Le monete di Venezia/Andrea Contarini

Andrea Contarini

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Marco Corner Michele Morosini

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ANDREA CONTARINI

DOGE DI VENEZIA

1368-1882.



Morto il Doge Corner, i voti di tutti gli elettori si riunirono sopra il nome di Andrea Contarini, che, reluttante, fu costretto dal Senato ad accettare la suprema dignità.

La pace che avea durato per alcuni anni non tardò ad essere turbata, ma nei primi tempi il successo delle armi fu favorevole ai veneziani. I Triestini ribelli, che avevano implorato: soccorso dagli Austriaci, furono ridotti all’obbedienza: nella guerra col Signore di Padova, che aveva edificato due fortilizi minacciosi a Venezia, rimasero soccombenti le armi dei Carraresi unite a quelle del re d’Ungheria: ed anche ai Duchi d’Austria fu tolta la chiusa di Quero.

Ma le rivalità commerciali ed il desiderio di preponderanza in Oriente avevano gettato semi di discordia profonda fra Genova e Venezia. Nonostante le premure ed anche le minaccie dei Pontefici, nonostante la coscienza dei mali gravissimi inevitabili da ambe le parti, ognuno si preparava per la guerra e cercava i propri alleati fra i nemici dello stato rivale. Il comando della flotta fa dato a Vettor Pisani, che da prima ebbe qualche successo, ma poi rimase completamente sconfitto dinanzi a Pola, così che l’armata genovese si avanzò terribile occupando Chioggia e minacciando nel cuore lo Stato veneziano. Nel gravissimo pericolo i veneziani diedero splendidi esempi di amare alla patria; tatti gli uomini validi servirono colla persona e colle sostanze, le donne ebbero cura dei feriti, sacrificando gioje e monili. Liberato dal carcere Vettor Pisani, ritenuto dal popola il più valente ammiraglio, richiamato [p. 206 modifica]Carlo Zeno dai lidi lontani, ove faceva sventolare gloriosamente lo stendardo di S. Marco, il doge si pose a capo degli armati e dopo un lungo assedio riuscì a prendere prigioniero in Chioggia il presidio genovese. Finalmente il duca di Savoja offerse la sua mediazione, e dopo molte difficoltà, fu conclusa la pace in Torino col trattato 8 agosto 1381. Poco dopo moriva il doge Andrea Contarini, compianto da tutti e considerato sempre come uno dei più valorosi e sapienti principi veneziani.

Sotto l’aspetto economico e finanziario il tempo di Andrea Contarini e gli eventi della guerra di Chioggia offrono campo a studi ed osservazioni interessanti. I documenti contemporanei mostrano quali enormi sacrifici abbiano sopportato i cittadini veneziani e lasciano argomentare a quanta prosperità e ricchezza fosse giunta Venezia e come fossero perfezionati i meccanismi della sua amministrazione finanziaria. Gli stessi libri destinati a raccogliere soltanto le deliberazioni relative alla zecca ci conservano la memoria di alcuni provvedimenti eccezionali adottati in questi momenti di supremo pericolo della patria. Nel capitolare delle Brocche trovasi una terminazione del Senato del 14 aprile 13791, che ordina a tutti i nobili ufficiali, giudici ed avvocati eletti dal Maggior Consiglio, o da altro Consiglio, di rinunciare alla totalità del loro stipendio ed a metà delle competenze inerenti alle cariche, mentre agli scrivani e notai di tutti gli uffici è imposto di lasciare la metà delle paghe e delle utilità: sotto la data del 9 luglio dello stesso anno2 trovasi un ordine di prendere a mutuo i denari che sono fatti e si fanno in zecca, dando al possessore l’aggio dei ducati in ragione di 13 soldi, garantendo il pagamento col ricavo dell’imposta ordinata di 100,000 ducati.

Anche prima delle difficoltà gravissime, politiche e finanziarie che travagliavano Venezia in quest’epoca, si erano già manifestati i sintomi di un disagio monetario, che si aggravò cinquant’anni più tardi, e non fu risolto se non colla riforma [p. 207 modifica]del doge Tron e colla coniazione in argento della lira. Dell’apparizione di questo disagio e della ricerca del rimedio si scorgono i primi segni nella terminazione della Quarantìa del 12 settembre 13693 dove, lamentandosi la scarsità della moneta nostra d’oro e d’argento ed osservandosi che la buona e pesante se ne va all’estero appena coniata, mentre resta in paese solo la vile e cattiva, si conchiude col nominare tre savi allo scopo di studiare e proporre i rimedi.

Probabilmente il parere dei savi fu di diminuire il peso dell’unità monetaria, perchè questo appunto fu il provvedimento adottato dal Senato nella parte del 19 dicembre 13694 con cui si regolava la coniazione dei soldini da farsi colla quinta parte dell’argento condotto a Venezia, la quale doveva essere consegnata dai mercanti alla zecca per riceverla ridotta in moneta. Da ogni marca si devono ricavare 14 1/2 soldi di grossi invece di 13 1/2 che se ne ottenevano da prima, ed ai mercanti devesi corrispondere 12 soldi e 3 grossi per marca, invece degli 11 e 3 grossi dati in passato. Affinchè questi nuovi soldini si distinguano dagli antichi, si ordina di farli con quel conia che sarà scelto dal doge, dai consiglieri, dai capi della Quarantìa e dai savi. A questo scopo fu mutato il rovescio, ed il leone, invece che rampante, fu disegnato seduto, colle ali aperte in quella forma che era già in uso nei torneselli e che divenne una delle più caratteristiche rappresentazioni dell’araldica veneziana.

Questa legge doveva rimanere in vigore due anni, per esperimentarne gli effetti; ma soddisfatto del risultato, il Senato la confermava con decreto in data 16 dicembre 13715.

Colla diminuzione della valuta erasi bensì impedita la emigrazione delle specie metalliche e si erano ottenuti altri vantaggi momentanei; ma si recava una sensibile alterazione al valore del grosso che, rimasto sempre eguale dai tempi di Enrico Dandolo, serviva di base a molte contrattazioni. Egli [p. 208 modifica]è perciò che il Maggior Consiglio6 nel 27 dicembre 1375 votava una legge, colla quale, osservandosi che vi era molta confusione nelle commissioni dei Rettori, nei capitolari degli ufficiali e nei registri che conservavano le parti adottate nei Consigli, si nominavano cinque savi coll’incarico di esaminare questi libri e con facoltà di cancellare quelle disposizioni, il cui termine fosse spirato o che mancassero di efficacia e di valore, e di proporre quelle aggiunte e modificazioni che reputassero convenienti ed utili, ordinando che il partito proposto ed approvato dal Senato, avesse la stessa forza come se fosse emanato dal Maggior Consiglio. I cinque savi, valendosi di detta facoltà, nel 25 settembre 1376 annullarono il vecchio capitolare, che contava quasi un secolo di vita, ed ordinarono la compilazione di un nuovo, facendone annotazione e firmandosi assieme al notajo della curia Giovanni Vido7.

Tolto così l’ultimo vincolo che aveva, relativamente all’intrinseco del grosso, una importanza legale e tradizionale, si pensò di riprenderne il conio, modificando il peso in proporzione a quello che si era trovato conveniente di fare per il soldo con nuova, sebbene piccola diminuzione. Un decreto del Senato, in data 4 maggio 13798, ordina che la moneta coniata in zecca coll’argento dei quinti deposti dai mercanti, debba andare a 15 soldi di grossi per marca, invece che a 14 e 6 grossi, e che una metà debba coniarsi in soldini e l’altra metà in grossi somiglianti agli antichi. Tali grossi devono avere il valore di quattro soldini e la stessa bontà: sì gli uni che gli altri devono essere contraddistinti con una stella, che infatti è visibile in tutti i pezzi coniati dopo il 1379. Anche in questo decreto, come in quelli 8 aprile 1353 e 19 dicembre 1369, che ho a suo tempo riportati, il modo di calcolare la lira di grossi è sempre di 32 piccoli per grosso: con ciò, dopo che il grosso era stato valutato quattro soldi, si creava un grosso immaginario assai inferiore al [p. 209 modifica]grosso reale. Se infatti i grossi nuovi fossero stati coniati sulla stessa base del conteggio, e cioè a 15 soldi (180 pezzi) per marca, essi avrebbero pesato grani 25 60/100 per ognuno mentre invece pesano grani 38 40/100, cioè colla proporzione di 120 pezzi per marca.

Questo fatto unitamente al prezzo del ducato, che per concordi testimonianze di cronisti contemporanei od assai vicini9 si valutava L. 3 e soldi 4 sino ai tempi della guerra di Chioggia, e cioè allo stesso prezzo nominale che aveva prima della riforma monetaria dei tempi di Andrea Dandolo, nella quale si portava [p. 210 modifica]il grosso a 48 piccoli, questo fatto, dico, ci dà la chiave della situazione monetaria di questo periodo e ci mostra che l’argento era cresciuto di pregio in confronto dell’oro, perchè il ducato equivaleva bensì ad un numero eguale di lire, ma queste lire avevano solo due terzi dell’antico valore d’argento. Tale fu molto probabilmente il motivo che indusse il Governo ad aumentare nel 1853 il valore del grosso; tale probabilmente fu la causa della cessazione della battitura del grosso. In questo modo la lira di grossi valeva sempre 32 lire di piccoli, ed era sempre eguale a 10 ducati, consolidandosi l’uso di trattarla in oro: infatti non abbiamo memoria nel secolo XIV di lira di grossi uguale a 48 lire di piccoli, che si cominciò ad usare solo quando l’oro tornò ad aumentare, e ce ne fa fede il nome stesso di lira di grossi a oro, perchè nel periodo dal 1350 al 1382, alla lira di grossi maggiore avrebbe spettato piuttosto il nome di lira di grossi ad argento, mentre in quel tempo l’argento di 240 grossi effettivi corrispondeva a 48 lire di piccoli, e 10 ducati invece corrispondevano a sole 32 lire di piccoli.

Sulla prima pagina cartacea della cronaca di Andrea Dandolo, codice del principio del secolo XV esistente nella Biblioteca di S. Marco10 che il Valentinelli dichiara retus codex summo pretio habendus, si trova scritto da mano contempora nea o di poco posteriore alcune interessantissime notizie sull’oscillazione del valore del ducato negli anni 1380-1382, raccolte da un patrizio che esercitava la mercatura.

«E1 se fa nota come del 1380 fino al 1381 el ducato correva a L. 4 soldi 5 et da ottobre fino a decembre el corea L. 4 soldi 6.»

«Et dal 1381 da dì 3 lugio fino ai 8 luio 1382 corea Lire 4 soldi 2 piccoli 6 et Lire 4 soldi 2 piccoli 9 et poi adi 6 dito mese corea Lire 4 soldi 2 piccoli 6 et adi 11 corea a Lire 4 soldi 2 p. 3 et adi 23 pur del dito mese corea Lire 4 soldi 2 p. 8.»

«Del 1382, veramente el ducato corea dal dì 8 luio fino 25 [p. 211 modifica]dito L. 3 s. 19 p. 7. et da 25 fin tutto el mese L. 3 s. 19 p. 6, che è segno che el ducato non stava sempre ad uno segno, anzi se variava secondo li tempi il che si attrova notado in diverse parti di sopra i libri de merchadanti di quelli tempi.»

Sebbene queste informazioni non si accordino con quelle tratte dalle cronache poc’anzi ricordate, mi sembra che si possano con esse conciliare e sieno quindi meritevoli di fede e di attenzione. Il prezzo di 3 lire e 4 soldi, è senza dubbio, il valore legale del ducato, valore mantenuto durante alcuni lustri, ed in questa circostanza, in cui si tratta di conservare la memoria dei prezzi dei commestibili durante la carestia, i cronisti ne fanno menzione speciale per mostrare di essersi basati sopra di un valore fisso e normale. Invece i vari prezzi segnati dal patrizio negoziante si riferiscono, secondo ogni probabilità all’aggio, che in tempi tanto calamitosi era naturale facesse la migliore moneta d’oro ricercata dai banchieri e dagli speculatori. Questo aumento di prezzo del valore del ducato è tanto più facile a spiegarsi, perchè l’oro in quel tempo era assai basso relativamente all’argento, ed anzi cominciava a riprendere la via dell’aumento con quelle oscillazioni che accompagnano ordinariamente simili spostamenti di proporzioni monetarie.

Oltre agli importanti provvedimenti, che avevano lo scopo di regolare la moneta d’argento con notevoli mutamenti nel peso e nel tipo del grosso e del soldo, si trovano nei registri del Senato e nei capitolari dei magistrati, altri decreti di minore importanza, ma pur meritevoli di essere ricordati. È per esempio interessante la deliberazione del 18 gennaio 1378 (1379) che bandisce i Carrarini coniati di fresco a Padova11, perchè tale moneta est cum magna utilitate nostri inimici et damno terre nostre, e mostra quale era lo stato degli animi durante una guerra fraterna.

Nel capitolare dei massari all’oro, trovansi alcune altre disposizioni di ordine interno e tra esse le seguenti: 2 dicembre 137612, si accorda agli ufficiali della zecca dell’oro di [p. 212 modifica]poter intervenire al Maggior Consiglio nelle feste solenni come è concesso agli ufficiali della zecca dell’argento: — 4 maggio 137913, si incaricano gli ufficiali della moneta dell’argento di far cambiare ogni tre mesi i pesi dei ducati, e così pure devonsi visitare le bilancio ed i pesi dei cambiadori a Rialto ed a S. Marco; i pesi abbiano un bollo dal quale risulti che sono stati verificati: — 4 maggio 137914, creazione di due nuovi massari all’argento col salario di ottanta ducati annui. — Finalmente il 16 settembre 138115 una legge del Senato riduce gli stipendi di tutti i magistrati ed ufficiali dello stato; quelli degli addetti alla zecca restano modificati come segue: ai massari all’argento, invece di lire otto di grossi all’anno si danno lire sei, oltre gli utili consueti; a quello che fa i torneai lire due di grossi, invece di quattro; al pesatore dei torneselli ducati cinquanta, invece di sessantacinque; all’altro pesatore lire quattro di grossi, invece di cinque; ai massari dell’oro lire sei di grossi, invece di dieci, e così al pesatore dell’oro.

Dalla gentilezza del cav. Riccardo Predelli mi venne comunicato un documento assai importante per la storia delle imitazioni del ducato veneziano’e tale da meritare di essere riportato:

«Exemplum litterarum missarum per dominum Ducam Crete ......

Serenissime domine. Ducali Excellentie serie presentium patefiat quod die XXYIIII mensis septembris nuper preteriti nobilis vir Iohannes Moro, ambaxiator olim missus ad parte Theologi, redivit Candidam. Ipse enim ambaxiator, secundum quod scriptum et commissum sibi fuit, firmavit pacem cum domino illarum partium cum pactis et capitulis consuetis, et cum additionibus infrascriptis videlicet: quod idem dominus contentus fuit delere cunium ducatorum, et precipere quod in terris suis, vel aliqua ipsarum [p. 213 modifica]terrarum, non stampentur amplius ducati ad formam ducatorum vestrorum. Et hec promisit, attendere et observare con iuramento specialiter modo facto..............

Date Candide, primo octubris, none Indictionis (1370).16

Dominus Theologi era l’emiro di Aidin, nome dato dai mussulmani alla provincia dell’Asia Minore che comprende la maggior parte dell’antica Jonia ed una porzione della Lidia. Questo territorio formava, nel XIV secolo, uno dei dieci principati indipendenti in cui si smembrò il grande impero fondato dai Sultani Selgiucidi in Icona, per l’invasione dei Tartari Mongoli e la morte di Aladino (Ala - Eddyn III, 1299).

La capitale del principato era Theologo, l’antica Efeso, che aveva cambiato il suo nome in onore di S. Giovanni apostolo detto dai greci il santo Theologo, Ἅγιος Θεολόγος che i turchi, per difetto di pronuncia, cambiarono in Ayasoluk. Theologo fu nel medio evo una capitale fiorente ed un centro commerciale importante, frequentato principalmente dai Genovesi di Metelino e di Scio, e dai veneziani, che vi tenevano un console; menzionato dal Pegolotti che vi dedica parte d’un Capitolo17 dove segna le derrate che vi si desiderano e le misure che vi si usano, chiamandolo col nome di Altoluogo di Turchia, con cui era conosciuto dai mercanti italiani.

Paolo Lambros in una sua pubblicazione stampata in Atene18 e poscia riprodotta nella Revue Numismatique19 ha fatto conoscere per la prima volta un gigliato anonimo coniato a Theologo: sono pur note monete dello stesso genere dei principi mussulmani di Magnesia e di Caria, ma nessuno sin’ora aveva sospettato che il ducato veneziano fosse stato anch’esso imitato in quelle regioni. Le monete preferite in levante e particolarmente nelle isole dell’arcipelago e sulle coste dell’Asia [p. 214 modifica]Minore, dove erano frequenti i contatti coi mercanti latini, erano in quel tempo i ducati di Venezia ed i gigliati napoletani che si imitavano nelle zecche di Cipro, di Rodi, di Mitilene e di Foglie. E noto che nel 1357 il senato di Genova, in seguito alle rimostranze dell’inviato veneziano, Raffaele Caresini, aveva scritto una lettera energica a Francesco Gattilusio signore di Mitilene, per fargli conoscere i lagni dei veneziani in causa delle monete d’oro coniate nei suoi possessi coll’aspetto del ducato, ma con metallo meno perfetto20. Siccome l’esperienza c’insegna che le monete imitate in una zecca sono facilmente riprodotte in quelle dei paesi vicini, che si trovano nelle stesse condizioni geografiche ed economiche, così non deve sorprenderci che i principi mussulmani dell’Asia Minore, i quali non avevano respinta l’idea di porre la croce di Cristo sulle monete coniate per ordine loro, facessero disegnare sul ducato l’effigie del Redentore ed il principe inginocchiato dinanzi a S. Marco. Resta ora a vedersi se di queste contraffazioni sieno rimaste le traccie, e quali tra i tanti ducati di origine manifestamente orientale possano ritenersi coniati a Theologo od Altoluogo.



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MONETE DI ANDREA CONTARINI


1. — Ducato. Oro, titolo 1.000: peso grani veneti 68 52/67 (grammi 3.559).

         D/ S. Marco porge il vessillo al doge, ANDR · QTARENO, lungo l’asta DVX, dietro il Santo · S · M VENETI

         R/ Il Redentore benedicente in un’aureola elittica cosparsa di stelle, quattro a sinistra, cinque a destra · SIT · T · XPE · DAT Q TC REGIS · ISTE · DYCAT

Tav. XII, n.° 9.

In alcuni esemplari sotto il braccio dell’evangelista, invece del solito punto, havvi una crocetta × che probabilmente è il segno del massaro.

2. — Grosso, secondo tipo. Argento, titolo 0,952 21 (peggio 55): peso grani veneti 38 4%oo (grammi 1.987).

         D/ S. Marco in piedi di fronte, disegnato come negli antichi grossi, porge il vessillo al doge di profilo, vestito con manto fornito di pelliccia ed il capo coperto dal berretto ducale, a sinistra dietro il doge ANDR · QT ARENO, lungo l’asta DVX, a destra * S * M · VENETI ·

         R/ Il Redentore in trono IC XC . Nel campo a sinistra una stella di cinque raggi, a destra l’iniziale del massaro.

Tav. XII, n.° 10.

3. — Varietà nel R/ ANDR · QTAREN

Iniziali dei massari C F P

In alcuni esemplari del grosso, sul rovescio, sotto il braccio del Redentore, si vedono tre anellini riuniti <:, in altri sul diritto una crocetta × presso al lembo del vestito del santo. [p. 216 modifica]

4. — Soldino col leone rampante. Argento, titolo 0.965: peso grani veneti 10 66/100, (grammi 0.552).

         D/ II doge inginocchiato tiene con ambe le mani il vessillo + ANDR’ Q      TAR DVX

         R/ Leone rampante, coll’orifiamma
        + · S · MARCVS · VENETI ·
nel campo l’iniziale del massaro.

Tav. XII, n.° 11.

Iniziali dei massari D F I S ^

5. — Soldino col leone seduto. Argento, titolo 0.952 (peggio 55): peso grani veneti 9 93/100 (grammi 0.513), legge 19 dicembre 1369.

         D/ Il doge in piedi tiene con ambe le mani il vessillo · + ANDR’ Q TAR’ DVX
nel campo, dinanzi al doge l’iniziale del massaro.

         R/ Leone accosciato sulle zampe posteriori, tenendo nelle anteriori il vangelo, il tutto chiuso in un cerchio, attorno + S · MARCVS · VENETI ·

Tav. XII, n.° 12.

Iniziali dei massari B C D F

6. — Soldino col leone seduto e la stella. Argento, titolo 0.952: peso grani veneti 9 60/100, (grammi 0.496), legge 3 maggio 1379.

         D/ II doge in piedi tiene con ambe le mani il vessillo + ANDR · Q TAR · DVX nel campo dinanzi il doge una stella, dietro il doge l’iniziale del massaro.

         R/ Come al n.° 5 + · S · MARCVS · VENETI ·

Tav. XII, n.° 13.

Iniziali dei massari C F I P


La stella posta nel campo del D. è talora di cinque raggi, ma più spesso di sei In molti esemplari del soldino col leone alato, tanto di quelli descritti al n. 5 che si n. 6, si trovano delle crocette X e dei gruppi di anelli ·! che sostituiscono i posti nell’iscrizione del R. [p. 217 modifica]

7. — Tornesello. Mistura, titolo 0.111 (peggio 1024)22: peso grani veneti 14 (grammi 0.724).

         D/ Croce patente + · ANDR’ QTAR’ DYX ·

         R/ Leone accosciato col vangelo fra le zampe anteriori
+ VEXILIFER · VENECIAS ·

8. — Varietà nel R/ VEXILIFER · VENETIA#

Tav. XII, n.° 14.

OPERE CHE TRATTANO DELLE MONETE DI ANDREA CONTARINI:

Muratori L. A. — Opera citata, Dissert. XXVII, col. 650-652, n.° XV, ed in Argelati, Parte I, pag. 48, tav. XXXVIII, n.° XV.

Carli Rubbi G. R.Delle monete etc., opera citata, Tomo I, pag. 415, tav. VI n.° XI.

Bellini V.De monetis Italiæ etc., opera citata, Dissert. I, pag. 103 e 109 n.° XXI; ed in Argelati, Parte V, pag. 30 t. e 32, n.° XXI. — Dissert. III, Ferrariæ 1774, pag. 98, tav. XIX n.° 1. — Dissert. IV, Ferrariæ 1779, pag. 88-89 tav. XIV n.° 1.

(Duval et Fröhlich). — Monnaies en or, etc., opera cit., Supplement, 1769, pag. 78.

Gradenigo G. A. — Indice citato, in Zanetti G. A. Tomo III, pag. 173 e 174, n.i LXII, LXIII, LXIV, LXV, LXVI e LXVII.

Appel J. — Opera citata, Vol. III, pag. 1124-1125, n.i 3931, 3932, 3933 e 3934.

Zon A. — Opera citata, pag. 23, 30 e 34.

Schweitzer F. — Opera citata, Vol. II, pag. 19 (n.i 259 a 275), e tavola.

Cumano D.r C.Numismatica, articolo citato.

—           — Illustrazione, etc., opera citata, pag. 32 e 39.

Lazari V. — Opera citata, pag. 70 e 169, tav. VI n.° 29.

Kunz C. — Catalogo citato, pag. 9.

Orlandini G. — Catalogo citato, pag. 6.

Biografia dei Dogi — Opera citata Doge LX.
Numismatica Veneta

Padovan e Cecchetti. — Opera citata, pag. 17-18 e 85.

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Wachter (von) C. — Opera citata. — Numismatische Zeitschrift, Vol. III 1871, pag. 229, 231 e 254. Vol. V 1873, pag. 202-203.

Schlumberger G. — Opera citata, pag. 473, tav. XVIII, n. 7.

Padovan V. — Opera citata, edizione 1879, pag. 20-21 e 124. — Archivio Veneto, Tomo Xli pag. 101, Tomo XIII pag. 147, Tomo XXI pag. 136 e Tomo XXII pag. 292 — terza edizione 1881, pag. 17, 89, 334 e 356.




Note

  1. R. Archivio di Stato. Capitolare delle Brache, carte 3.
  2.             ivi                                       ivi                           »   3 tergo.
  3. R. Archivio di Stato, Quarantìa Criminale, Parti reg. II, c. 85 (153).
  4. Documento XIV.
  5. R. Archivio di Stato, Senato, Misti reg. XXXIII, carte 144 tergo.
  6. Documento XV.
  7. Documento IV.
  8. Documento XVI.
  9. In una cronaca anonima dei primi anni del secolo XV, conservata nella R. Biblioteca di S. Marco (Codice 324, classe VII Ital.), che arriva sino all’anno 1385 si trovano le seguenti notizie all’anno 1382.

    Et in Venetia el si haveva pagado
    el ster de formento grosso ducati 5, a lire 3 soldi 4 per ducato
    el ster de megio ducati 2 men soldi 8
    el sorgo ducati 1 e soldi 36 e cuxì le cezere
    el vin de Marcha e Romania la quarta ducati 4 men soldi 16
    la ribuola ducati 2 soldi 12
    el vin terran ducati 2 men soldi 8
    el miro de oio ducati 3 soldi 14, la lira soldi 8
    le legne ducati 2 men soldi 8 el caro
    la carne salada soldi 8 la lira
    la fresca soldi 6
    el formazo dolze soldi 10 la lira, el salado soldi 7
    el sai soldi 6 el quartarol
    le carobe ducati 2 soldi 12 el ster
    le castegne soldi 6 la lira
    le ceriexe soldi 4 la lira
    i pomi soldi 3 la lira
    le rave march, (marchetti) 4 el 100
    i ravaneli soldi 2 l’uno
    le lentize soldi 2 el torso
    le zevole soldi 2 l’una
    l agio soldi 12 al cento
    i meloni soldi 6 l’uno
    i cogumeri soldi 2 l’uno
    le tige fresche 3 al soldo
    le limone soldi 2 l’ano

    Altre cronache della stessa epoca riproducono le stesse informazioni con poche differenze: ma il valore del ducato è sempre a 3 lire e 4 soldi.

  10. R. Biblioteca di S. Marco, Cod. CCLIX, Classe X lat.
  11. R. Archivio di Stato. Capitolare delle Brocche, carte 2 tergo.
  12. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. XXXV, carte 142 tergo. — Capitolare dei massari all’oro, cap. LIX, carte 22 tergo.
  13. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. XXXVI, carie 78. — Capitolare dei massari all’oro cap. 63, carte 24.
  14. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. XXXVI, carte 77 tergo. — Capitolare dei massari all’oro, cap. 68, carte 27 tergo,
  15. R. Archivio di Stato. Senato, Misti reg. XXXVII, carte 4. — In parte riportata nel Capitolare delle Brocche, carte 4.
  16. R. Archivio di Stato, Commemoriale VII, carte 145 tergo.
  17. Pegolotti F. B. Opera citata, pag. 40 a 42.
  18. Παῦλος Λάμπρος, ἀνέκδοτον νόμισμα Σαρούκχαν ἐμίρου τῆς Ἰωνίας κοπὲν ἐν Ἐφέσῳ. — Ἐν Ἀθήναις, 1870.
  19. Revue Numismatique, nouvelle serie, tomo XIV, pag. 335-343, Paris 1869-1870.
  20. Nani Bernardo, De duobus imperatorum Rasciæ nummis, Venezia 1752, pag. 25,
  21. L’esame chimico fatto dai Morin Frères di Parigi dà il titolo di 0.951 con 0.002 di oro.
  22. L’esame chimico fatto dall’ufficio del saggio di Venezia dà il titolo di 0.112.