Le odi di Orazio/Libro primo/XXXVI
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XXXVI
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XXXVI.
Con incenso e con cetere
Giovi e col debito sangue d’un vitulo
Placar gli Dei che guardano
4Numida: incolume or ei dall’ultima
Esperia a’ cari socj
Baci moltissimi dà, ma al suo Lamia
Più che ad ogni altro, memore
8Che fanciulli ebbero il re medesimo
E insiem toga mutarono.
Non manchi gnossia nota al dì fausto,
Non si risparmi l’anfora,
12Nè, a mo’ de’ Salj, posa i piedi abbiano;
Non la vinosa Dàmali
Basso abbia a vincere col gotto tracio;
Non rose a’ pranzi manchino,
16Non vivace apio, nè gigli languidi.
Tutti in Damali affisino
Le pupille avide, nè dall’adultero
Novo si svolga Dàmali,
20Di lasciva edera più attorciglievole.