Le monete di Venezia/Francesco Dandolo
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FRANCESCO DANDOLO
DOGE DI VENEZIA
1329-1339.
Morto il doge Soranzo, i voti degli elettori si raccolsero su Francesco Dandolo, che era stato ambasciatore presso il Pontefice quando fu tolta la scomunica. L’avvenimento più importante del suo principato fu la guerra contro Mastino della Scala signore di Verona, padrone di Vicenza, di Padova, di Treviso e di molte altre importanti città, e che in quel momento era forse il più temuto sovrano d’Italia. Egli molestava i commerci colla terra ferma ed usava della sua potenza a danno di Venezia; per cui la Repubblica, stretta alleanza coi Fiorentini, coi Visconti, coi d’Este, coi Gonzaga e con quanti altri si dolevano di Mastino, o lo temevano, gli mosse aspra guerra. Il comando delle truppe alleate fu dato a Pietro De Rossi già signore di Parma, che avea fama di essere il migliore condottiero del suo tempo ed era stato spodestato dallo Scaligero. La guerra fu lunga e con varie vicende, ma finalmente Mastino della Scala, vinto e tradito, segnò una pace, nella quale, oltre a molte condizioni onerose e cessioni di territorio, dava Padova ai Carraresi e Treviso ai Veneziani, che fu il primo possesso della Repubblica in terra ferma.
Nei capitolari dei massari all’oro ed all’argento ed in quello dei Signori di notte si conservano alquanti decreti di questo tempo, che regolano la stima e l’affinamento dell’oro, il prezzo del metallo, l’utile proveniente dalla fabbricazione, la resa dei conti che ciascun massaro deve fare agli ufficiali de le Rason, ed altri meno importanti particolari nell’amministrazione della zecca1. Altri decreti della Quarantìa si occupano di vasellami e di altri lavori di argento fatti dagli orefici, i quali devono prima avere il bollo del l'artefice, e quando, saggiati, sieno trovati di giusta lega, devono essere segnati col bollo di S. Marco2. Gli estimatori dell'oro a Rialto ed i soprastanti all’arte degli orefici hanno l’obbligo di sorvegliare all’esatto adempimento di tali prescrizioni, come pure al divieto di vendere argenti forestieri.
Merita pure di essere ricordata una legge, con cui il Maggior Consiglio nel 18 luglio 13313 autorizza il Senato a trattare le cose dell’argento e delle monete assieme alla Quarantìa.
Mancano i registri della Quarantìa di quest’epoca, e quelli misti del Senato non cominciano se non dal 1332, per cui noi abbiamo i decreti che ordinano la emissione di due nuove monete coniate da Francesco Dandolo esistenti in tutte le raccolte di monete veneziane, l' una delle quali rappresenta per la prima volta il soldo, ventesima parte della lira, l’altra la metà del grosso, detta perciò mezzanino. Entrambe sul diritto hanno il doge tenente in mano lo stendardo della croce, raffigurato in piedi nel mezzanino ed in ginocchio nel soldo; sul rovescio San Marco, nel mezzanino a mezzo busto, colla destra che benedice, e nel soldo in forma di lion; questo non è però disegnato in quel modo che più tardi divenne classico, ma è senza ali, rampante e col vessillo fra le zampe anteriori.
Le memorie storiche suppliscono alla deficienza di documenti, e pressoché tutte le cronache contemporanee, o fatte sopra memorie dell’epoca, notano il fatto con leggere varianti. Una Cronaca Veneta del secolo XVI, che si conserva nella R. Biblioteca di S. Marco4 lo ricorda colle seguenti parole: « Lanno de Xpo MCCCXXXIX el ditto missier Francesco Dandolo dose primieramente fese bater et cugnar una moneda chiamada mezanini, li qual valeva pizoli XVI l’uno et ancora soldini e questa moneda fo ditte vechie.»
Un altro Codice esistente pure nella Biblioteca Marciana5 pone all’anno 1328 : « ancora in sto tempo questo doxe fece. cuniar tre sorte de monede una che si chiamava matapan, l’altra mezzanini che valeva piccoli 16 et la terza soldini de piccoli 12 l’uno.»
La cronaca Magno6 nomina soltanto il mezzanino e dimentica il soldino : Marin Sanuto7 ricorda entrambe le monete, ma s’inganna nel prezzo del mezzanino, che dice equivalente ad un soldo e mezzo ; mentre al tempo di Francesco Dandolo il grosso valeva 32 piccoli, e quindi la sua metà non poteva valerne che 16.
Nemmeno sull’epoca sono concordi i vari autori: le due cronache anonime più sopra citate stabiliscono la emissione, una nel 1328, l’altra nel 1339, Marin Sanuto nel 1337; ma nessuna di queste date dev’essere esatta, a quanto sembra, perchè il Dandolo fu eletto doge nel 4 gennaio 1328 secondo l’usanza veneta, che corrisponde al 1329 dall’uso comune, e non è probabile che abbia coniato le nuove monete nel primo mese del suo regno. E certo però che la loro emissione fu ordinata assai prima del 1337, come lo dimostrano due documenti riportati dall’Azzoni Avogadro nella appendice del suo dotto lavoro sulle monete di Trevigi. Essi portano la data del 7 ed 8 novembre 13328 e contengono la consultazione degli anziani del Comune di Treviso, e la lettera di quel podestà a Guglielmo Bevilacqua rappresentante i signori della Scala, dove si lamenta la introduzione di moneta nuova veneziana da 16 denari chiamata mezzanino, e molto più dell’altra da 12 denari, chiamata ginocchiello, perchè si valutavano più del giusto loro pregio e sulla forma dei medesimi se ne fabbricavano di false. Per mettere in chiaro l’attendibilità dell'accusa, feci assaggiare le due monete e trovai che il mezzanino ha il titolo di 780 millesimi, ed il soldino 670 millesimi ; i Trevisani avevano dunque ragione di lagnarsi delle due nuove monete, perchè, sebbene il loro peso, relativamente al grosso, fosse eccedente, l’intrinseco era troppo scarso.
Essendo l’intrinseco deficiente, la zecca vi trovava largamente il suo conto, e coniava più volentieri il mezzanino ed il soldo che il grosso, ma la stessa ragione produsse in seguirò perturbazioni nel valore relativo di queste monete fra loro, in modo che il grosso dovette aumentare di prezzo.
Non era infondato nemmeno l’altro lagno dei Trevigiani, che cioè sul modello delle nuove monete corressero delle falsificazioni, e ce lo conferma un decreto della Quarantìa del 17 novembre 13389 che proibisce certi soldadini (soldini) fabbricati in grande quantità nella Slavonia ed in altre località ad imitazione dei veneziani, e che ordina ai pubblici ufficiali di confiscarli e di distruggerli. Pochi mesi dopo, nel 18 gennaio 1339, lo stesso Consiglio rinnova gli ordini e ricorda queste ed altre pene minacciate dalle leggi contro coloro che avessero e tenessero scientemente moneta de soldadini mala et falsa10 Finalmente se ne occupa il Senato colla seguente parte :
- 1339 . die viij . Maij.
«Cum moneta falsa de soldadinis qui fiunt partibus Slavonie multiplicet nimis in damnum nostris comunis, et alias fuerit missus ambaxator ad eomitem Bartholum, in cujus terris predicta fieri dicuntur, et ipse responderit de cessando, et peius fiat ;
«Capta fuit pars, quod mittatur alius ambaxator ad dictas partes Slavonie cum illa commissione, et verbis gravibus et opportunis, que videbuntur domino, consiliarijs, capitibus et provisoribus, vel maiori parti eorum; qui habeat libras tres grossorum prò sua provisione prò ista materia, et vadat ad expensas communis, de grossis . xviij . in die. Insuper cum comes Duymus non venerit ad faciendum sacramentum fidelitatis, dato ei termino usque ad pasca resuretionis elapsum, et ipse non videatur curare de veniendo ; commitatur dicto ambaxatori etiam quod preeipiat dicto corniti, quod veniat personaliter usque ad sanctum Michaelem proximum, et si non venerit, quod nos faciemus fieri et mitti executioni secundum formam concessionis.»11
Questo documento interessante ci fa conoscere una nuova officina in cui si batteva moneta scadente ad imitazione di quella di Venezia, ed indica un nuovo campo di ricerche ai numismatici. I conti Frangipani, contro i quali il Senato si mostra giustamente indignato, e che tenevano in feudo l’isola di Veglia da Venezia; e Segna dai re d’ Ungheria, diedero spesso motivo a lagni, sia per questa che per altre colpe. Allorché i veneziani presero possesso di Veglia (1481), chiamati dagli abitanti che non potevano tollerare la tirannia del conte Zuane, Antonio Vinciguerra nella sua relazione12 muove terribili accuse al principe spodestato, e, fra le altre, anche quella di fabbricare moneta falsa.
MONETE DI FRANCESCO DANDOLO
1. — Ducato. Oro, titolo 1.000: peso grani veneti 68 52/67 (grammi 3.559).
D/ S. Marco porge il vessillo al doge · FRA · DANDVLO · lungo l’asta DVX, dietro il Santo · S · M · VENETI ·
R/ Il Redentore benedicente in un’ aureola elittica cosparsa di stelle, quattro a sinistra, cinque a destra · SIT · T · XPE · DAT Q^ · TV REGrIS · ISTE · DVCAT ·13
Tav. IX, n.° 11. |
2. — Varietà nel R. La stella superiore a sinistra è di poco più grande e con un circoletto interno.
3. — Varietà nel R. La mano del Redentore è fra la prima e la seconda stella a sinistra.
4. — Grosso. Argento, titolo 0,965 : peso grani veneti 42 1/8 (grammi 2.178).
D/ S. Marco porge il vessillo al doge · FRA · DANDVLO · lungo l’asta DVX, a destra · S · M · VENETI
R/ Il Redentore in trono IC XC
Tav. IX, n.° 12. |
5. — Varietà nel D/ FRA DANDVLO S M VENETI
6. — Varietà nel D/ FRA · DANDVLO ·: S · M · VENETI'
Segni, o punti dei Massari della moneta.
7. — Mezzanino, o mezzo grosso. Argento, titolo 0.780 circa14: peso grani veneti 24 (grammi 1.242).
D/ II doge in piedi a sinistra, col berretto ducale e manto ornato di pelliccia, tiene con ambe le mani l’asta di uno stendardo colla croce, che svolazza a destra · FRA · DAN · DVLON · DVX ·
R/ Busto di S. Marco di fronte, cinto di aureola, che benedice colla destra avendo nella sinistra il vangelo · S · MARC/ · · VENETI ·
8. — Varietà nel D/ · FRA · DAN DVLO · DVX ·
9. — Varietà nel FRA DAN DVLO DVX
Tav. IX, n.° 13. |
In alcuni esemplari del mezzanino, fra le pieghe del vestito di S. Marco, si osserva il seguente segno · · · o che probabilmente indica il massaro della moneta.
10. — Soldino.-(soldo 1/20 della lira) Argento, titolo 0.670 circa15: peso grani veneti 18 1/2 (grammi 0.957).
D/ Il doge inginocchiato e volto a sinistra, con ricco manto e berretto ducale, tiene con ambe le mani l’asta di un’orifiamma colla croce che gli svolazza sul capo · + · FRA · DAN DVLO · DVX ·
R/ Leone rampante, cinto il capo di aureola, tenente nelle zampe anteriori un vessillo colla banderuola volta a destra, il tutto chiuso in cerchio che divide dall’iscrizione + S MARCVS VENETI
11. — Varietà D/ ·+· FRA · DAN DVLO · DVX ·
R/ + · S · MARCVS · VENETI ·
Tav. IX, n.° 14. |
12. — Varietà D/ · + FRA · DAN DVLO DVX
- R/ come il N. 11.
13. — Piccolo, o denaro. Mistura, titolo 0.198: peso grani veneti 5 66/100 (grammi 0.292): scodellato.
D/ Croce in un cerchio + · FRA · DA · DVX ·
R/ Croce in un cerchio + · co · MARCVoo ·
14. — Varietà al D/ ed al R/ quattro piccoli punti posti alla estremità della croce, fra questa ed il cerchio che racchiude la parte centrale.
Tav. X, n.° 1 |
15. — Bianco, o mezzo denaro. Mistura, titolo 0.040 circa: peso grani veneti 7 (grammi 0.362).
D/ Croce accantonata da quattro punti
+ · FRA · DA · DVX ·
R/ Busto di S. Marco di fronte + · co MARCVco
Museo Correr. | Tav. X, n.° 2 |
Civico Museo Trieste. |
OPERE CHE TRATTANO DELLE MONETE DI FRANCESCO DANDOLO:
Santinelli S. — Opera citata, pag. 271-272, (disegno pag. 271); ed in Argelati, Parte I, pag. 300.
Carli Rubbi G. R. — Delle monete etc. opera citata, Tomo I, pag. 413, tav. VI, n,® IV.
Bellini V. — Dell’antica lira ferrarese, etc., opera citata, pag. 98.
— De monetis Italiaæ, etc. opera citata, Disserti I. pag. 101, 102 e 108, n.i X, XI e XII, ed in Argelati, Parte V, pag. 30 e 31 t n.i X, XI e XII.
(Duval et Fröhlich). — Monnoies en or, etc. opera citata, pag. 275.
Gradenigo G. A. — Indice citato, in Zanetti G. A. Tomo III, pag. 170 e 171, n. XXXV, XXXVI e XXXVII,
Appel J. — Opera citata, Vol. III, pag. 1121, n.° 8921.
Zon A. — Opera citata, pag. 30, 79 e tav. I, n.° 11 e 12.
Schweitzer F. — Opera citata, Vol. I. pag. 99 (154), (155), (156), (157), (158), e tavola.
Kunz C. — Catalogo citato, pag. 7.
Orlandini G. — Catalogo citato, pag. 4 e 5.
Biografia dei Dogi | — Opera citata Doge LII. |
Numismatica Veneta |
Padovan e Cecchetti. — Opera citata, pag. 15.
Wachter (von) C. — Opera citata. — Numismatische Zeitschrift, Vol. III 1871, pag. 228, 231, Vol. V 1875, pag. 198-200.
Padovan V. — Opera citata, edizione 1879, pag. 17-18, — Archivio Veneto, Tomo XII, pag. 98 — terza edizione 1881, pag. 14
Note
- ↑ Capitolare dei massari all'oro § XXXVII, XXXVIIII, XL, XLI, XLII, XLIII, XLIIII, XLV, XLVI, XLVII e XLVIII c. 13-17.
- ↑ Capitolare dei massari all'argento (23 ottobre e 11 dicembre 1335) c. 2S-36.
- ↑ Documento XIII.
- ↑ R. Biblioteca di S. Marco. Codice 519, classe VII, Ital. c. 82.
- ↑ R. Biblioteca di S. Marco. Eletioni, Deliberazioni, Decreti, Istituzioni, Accordi, Privilegi, creation di Magistrati, Ordini, Corretioni, Parti delli Consigli et altro, estratte da una cronaca anonima manoscritta, Cod. 1800, classe VII, Ital. pag. 136.
- ↑ R. Biblioteca di S. Marco, Codice 513, classe VII, Ital. Vol. I, carte 91.
- ↑ Sanuto M. Vitæ ducum Venetorum, in Muratori, Rerum Ital. Script. Vol. XXII, colonna 601.
- ↑ Zanetti G. A. opera citata, Tomo IV, pag. 166-167.
- ↑ Capitolare dei Signori di notte § CCCI, carte 110.
- ↑ Ivi § CCCIII, c. 112.
- ↑ R. Archivio di Stato. Senato, Misti, Reg. 18, c. 33.
- ↑ V. Solitro. Documenti storici sull’Istria e la Dalmazia. Venezia, 1844. — L’ultimo conte di Veglia. Relazione del segretario Antonio Vinciguerra.
- ↑ Nei ducati di questo ed altri dogi della stessa epoca manca talvolta il segno di abbreviatura sulla coda del Q.
- ↑ L’esame chimico fatto dall’officio del saggio di Venezia dà il titolo di 0,780.
- ↑ L’esame chimico fatto dall’officio del saggio di Venezia dà il titolo di 0,670.