italia volava
Co’ remi incalza, qual falco tenere
Colombe, o quale cacciator, celere
Lepre via pei campi nevosi
20Dell’Emonia, per mettere in ceppi
Il fatal mostro, lei che imperterrita
Perir cercava, nè come femmina
Tremò il ferro o in ascosi lidi
24Riparò con veloce navile,
Ma osò con volto seren la reggia
Mirar distrutta, e con forte animo
Trattar gli aspri serpi, onde in seno
28Il veleno funesto ne beva
In cotal morte, che a sè delibera
Più fiera, odiando ella, non umile
Donna, da’ crudi Liburni sia
32Orba tratta al superbo trionfo.